Settimana della Protezione civile

mercoledì 11 Ottobre, 2023

Marmolada, il professor Bellin sulla tragedia: «Nessun segno premonitore»

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L'esperto torna e approfondisce il tema, raccontando degli approfondimenti scientifici successivi a quanto accaduto

La tragedia della Marmolada è uno di quegli eventi che, a distanza di anni, farà sempre tremare le gambe. Le discussioni su quanto e se fosse prevedibile una tale evento catastrofico, sono iniziate negli istanti successivi alla tragedia. «Di fronte a cambiamenti climatici che incidono fortemente sugli eventi calamitosi, è ora meno possibile fare affidamento sull’esperienza per prevenire possibili eventi futuri. Per questo, è fondamentale che chi frequenta la montagna prenda coscienza del fatto che il rischio zero non esiste ed agisca con cautela, ad esempio rendendosi conto che nei periodi più caldi il rischio di crolli di masse glaciali aumenta». Così il professor Alberto Bellin, professore ordinario di costruzioni idrauliche del Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica all’Università di Trento e consulente della Procura a seguito della tragedia occorsa il 3 luglio 2022 in Marmolada. Le analisi compiute in collaborazione con il glaciologo dell’Università di Pisa Carlo Baroni hanno evidenziato come «nei giorni precedenti non ci fossero segni premonitori evidenti di un crollo imminente» ha spiegato ieri, martedì 10 ottobre, Bellin, parlando per la prima volta in pubblico della questione nell’ambito del convegno internazionale dedicato al rischio alluvionale, inserito nel programma della Settimana della Protezione civile. Il crollo del ghiacciaio di punta Rocca era dunque imprevedibile. Gli approfondimenti scientifici hanno poi stabilito che la resistenza del ghiaccio sul fondo roccioso è diminuita a causa della presenza di acqua liquida in seguito all’innalzamento della temperatura durante l’intero periodo estivo: «Questo ha fatto sì che gli sforzi tangenziali all’interno del ghiacciaio siano aumentati, fino alla rottura della massa» sono state le sue parole.
Numerosi sono gli spunti emersi dal confronto tra i tecnici dei territori italiani dell’Arco alpino, in una tavola rotonda moderata dal dirigente generale del Dipartimento Protezione civile, foreste e fauna Raffaele De Col. Al centro del dibattito, la compatibilità con i cambiamenti climatici di opere realizzate per mitigare gli effetti del pericolo alluvionale. Sul palco della sala della Cooperazione sono intervenuti Martina Bussettini (Ispra), Roberto Coali (ex dirigente del Servizio Bacini montani della Provincia autonoma di Trento), Michele Ferri (Autorità di bacino Distrettuale delle Alpi Orientali), Fabio Da Re (Regione Veneto), Fabio De Polo (Provincia autonoma di Bolzano), Daniele Drago (Regione Piemonte), Stefano Fait (dirigente del Servizio Prevenzione rischi e Cue della Provincia autonoma di Trento), Andrea Piccin (Regione Lombardia), Paolo Ropele (Regione autonoma Valle d’Aosta) e il sindaco di Dimaro Folgarida.
I relatori hanno messo in luce sia la necessità di garantire la sicurezza dei territori attraverso i necessari investimenti, sia l’importanza di favorire la conoscenza dei cittadini sulla loro esposizione al rischio residuo, secondo quanto riportato nelle Carte della pericolosità.