L'INTERVISTA
giovedì 26 Ottobre, 2023
di Gabriele Stanga
Ventinove anni di carriera. Venti dalla raccolta Ehi, Negrita, che conteneva, oltre a brani già celebri della band, come In ogni Atomo, Mama Maè ed Ho imparato a sognare, anche tre inediti, tra cui Magnolia, uno dei più grandi successi mai scritti dal gruppo di Arezzo. Oggi Paolo Bruni (Pau) e compagni, tornano dal vivo, nella modalità concerto elettrico, a distanza di cinque anni dall’ultima volta. Infatti, l’ultimo tour era stato completamente in acustico, mostrando un lato del complesso fino ad allora rimasto in controluce. Ora, però, i Negrita tornano alle radici, e lo fanno passando anche da Trento, con un concerto previsto per giovedì 2 novembre alle ore 21, presso il teatro Sanbapolis. L’evento è stato organizzato dal centro servizi culturali Santa Chiara e Fiaba Music, in collaborazione con Opera Universitaria. Per l’occasione, Pau, frontman del gruppo, si è concesso ad un’intervista.
Partendo dal concerto di Trento e dal nuovo tour, che emozione le dà tornare a suonare in elettrico?
«Ho notato come dopo la pandemia ci sia stato un ritorno devastante nell’ambito dei live, con una voglia ed un’applicazione superiore a quella che c’era prima del covid, che si traduce poi in azioni. C’è una corsa al comprare biglietti per i concerti. Questa cosa mi sorprende perché siamo sì usciti dalla pandemia ma stiamo vivendo una forte crisi economica. Mi fa molto piacere, però, che una volta tanto il trend coinvolga il mio ambiente. I lavoratori dello spettacolo hanno sofferto molto il covid, c’era chi non riusciva ad arrivare a fine mese. Per noi è un discorso diverso, non avevamo bisogno di tornare a tutti i costi a suonare per ragioni economiche. Abbiamo aspettato con comodo la fine del 2023, siamo ripartiti da un tour elettrico, cosa che non succedeva da 5 anni. Volevamo ripartire dai club che sono il nostro habitat naturale, e devo dire che abbiamo avuto un grande riscontro. Tutte le date sono sold out. Non so se guardare la cosa da un punto di vista oggettivo o soggettivo».
Provi a spiegarla da entrambi i punti di vista.
«Da un punto di vista oggettivo c’è una ripresa importante della musica italiana, da quello soggettivo, il nuovo tour dei Negrita sta avendo un successo che non mi aspettavo, nonostante siamo stati fermi per un po’ e non avessimo materiale nuovo da proporre. Sembra ci sia una forte voglia di un’alternativa musicale. Evidentemente c’è bisogno di un carico di verità che non tutti nel panorama odierno sono in grado di offrire».
Sono passati 20 anni da Ehi, Negrita, che differenza vede tra il fare rock oggi e farlo allora? Carmen Consoli, sempre sulle pagine di questo giornale parlava di un innalzamento generale della musica mainstream, affiancato, però, da una perdita di spazio per la scena alternativa. È d’accordo?
«Il vero dato è che sono passati 29 anni dal nostro primo disco e l’anno prossimo festeggeremo i 30 anni. Comunque sia, se questo è il pensiero di Carmen, sono parzialmente d’accordo. La musica pop, o direi, piuttosto, quella più accessibile, si è alzata di livello, al contempo l’alternativa è un po’ scomparsa. Non penso però che sia un discorso legato ad una questione di spazio. Gli anni 90 sono stati l’ultimo periodo musicalmente interessante a livello globale. Eravamo in tanti e talentuosi a fare quel tipo di musica, tutti concentrati in uno stesso lasso di tempo. Oggi c’è una parcellizzazione diffusa, sparsa in tutto il mondo. La società è in confusione e quindi anche la musica la segue».
Lei si riferiva più alle band e agli artisti emergenti.
«Io, però, credo che oggi lo spazio se lo ricavi chi ha le palle. Ai giovani dico, o ci mettete il fegato oppure cambiate lavoro. È importante essere manager di sé stessi, specie nel mondo social odierno, in cui un po’ tutti hanno gli strumenti per promuoversi. Se, invece, si cerca la pappa pronta o si aspetta che il successo arrivi dall’esterno, forse questa non è l’epoca giusta. O meglio, ci sono altri canali, ma non hanno a che fare con la musica, quella è televisione ed è un altro mondo. Ma a me quell’aspetto non interessa».
Veniamo all’MTV unplugged e alla dimensione acustica. Che tipo di esperienza è stata?
«Volevamo una grande festa per l’ultima data del nostro tour qui ad Arezzo. È stato gratificante vedere che la gente voleva sentire anche qualcosa di diverso dai Negrita. Quando si parla di band e si guarda ad un concerto in elettrico, si pone più l’enfasi sul sound e l’identità sonora. In acustico, invece, si dà più risalto ad altri aspetti, come scrittura, melodia, arrangiamenti e parole. Conoscevamo benissimo l’unplugged di MTV, venendo da quel mondo musicale, il fatto che lo abbiano proposto a noi è stata una grande opportunità».
Per l’occasione avete collaborato anche con altri due miti del rock italiano, Piero Pelù e Manuel Agnelli. Com’è stato lavorare con loro?
«Piero è un amico, toscano anche lui e punto di riferimento. I cinque Litfiba furono qualcosa di sconvolgente per il panorama musicale dell’epoca, non sembravano italiani, parevano quasi alieni e sono stati tra le band che ci hanno più influenzato. Manuel è più giovane e abbiamo sempre viaggiato in parallelo. È stato molto bello, ci siamo sentiti felici di portare ad Arezzo una fetta del nostro mondo. Abbiamo fatto conoscere agli aretini una parte di noi in più e siamo contenti di com’è stata recepita».
Avete in mente un nuovo album?
«Per il 2023 con il tour siamo oberati di lavoro. Per il 2024 vedremo. A questa età musicale possiamo permetterci di fare un po’ quello che vogliamo. La cosa che preoccupa un creativo è sempre il prossimo step. Per noi l’importante è riuscire a scrivere qualcosa che abbia la stessa potenza comunicativa di quanto fatto in precedenza».