università di trento
venerdì 27 Ottobre, 2023
di Redazione
I volti sono sorridenti e rilassati. Il clima festoso. La platea colorata e allegra, illuminata dal sole. Dopo tanto studio, sacrifici e giornate sui libri, il giorno della laurea è finalmente arrivato. Oggi in piazza Fiera 491 studenti e studentesse delle lauree triennali dei dipartimenti e dei centri dell’Università di Trento hanno coronato il loro percorso di studi, diventando neodottori e neodottoresse. La cerimonia di laurea pubblica, la numero 14 (la prima si tenne nel novembre 2015) si è svolta come da tradizione con i riti che la contraddistinguono. Un evento che conserva fascino e storia. Dopo il momento della vestizione, a Palazzo Sardagna, il corteo accademico composto da direttori e direttrici dei 15 dipartimenti e centri dell’Ateneo, da prorettori e prorettrici, e dal rettore, ciascuno con la propria toga, ha sfilato fino a raggiungere piazza Fiera. Ad accoglierlo, sulle note dell’inno nazionale eseguito dall’Orchestra UniTrento con la Corale polifonica, gli studenti e le studentesse in trepida attesa, i loro cari, gli amici, la città intera che con l’Università ha da sempre un forte legame che si rinsalda con questa cerimonia pubblica.
Il rettore Flavio Deflorian nel congratularsi ha esortato a guardare avanti, al loro futuro. «Vi invito a pensare a questa giornata come ad un momento di transizione e non come un punto d’arrivo. Alcuni di voi proseguiranno gli studi, magari proprio a Trento, altri sceglieranno di intraprendere una professione. In tutti i casi il mio augurio, il nostro augurio, è che tutto ciò che desiderate, per cui avete lavorato sodo in questi anni, possa trovare piena realizzazione. E spero possiate conservare per sempre un legame con l’Università di Trento, anche se magari le vostre strade vi porteranno lontano».
Nel suo discorso il rettore ha raccontato che pensando ai profondi cambiamenti degli ultimi sessant’anni, gli sono venute in mente due parole: cambiamento e continuità.
«Partiamo dalla parola cambiamento. Le laureate in questa piazza sono circa 40 di più dei compagni laureati – ha evidenziato il rettore – e questa prevalenza femminile è ormai una costante da molti anni. Oggi in Italia su 100 laureati 60 sono donne. All’inizio degli anni Sessanta le donne rappresentavano il 32% dei laureati. Poi qualcosa è cambiato. Si sono verificati importanti mutamenti sociali e culturali e in circa trent’anni anni il numero di donne laureate ha prima affiancato e poi superato quello dei colleghi maschi».
A cambiare è stata l’Università stessa, cresciuta nel tempo, ma anche il territorio trentino si è trasformato negli ultimi sessant’anni. «Provincia che da terra povera, con una struttura economica arretrata, è diventata una realtà all’avanguardia, al vertice delle classifiche che misurano la qualità della vita, dei servizi, della ricerca e dell’innovazione e l’Università è stata il motore di questo cambiamento», ha ribadito Deflorian.
Il cambiamento comporta sfide, incertezze ma anche opportunità. E qui si inserisce la seconda parola che il rettore ha scelto per questa giornata: continuità.
«Nel corso dei secoli le Università hanno contribuito a creare e diffondere conoscenze avanzate, fungendo da volano per lo sviluppo sociale, culturale ed economico. Ogni generazione di giovani ha affrontato sfide uniche e complesse, che definiscono lo spirito di un’epoca. Sono certo che anche voi – ha detto il rettore rivolgendosi alle laureate e ai laureati – farete la vostra parte. Oltre questa piazza c’è un mondo che ha bisogno della vostra creatività e della vostra intelligenza per rispondere alle grandi sfide della contemporaneità: cambiamento climatico, transizione energetica, lotta alla disuguaglianza sociale e di genere, sviluppo sostenibile. Offrirete un contributo significativo al vostro tempo, con l’entusiasmo e la voglia di cambiamento che sono propri delle giovani generazioni. E spero continuerete a portare nel vostro domani i valori che abbiamo cercato di trasmettervi: libertà di pensiero, senso critico, rispetto, responsabilità, impegno».
Ospite di questa edizione è stata Marianella Sclavi, alumna dell’Università di Trento, sociologa ed etnografa, esperta in gestione creativa dei conflitti. È stata la matricola numero 2 dell’allora Facoltà di Sociologia quando aprì nel 1962. Laureatasi nel 1968, è stata testimone e protagonista di quegli anni caratterizzati da contestazioni studentesche, scioperi e manifestazioni di protesta. Sclavi, che già ieri ha incontrato gli studenti e le studentesse in un evento a loro dedicato, ha ripercorso la sua storia di universitaria, raccontando le motivazioni che l’hanno spinta a iscriversi a Sociologia: «Era il periodo del grande cambiamento, della crisi radicale della modernità. La mia generazione era alla ricerca di qualcosa di diverso e di nuovo. Eravamo persone un po’ strane ma interessanti, scontente della società. Ho scelto Sociologia perché avevo l’attesa e il desiderio di apprendere una disciplina che mi avrebbe portato ad avere le competenze per cambiare il mondo». Convinta sostenitrice della non violenza, attivista, è stata la prima in Italia a proporre una “metodologia umoristica” nella narrazione etnografica e nell’approccio sperimentale. La differenza non deve essere schieramento ma risorsa».
«Quello che unisce la mia generazione alla vostra è la serendipity – ha detto Sclavi – che serve per cambiare il mondo. La capacità di accettare l’imprevisto apre a strade indefinite che consentono di imparare cose nuove e di cogliere tutte le opportunità che ci sono per poter decidere».
Dalla sua esperienza, l’invio ai giovani. «Non abbiate paura di sbagliare. Trasformate gli errori in opportunità, la diversità in risorse. Nei vostri studi non siate alla ricerca del consenso ma dell’innovazione. Ponetevi con un atteggiamento esplorativo e non giudicante. Lasciatevi spiazzare dalle novità».
In questa mattinata di emozioni e ricordi, si sono ritrovate due generazioni a confronto: quella di chi come lei si è laureata nel Sessantotto, e quella di chi si laurea oggi, cinquantacinque anni dopo.
«Le nostre generazioni hanno forti legami», ha detto la studiosa alla platea dei giovani. «Nella crisi di cui noi eravamo il vagito, voi siete l’atto finale, siete il passaggio da bruco a farfalla. Non lasciate ingabbiare i vostri pensieri, la vostra immaginazione e le vostre esperienze di vita. Siete in un’epoca e in un mondo in cui si può e si deve osare».
«La staffetta passa di mano da me a voi, ma solo se voi continuate la corsa anche io posso continuare la mia. Ho 80 anni e nessuna intenzione di desistere o ritirarmi in pensione», ha concluso Sclavi.
Il rapporto con la città e l’Ateneo è stato il filo conduttore della cerimonia. Anche quest’anno infatti l’evento è stato organizzato dall’Università di Trento in collaborazione con la Provincia autonoma di Trento e il Comune di Trento.
A testimoniare la partecipazione della cittadinanza a questo momento di festa per la comunità universitaria, l’intervento di Elisabetta Bozzarelli, vicesindaca del Comune di Trento. «Vi auguro di saper valorizzare i vostri talenti individuali senza mai perdere di vista il bene collettivo. Di non accontentarvi, di non accomodarvi in un posto di lavoro qualsiasi, di essere esigenti e consapevoli del vostro valore e del vostro diritto a esprimervi, a dissentire, a proporre e a sostenere le vostre idee, ad avere un ruolo nel mondo delle professioni, in quello della politica, nel nostro tessuto sociale. Vi auguro di non rassegnarvi alla nuova normalità della guerra, alle violazioni del diritto internazionale, all’efferatezza di un ordine mondiale basato sui rapporti di forza».
«Questo è uno di quei momenti che in genere accadono una volta soltanto nella vita e rappresentano la fine di un percorso e al tempo stesso un nuovo inizio» ha detto nel suo saluto Mirko Bisesti, assessore provinciale all’istruzione, università e cultura. «Quando si parla del valore dello studio universitario si fa riferimento alle opportunità lavorative che questo apre. Lo provano le statistiche che anno dopo anno raccontano di chi trova lavoro in un lasso di tempo breve e con soddisfazione. Ma c’è dell’altro. Mi richiamo alle parole del Presidente Mattarella in occasione della laurea honoris causa in memoria di Antonio Megalizzi. Ciò che muoveva Antonio era il desiderio di comprendere e di far comprendere, la consapevolezza dello spirito critico e del confronto delle opinioni. Questa è l’essenza di ogni tipo di studio, indipendentemente dalla materia a cui questo si applica. Alla base c’è sempre il desiderio di capire e lo sviluppo di uno spirito critico».
«Se questo desiderio è sincero – ha proseguito l’assessore – le soddisfazioni non tarderanno ad arrivare. Il desiderio di capire deve portarci a ridiscutere le nostre convinzioni, ad affrontare il mondo, le dinamiche sociali, economiche e politiche con spirito critico. Comporta impegno e sacrificio e mette in gioco la nostra generosità ed umiltà. È così che una società continua a essere realmente democratica e aperta. Il Trentino ha fatto di voi, della nostra Università uno dei pilastri su cui poggia la qualità della vita, una delle più alte nel nostro Paese che ci vede allineati alle regioni di punta in Europa».
«Quattro anni fa il nostro Ateneo, di ottimo livello – ha ricordato Bisesti – ha dato vita a un corso di studi che consideriamo strategico in ambito medico sanitario, che si affianca alle iniziative didattiche consolidate. Ci però sono aspetti da affrontare: il tema dell’abitare o quello di saper trattenere le persone che si formano qui e poi ci lasciano per andare altrove. Farlo può essere esperienza fondamentale. Ma il Trentino ha bisogno del vostro contributo. Il collegamento tra università e mondo dell’economia e delle professioni va aiutato facilitando il dialogo per affrontare sfide internazionali. Affrontiamole insieme con coraggio e con fiducia».
In chiusura è stato eseguito come da tradizione l’Inno alla gioia, poi la foto sul palco con i neolaureati e le neolaureate e il rettore Flavio Deflorian e la prorettrice vicaria Paola Iamiceli per immortalare questo ricordo.
A concludere il programma il canto del Gaudeamus Igitur, inno universitario, il momento solenne della proclamazione da parte del rettore, e il lancio dei tocchi sulle note dell’Halleluja di G. F. Händel.