il caso

giovedì 2 Novembre, 2023

Apertura della galleria Adige-Garda, partono le polemiche: «Danni ambientali al lago»

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Ambientalisti, pescatori e amministratori critici sul canale di sfogo del fiume: «Giusto salvare vite ma iter non chiaro. Il livello critico era superato»

L’indomani dell’apertura della galleria Adige-Garda, a Torbole, il lago sembra quasi normale. L’acqua un po’ più torbida del solito, una differenza appena visibile sotto un cielo ancora pieno di nuvole, mentre un timido sole basta a surfisti e velisti per godersi la giornata. Sulla spiaggia non sono in pochi a passeggiare e scattarsi selfie come se nulla fosse, aggirando l’unico segnale inequivocabile delle piene che – soprattutto dal Sarca, ancora gonfio – si sono riversate nel lago, un enorme ammasso di tronchi e detriti, formato dalle ruspe messe in azione dal comune per ripulire le rive.
Ma se gli effetti visibili sono limitati, sversare nel lago milioni di metri cubi di acque dell’Adige può avere gravi effetti sugli ecosistemi. Una decisione non apprezzata da chi vive e lavora sul lago e che, dicono, non è stata presa con la necessaria chiarezza. «La sicurezza delle persone viene al primo posto, non lo contestiamo. Ma non capiamo perché l’apertura è stata fatta sei ore dopo la decisione, quando il livello del fiume era ormai sotto il livello critico. In queste ore non c’è stata nessuna comunicazione con i comuni», ha dichiarato Filippo Gavazzoni, assessore di Peschiera e vicepresidente della Comunità del Garda, che rappresenta tutti i comuni del lago.
«L’annuncio dell’apertura è arrivato quando a Trento il fiume era a 4,87 metri, vicino al livello critico previsto per l’attivazione della galleria. Per tutto il pomeriggio si sono rincorse soltanto voci incontrollate, finché è avvenuta davvero, ma solo intorno alle 17.30, sei ore dopo, quando ormai davamo per scontato che non sarebbe più avvenuta». Nessuna polemica, assicura, «ma l’accordo di ingaggio della galleria segue certi parametri e abbiamo visto attuare altre modalità. Vogliamo solo sapere cosa è successo nella catena di comando. Perché – continua – nonostante la prima apertura risalga al 1960, finora non ci sono studi sugli effetti sulla salute del lago. Che sono una riserva idropotabile strategica utilizzata sia dai comuni della sponda bresciana che quella veronese».
Gli effetti negativi sul lago li tocca con mano Alberto Rania, pescatore professionista di Riva del Garda. «Ho visto già altre aperture della galleria, e ogni volta che succede perdo una, due settimane di lavoro», commenta. «In questo periodo ci sono gli avannotti che vengono travolti dallo shock termico, perché l’Adige è molto più freddo del lago. E i pesci adulti non sono stupidi, si allontanano verso sud. Con la barca non esco nemmeno, è inutile». Una perdita con pesanti ripercussioni economiche: «Non ho diritto a nessun risarcimento, anche perché il pesce morto va a fondo, e quello che non pesco non lo posso quantificare».
«Il Garda è un organismo complesso. Eppure, è spesso considerato solo una massa d’acqua», commenta Paolo Matteotti, del Coordinamento di tutela Alto Garda e Ledro ed ex sindaco di Riva. «Eppure è esposto a una serie di rischi, dalle specie aliene alle microplastiche, e con questi ingressi di acque dall’Adige, che si aggiungono alle emissioni naturali della Sarca durante le piene, il quadro si aggrava». Anche se, grazie alle griglie approntate negli ultimi anni, continua, l’apporto dei detriti più grossolani è diminuito, restano i sedimenti fini, che si aggiungono agli scarichi fognari, che finiscono per riversarsi anch’essi nel lago durante le piogge più intense. «Se c’è da salvare vite le aperture vanno fatte, ovviamente. Ma sono come una medicina da usare su un corpo delicato, vanno tarate attentamente e mai in modo automatico, perché il lago non è nelle condizioni di mantenersi da solo. Era stato raggiunto un accordo per usare la galleria solo in situazioni estreme. Se il punto era salvaguardare il ponte a Verona con i ponteggi capisco. Ma forse quel lavoro era da programmare in un’altra stagione». Per Matteotti la politica mette costantemente la salute del lago sistematicamente in secondo piano rispetto ad opere più appariscenti. «Si spendono decine di milioni per opere come la ciclopista del Garda, ma riammodernare il sistema fognario e lavorare per la sicurezza idraulica non è meno prioritario rispetto al turismo».
Sulle conseguenze ecologiche dell’apertura dello scolmatore è molto meno negativo Maurizio Siligardi, ex docente di ecologia fluviale all’Università di Trento. «In questa stagione il lago non ha un grande dinamismo biologico, per cui l’apertura interferisce con le dinamiche limnologiche in maniera parziale. Ben diverso se fosse accaduto in estate, stagione in cui l’acqua, molto più fredda rispetto al lago, si stratifica scivolando verso il fondo con tutto il suo contenuto». Non che così le conseguenze non siano palpabili. «Le specie più colpite sono quelle che vivono sui fondali, che non possono spostarsi. Il deposito di fanghi favorisce alcuni tipi di larve, insetti, molluschi, vermi a scapito di altri. Un altro grave problema si presenta per i pesci. Agli adulti basta allontanarsi, ma le uova faticano a schiudersi, per cui dopo un’apertura della galleria ci si può aspettare che diminuisca il novellame». Un altro possibile effetto negativo è «l’apporto di sostanze nutrienti che influiscono sulla catena alimentare, come fosforo e azoto. Il dilavamento può portare pesticidi e residui indesiderati dell’agricoltura». In ogni caso l’effetto sarebbe temporaneo. Ma sulla gravità di questi effetti, continua, confermando la preoccupazione di Gavazzoni, siamo nel campo delle ipotesi, perché non ci sono studi diretti. «È un aspetto studiato pochissimo, perché le circostanze si presentano in eventi eccezionali come quest’ultimo. È difficile pensare a un progetto di ricerca regolare durante un’emergenza. Anche se, programmandolo adeguatamente, non è affatto impossibile».