L'intervista

venerdì 3 Novembre, 2023

Mattia Vezzola, lo studente di ingegneria campione di braccio di ferro

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A 19 anni è il nuovo campione italiano senior 85 Kg di Armwrestling. Si allena 6 giorni su 7 e studia all’università

Diciannove anni compiuti da pochi mesi e un titolo da campione in una disciplina di nicchia che ricorda con nostalgia le foto in bianco e nero degli anni Cinquanta, quando tra giovani si sfidava a braccio di ferro, spesso al bar.
Il suo nome è Mattia Vezzola, un giovanissimo atleta di Trento che oggi vive e studia all’università di Ingegneria informatica in Salento, ma che a inizio ottobre ha portato onore al Trentino conquistando il primo gradino del podio alla sfida tenutasi a Brescia.
Mattia è ufficialmente il campione italiano senior della categoria 85 chilogrammi di Armwrestling, in italiano «Braccio di ferro».

 

Com’è nata questa passione per l’Armwrestling, il braccio di ferro appunto?
«È successo per caso, avevo quattordici anni quando, gravitando intorno al mondo delle palestre in città con mio padre Claudio, abbiamo visto un poster della squadra di “Braccio di ferro” che si allenava proprio lì. Mio padre, che già mi aveva introdotto nel mondo delle palestre, mi ha chiesto se volessi provare e ho iniziato. Quella del braccio di ferro è sempre stata una passione per me, fin da quando ero bambino, anche se non ero fortissimo. Così, vista la possibilità, mi sono iscritto e sono entrato in questo mondo, stringendo legami che hanno contribuito a far crescere questa passione dentro di me. Tra le prime persone che ho iniziato a frequentare in questo ambiente, c’è Livio Tommasi, il mio coach che mi ha seguito fin dagli inizi, a Trento».
In che cosa consiste l’allenamento di un braccio ferrista? Con quale frequenza lei si allena?
«L’allenamento di questa disciplina è essenzialmente orientato alla pesistica classica, come molti che frequentano palestra, ma con una particolare attenzione per le braccia, l’avambraccio e il polso che sono, appunto, i punti più importanti. Ci prepariamo per riuscire a dominare l’avversario prima, con la forza della mano, poi viene il resto dell’arto. Al momento, per una gara importante come il nazionale che ho vinto, ho impostato una preparazione su sei giorni di allenamento a settimana, per un’ora e mezza circa l’uno. Poi, si cura anche l’alimentazione, visto che le categorie vanno a peso, oltre che a età. Ora io rientro nella categoria di peso di 85 chilogrammi; quindi, è necessario per me anche cercare di mangiare in un certo modo per non prendere troppo grasso, cercando di avere un peso pulito. Poi, io sono alto un metro e settantacinque, quindi questo è il limite di peso che posso portare».
È una disciplina particolare, come si vede nelle gare le mani degli atleti vengono bloccate da dei lacci. Per quale motivo? A cosa servono?
«Durante una gara di Armwrestling, come in tutti gli altri sport, esistono varie tecniche. Per noi ce ne sono diverse su come muovere la mano e, spesso, può capitare che durante questi movimenti, si possa perdere la presa. Con i lacci che applicano gli arbitri, questo non accade».
Non è quindi «solo» questione di forza?
«No, prima di iniziare ci si posiziona e le tecniche utilizzate possono determinare l’esito della gara, insieme ai punti forza che gli atleti vanno a sfruttare».
Quante gare ha affrontato fino a oggi e quanti titoli ha vinto?
«Diverse, ho iniziato a gareggiare da subito anche se i risultati non sono arrivati immediatamente. Quello del 1° ottobre a Brescia era il mio quarto nazionale. Il primo che ho vinto, nel 2021, ero in categoria senior 85 chilogrammi. In quello precedente ho vinto il titolo di campione junior. Ho affrontato gare internazionali, in particolare in Italia ne viene organizzata una aperta anche ad atleti che vengono dall’estero: nel 2021 mi sono classificato terzo nella categoria senior 85 chilogrammi. In Italia la Sbfi (Sezione Braccio di Ferro Italia) è la federazione che si occupa di gestire le gare sul territorio nazionale, esistono poi la federazione europea e quella mondiale. Per il 2024 punto all’europeo».
Ha vissuto delusioni in questo sport? Momenti in cui avrebbe voluto mollare?
«Sì, specialmente nei primi tempi. Diciamo che non ero un atleta particolarmente dotato, ho impiegato diverso tempo per poter sbocciare. Infatti, mi ricordo che al mio secondo nazionale arrivai undicesimo. Sono stati il coach e il resto della squadra a spingermi nel continuare. Il nostro è uno sport molto “schietto”, perché mette subito davanti a una verità: sei o meno adeguato alla disciplina. Dipende tutto da te, quindi sicuramente avere una squadra anche di supporto morale, mi è stato di grande aiuto, direi proprio che è stata parte fondamentale della crescita. Poi, umiltà e impegno sono importanti».
Ha un sogno nel cassetto grande?
«Sì, il mio più grande obiettivo, per il quale è cresciuto il mio interesse dopo aver vinto la mia categoria nell’ultimo nazionale, è quello di battere il campione assoluto italiano. Al nazionale, tutti i vincitori delle categorie di peso si scontrano nella categoria unica chiamata “assoluta” contro il campione assoluto italiano. Essendo arrivato primo nella mia categoria, a ottobre, ho potuto battermi nell’assoluto, dove ho avuto anche l’onore di scontrarmi con il campione italiano in carica, che mi ha battuto. Il mio sogno nel cassetto è batterlo».