L'incontro
sabato 4 Novembre, 2023
di Fabiana Calliari
Ecomuseo. Una parola unica che comprende ricerca, lavoro, progetti e attività, ma soprattutto patrimonio, territorio e comunità. Queste ultime sono i termini chiave per comprendere realmente cos’è un ecomuseo.
In Trentino ve ne sono ben nove (Vanoi, Judicaria, Valle dei Laghi, Val di Peio, Val Meledrio, l’Argentario di Piné-Cembra, Lagorai, Valsugana, Tesino) che si estendono su buona parte del territorio e cercano di valorizzare il proprio pezzo al meglio, proponendo molteplici attività tra cui visite guidate, eventi e percorsi tematici alla scoperta dell’ambiente circostante. Ciò che contraddistingue questa tipologia di musei è la comunità. Comunità che si prende cura del proprio territorio facendo quindi conoscere ciò che è già presente attraverso le tradizioni, la cultura e la società.
Questa mattina (sabato 4 novembre) gli ecomusei trentini hanno festeggiato la propria giornata in un momento conviviale di confronti e dialogo con esperti e ricercatori che hanno dato sia un quadro storico dell’istituzione ecomuseale sia solleticato la curiosità ad approfondire alcune tecniche digitali per durare per sempre. Un momento di raccolta di tutti gli ecomusei in cui trovare l’ispirazione e ritenersi soddisfatti di tutto il lavoro svolto negli anni più recenti.
Partendo dal presupposto che gli abitanti di un luogo sono i soli detentori della propria cultura, gli ecomusei hanno il ruolo di preservare questa cultura e tramandarla, ma anche, dove possibile, ampliarla. «Gli ecomusei sono come degli scatoloni aperti nei quali ci puoi inserire tante cose – dice Giovanni Kezich, referente Umse rete etnografica, dei piccoli musei ed ecomuseale, intervenuto nella conferenza alla giornata degli ecomusei – Questo tipo di museo comunitario ha un valore definito dai residenti di quel luogo. Con la parola ecomuseo si parla di cultura ma anche di ambiente, che in maniera reciproca si contaminano». Una delle proposte di ecomuseo è stata inizialmente definita dallo studioso George Riviére e dal suo apprendista Hugues de Varine basandosi su una differenza significativa fra il museo tradizionale e, appunto, l’ecomuseo. Il primo raccoglie una collezione, è immobile e si nutre di visitatori. «Il museo tradizionale è, semplificando, portare dentro qualcosa» Accompagnato da Antonella Mott che conclude il discorso: «L’ecomuseo recupera e interviene sul territorio per salvaguardare le tradizioni».
Più di trent’anni di lavoro hanno portato agli ecomusei di oggi e sulla scia del Piemonte, prima regione ad istituire questi musei, anche il Trentino è arrivato alla promozione di siti diversi. Luoghi visitabili che nel corso del tempo si sono ampliati legando inequivocabilmente il termine museo al termine ambiente. «È una tutela dell’ambiente da un altro punto di vista. – continua Mott – Si tratta di lavorare su una rivalorizzazione di attività artigianali, oggetti e tradizioni. Siti che raccolgono tutto questo trasmettendo una testimonianza di ciò che era un tempo. Tutelando questi luoghi, tuteliamo il patrimonio culturale e incentiviamo poi la promozione turistica».
Al netto di questo, però, gli ecomusei devono comunque far fronte ad un problema più grande: la trasmissione del proprio patrimonio. E i metodi non sono poi così scontati. Una riflessione in merito, infatti, è stata apportata dal ricercatore di ingegneria e scienze dell’informazione dell’Università di Trento, Lorenzo Angeli, il quale ha dato degli spunti a livello tecnologico sui cui meditare. Come tramandare il proprio patrimonio? Il discorso, strutturato su esempi ieri-oggi, porta alla luce quanto cambia la percezione e il messaggio in base agli strumenti che si utilizzano. Ad oggi, solo l’Ecomuseo Valle dei Laghi utilizza un archivio della memoria, nato nel 2020, interamente digitale, all’interno del quale si possono utilizzare liberamente i contenuti. Lo svantaggio? Come tutti i prodotti digitali, non è fisico. Si perde dunque tutta la materialità di un oggetto che si può visionare in una collezione museale. Al contrario però ad un oggetto catalogato digitalmente si può dare una visione immensa attraverso collegamenti che si possono sviluppare all’infinito. «Lavoro encomiabile – come sostenuto dagli altri Ecomusei – Un progetto così vasto ha bisogno di moltissime risorse ed energie. Avere un archivio anche interattivo non è cosa da poco».
Ma gli ecomusei del Trentino non si sono fermati qui. Al termine dell’intensa mattinata di interventi, tra cui anche il referente Slow Food, Tommaso Martini, che ha sottolineato quanto anche il cibo faccia la sua parte all’interno delle tradizioni di una comunità, e lo chef Paolo Betti che ha allietato i palati per pranzo con raffinati piatti di prodotti locali, sono stati illustrate le numerose iniziative che gli Ecomusei sono pronti ad affrontare per il prossimo futuro. Novità assoluta è la “EcoCard”, ovvero una carta fisica che potranno ricevere tutti i soci della rete degli Ecomusei e che potrà dare delle agevolazioni – ancora da definire – su visite ed eventi delle altre realtà. «Abbiamo pensato di introdurre la card per rafforzare l’appartenenza al territorio – spiega la segretaria della Rete degli Ecomusei Trentini, Adriana Stefani. Altro progetto importante sarà la Giornata del Paesaggio, arrivata alla 16esima edizione, anche questa per rafforzare il legame con il territorio e le sue istituzioni».
Insomma, ogni Ecomuseo del Trentino ha la sua storia e il suo patrimonio, in quanto concepito per un determinato territorio. Non è un’esposizione di oggetti, non è il fare una visita. È come la comunità decide di presentarsi attraverso le sue tradizioni, un impegno per prendersi cura di tutto ciò che possiede.
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