La storia

martedì 7 Novembre, 2023

Sosi, un secolo di storia: dal primo forno nel 1923 alla quarta generazione di oggi

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Cento anni di una impresa di famiglia che oggi ha festeggiato in grande in via Suffragio

Ancora oggi, quando la salita si fa più ripida, il pensiero si riavvolge e torna a un anno specifico: il 1944. Trento viveva la drammaticità della Grande Guerra e i bombardamenti colpivano i suoi abitanti. Giulio Sosi aveva da poco costruito una nuova casa, con il laboratorio per produrre pane al piano terra. Un’esplosione trasformò la farina in polvere. «Di quel momento abbiamo una foto – ricorda Stefano Sosi, quarta generazione dell’omonimo panificio – Mio nonno seduto sulle macerie. Mia nonna Gemma, e poi mio padre Giuliano, usavano mostrarci quello scatto ogni volta che incontravamo una difficoltà. Porta un messaggio di tenacia: se nonno Giulio è riuscito a a rimboccarsi le maniche e ripartire da zero in quelle condizioni, significa che davanti ad ogni sfida bisogna rimanere ottimisti». A giudicare dall’anniversario della famiglia di panificatori – Sosi compie 100 anni e questa mattina a partire dalle 10.30 in Via Suffragio, ha festeggiato con la distribuzione del Maxi Filone del Centenario farcito e tante altre attività sino al pomeriggio – l’impronta dell’imprenditore della prima ora non è stata scalfita dal tempo e sopravvive nelle nuove generazioni. Da un negozio – in via del Suffragio – a 14 punti vendita e 50 rivenditori nella grande distribuzione, fino a 9 milioni di euro di fatturato nel 2022, che con ogni probabilità andranno a diventare 10 a fine 2023. Numeri di primo rilievo per un panificio che strategicamente ha preferito la capillarità a Trento, con qualche nota in provincia e in Alto Adige, all’estensione oltre i confini regionali.

Stefano Sosi, quest’anno l’azienda compie 100 anni. La sua è la quarta generazione che lavora con la farina. Come è nata l’azienda?
«L’azienda è stata fondata nel 1923 da nostro nonno, Giulio Sosi. È il vero imprenditore di famiglia, colui che giovanissimo aveva scelto di mettersi in proprio, aprendo un’azienda, con la rivendita, gestita dalla moglie Gemma, affiancata alla produzione,. Aveva aperto il suo negozio in via del Suffragio, proprio dove festeggeremo il centenario domenica. A sua volta, però, Giulio era figlio di Mario, che faceva già il panettiere. Anche se lo faceva affittando un forno comunale, che veniva dato in appalto all’artigiano che voleva gestirlo. Il concetto di realtà familiare è sempre stata l’anima della nostra impresa».

Quali sono stati i tre momenti chiave nella storia del panificio?
«Il primo dopo la fondazione è arrivato nel 1944. La seconda guerra mondiale era in corso. Mio nonno aveva appena concluso la costruzione della casa e del laboratorio collegato. Un bombardamento la rase al suolo. Nonostante questo, riuscì a rimettersi in piedi, beneficiando anche degli aiuti che consentirono il boom economico. Il secondo passaggio coincide con il momento in cui mio padre Giuliano, terza generazione di panificatori, è entrato in azienda, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60. Per qualche tempo anche i fratelli più piccoli, Gianni e Paolo sono stati coinvolti, ma alla fine è stato mio padre Giuliano, insieme a mia madre Giovanna, a sviluppare l’impresa, arrivando a un totale di 9 punti vendita in Trentino».

L’ultimo passaggio?
«Con la quarta generazione. Oggi mando avanti con mia sorella Giulia l’impresa. Abbiamo coniugato l’innovazione con la tradizione. Per 25 anni c’è stata una convivenza tra generazioni: io e mio padre fianco a fianco. È stato coniugare esperienza ed entusiasmo. Per me la produzione del pane è una questione di famiglia. Sono nato sopra il panificio e tuttora ci vivo. Mio papà mi ha sempre coinvolto, fin da piccolo mi faceva assistere al suo lavoro. Durante le vacanze estive, ho iniziato a passare il tempo con le mani in pasta. Nel 1983 mi sono diplomato e il passaggio nell’azienda di famiglia è stato immediato».

Quali novità avete apportato?
«Oltre alla produzione, oggi abbiamo 14 punti vendita e più di 100 collaboratori e collaboratrici, il fulcro della nostra attività. Oggi i negozi non sono semplici negozi di pane e latte, come quelli della prima ora. Abbiamo sviluppato un’intuizione avuta da mio padre, ampliando il reparto dei dolci da forno (biscotteria, grissini torinesi, krapfen, zelten) e quello della focacceria e pizzeria. Una triade che corrisponde a tre pilastri della nostra realtà. Ci siamo estesi anche alla grande distribuzione: oggi il nostro prodotto arriva in circa 50 punti vendita, prevalentemente in Trentino e qualcosa anche in Alto Adige. Siamo diventati più capillari. Ci stiamo strutturando ulteriormente a livello amministrativo proprio per far fronte a un’azienda di grandi dimensioni. Il canale di servizio, però, rimane corto».

L’evoluzione in termini economici che andamento ha seguito?
«Tendenzialmente siamo cresciuti sia in termini di volumi sia di fatturato ogni anno. Abbiamo chiuso il 2022 con 9 milioni di ricavi. E chiuderemo il 2023 intorno ai 10. L’anno del Covid non è stato semplice, ma abbiamo sempre mantenuto il personale. Il 2021 è partito con un nuovo slancio».

Nel 2022 è arrivata la batosta del caro energia e materie prime: il frumento è stato tra i beni più intaccati dallo scoppio della guerra in Ucraina. Siete stati toccati dai risvolti delle vicende geopolitiche?
«Proprio così. Abbiamo scelto di incamerare la maggior parte dei costi, scaricandone solo una minima parte sul listino per lasciare più margine per l’acquisto al cliente. Quest’anno vanno meglio le cose. Ma temo che i costi delle materie prime faticheranno a rientrare».

Le statistiche dicono che gli italiani consumano sempre meno pane: 80 grammi al giorno. Nella vostra attività avete visto calare questa voce, rispetto alla panificazione di dolci e alla focacceria e pizzeria?
«Direi di no. A livello nazionale il consumo pro capite di pane è in calo. Noi abbiamo diversificato e ci siamo concentrati su prodotti funzionali che ci ha permesso di non arretrare. Produciamo il pane seguendo la tecnica della lunga lievitazione. E più di recente abbiamo iniziato a usare la pasta madre, fermento che si produce nel nostro laboratorio. Abbiamo seguito le tendenze del consumatore anche nelle tipologie prodotte, con un vasto assortimento. Questo ci premia».

State valutando di crescere anche fuori dai confini regionali?
«Cerchiamo di crescere gradualmente. Essere arrivati in Alto Adige per noi è già un traguardo. Per il momento non abbiamo progetti extra cittadini. Valutiamo di allargare il presidio su Trento con una nuova apertura, stiamo sondando alcune aree. Arrivare fino a Verona? Perché no, ma se ne parlerà più avanti».