L'intervento
martedì 7 Novembre, 2023
di Paolo Ghezzi*
Tre anni dopo la sua disapparizione dalla scena di questo mondo, Piergiorgio Cattani (il nostro Pg) è stato rimosso – «come un’anomalia, come una distrazione», direbbe il suo e nostro De André – sia dalla politica sia dalla comunità ecclesiale, due realtà a cui Pg (24 maggio 1976 – 8 novembre 2020) ha dedicato due decenni di impegno incredibilmente intenso.
Non si è allontanato, invece, dalla memoria dei suoi amici e resta la sua voce potente (e brillante) di scrittore forte, non solo di giornalista, come dimostra il suo libro più autobiografico, «Guarigione», pubblicato dal Margine nel 2015, ormai fuori catalogo e assolutamente meritevole di una nuova edizione. Così come meritevole di un’ampia e documentata biografia è la non lunga vita, ma operosissima e feconda, di Cattani.
Nel coraggioso festival liminare (sono i confini, in fondo, che ci definiscono) intitolato «Mortali», in un piovosissimo pomeriggio del giorno dei Morti, Sonia Lunardelli e Fondazione Hospice hanno pensato di chiamare la filosofa Lucia Galvagni e chi scrive, a dialogare sul tema «Oltre la cella del corpo», proprio a partire dallo straordinario libro-diario-confessione di Pg Cattani.
Il suo autore di riferimento era il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer, leader della Chiesa confessante antinazista, impiccato il 9 aprile 1945, quando era più giovane di Cattani, aveva solo 39 anni. E il famoso binomio bonhoefferiano «Resistenza e Resa» (Widerstand und Ergebung) è perfettamente rappresentativo dell’esistenza r-esistente di Pg, andato ben oltre le prognosi mediche che gli avevano dato venti (o meno) anni di vita.
Resistere – ed esistere – fin quando si può. Arrendersi, rassegnarsi, consegnarsi (a Dio, al destino, alla sorte) quando si sono esaurite le possibilità umane: ad impossibilia nemo tenetur, dicevano gli antichi, nessuno è tenuto all’impossibile (solo per gli alpini, com’è noto a chi frequenta il Doss Trento, «non esiste l’impossibile»).
Ma Bonhoeffer ci avverte che la Resistenza e la Resa non sono due fasi cronologiche della vita (vivere finché si può e poi accettare la nostra fine), sono due poli entro cui si gioca tutta la nostra storia di esseri mortali. Tutti i giorni.
«La fede – scrive Bonhoeffer – ci richiede questo atteggiamento mobile e vitale. Solo così possiamo attraversare l’attuale situazione avversa e renderla fruttuosa».
Nella sua cella del lager, il teologo tedesco si sentiva comunque protetto da «forze benefiche meravigliose». Nella cella del suo corpo, sempre più fragile e inefficiente, Pg resisteva più attivo e tenace della maggior parte delle persone senza i suoi problemi, sia perché sentiva l’amore della famiglia e la calda fiducia dei suoi amici ed estimatori, sia perché sentiva di dover pensare, lavorare, comunicare, fino all’ultimo respiro.
Uomo-rana che inghiottiva l’aria come un anfibio e così si sentiva il risultato finale di una lunga evoluzione di specie in specie, Pg era appeso a un respiro che per lui era una fatica costante ma non un impedimento a leggere le parole degli altri e ad esprimere le proprie: e non per raccontare la propria storia eccezionale, ma per accompagnare la storia e le storie della società dove r-esisteva.
Ha spiegato Lucia Galvagni, bio-eticista, parlando di «Guarigione», libro-capolavoro e testamento di Pg: «Quando nella malattia il corpo si modifica, si blocca, si ferma, perde la sua o le sue abilità, si può sperimentare anche una forma di ‘confinamento’, un essere limitati – e confinati – all’interno del corpo, di quel corpo che diventa – e può essere letto e interpretato – anche come una sorta di stanza, di cella. Il corpo, ci ricorda la fenomenologia, è un ‘geometrale conoscitivo’, nel senso che esso rappresenta il tramite del nostro rapporto col mondo e con gli altri, oltreché con noi stessi… Piergiorgio racconta cosa avviene del corpo e quale percezione se ne può avere: “… la consegna – anche se ‘autoconsegna’ – del tuo corpo ad altri, che, almeno nei fatti, decidono per te, la condivisione dell’intimità con estranei ti colpiscono nella sfera più personale … ”. Osserva: Noi siamo il nostro corpo e attraverso esso noi possiamo chiuderci o aprirci agli altri».
Il nostro Pg è stato sempre aperto, anzi quasi ansioso di relazione, interpolazione, comunicazione. E attento a decodificare se stesso, la sua anima e il suo corpo. Come i quaderni di Etty Hillesum, «Guarigione» è scrittura e terapia, testimonianza e proiezione, pensiero e azione. Respiro, grido e lotta.
Come avrebbe sofferto, e gridato, in queste settimane, per i suoi fratelli ebrei e per i suoi fratelli islamici vittime della violenza cieca dei seminatori di morte!
E se quell’8 novembre 2020, mentre mamma Monica gli faceva il caffè al piano di sotto, Pg si è arreso a un arresto cardiaco, ebbene fino alla fine, fino a quella domenica mattina – con un ultimo articolo sul «Trentino» contro la morale sessuale «naturale» della sua Chiesa, una Chiesa incapace di riconoscere l’evoluzione delle forme dell’amore umano – è stato un intellettuale, un teologo, un filosofo, un esploratore dell’Antico Testamento, un animale politico, un agitatore sociale, un critico del sistema sanitario, un polemista e un giornalista sempre r-esistente. Credeva nella vita eterna ma si appassionava generosamente a questa vitarella qui, di noi mortali.
Come scrive nelle ultime righe del suo capolavoro: «Di fronte al male, alla malattia, alla sofferenza, all’avversità occorre resistere. Resistere con tutta la forza. Perché siamo chiamati alla vita e non alla morte. La resa alla nostra caducità non significa dolente rassegnazione davanti a un incomprensibile destino, ma consapevolezza del nostro essere uomini».
Bonhoeffer e Cattani (Pg creatura futura, che continuerà a illuminare il nostro presente) ci insegnano ad essere lucidi e coraggiosi nella Resistenza quando è necessaria; intelligenti e dignitosi nella Resa quando è inevitabile.
*Giornalista e scrittore