L'intervista
domenica 12 Novembre, 2023
di Lorenzo Fabiano
Diamo i numeri, siamo seri: dieci coppe del mondo e cinquantasette vittorie, sei medaglie olimpiche (due d’oro), sedici medaglie mondiali (sei d’oro). Certo, a snocciolare le cifre della carriera di un gigante come Armin Zöggeler, il «cannibale», rischi ti prenda un capogiro, ma quelle sono e tant’è. Col suo slittino ha vinto più gare di Tomba e più coppe del mondo di Hirscher nello sci. «Armin è unico, nessuno lo eguaglierà», ha detto di lui Walter Plaikner, ex campione olimpico nel doppio a Sapporo 1972 e per anni responsabile della squadra azzurra, ruolo che Zöggeler ricopre dal 2014, l’anno in cui il campionissimo altoatesino chiuse la sua leggendaria carriera con il bronzo ai Giochi olimpici di Sochi. A quarant’anni.
Zöggeler, l’hanno paragonata a campioni come Merckx e Schumacher ma lei ha sempre detto di ispirarsi a Reinhold Messner. Vuole spiegare?
«Reinhold Messner, che ho avuto la fortuna di conoscere, è un uomo di straordinario spessore. Ha fatto grandi cose, ha scritto libri, ha fatto anche politica ma non fa per lui, troppo sincero. Ha una visione del mondo che è anche la mia, quella dei nostri padri e dei nostri nonni. Dobbiamo ripartire da lì».
È vero che ha iniziato ad andare in slitta da bambino, per scendere dal maso a scuola?
«È vero. La strada che scendeva dal nostro maso a Foiana era innevata, ghiacciata. La slitta era l’unico mezzo per fare quei tre chilometri di discesa. Tutto è partito da lì».
Ha debuttato da atleta della nazionale nel 1992 e chiuso nel 2014; come ha fatto a vincere così tanto e per così tanto tempo?
«Detto che mi preparavo molto bene e che avevo uno staff fantastico, mentalmente ero un atleta molto solido. La mia forza stava nella capacità di guardare avanti. Vincevo una gara, e mentre ero sul podio ad ascoltare l’inno, pensavo già alla prossima e a come migliorarmi. Un altro fattore decisivo è stato saper ascoltare il mio corpo; a 35-36 anni le mie doti di recupero non erano più le stesse, non era facile da accettare ma ho cambiato preparazione privilegiando la qualità del lavoro specifico alla quantità».
Lei veniva dallo slittino su pista naturale, come avvenne il passaggio alla pista artificiale?
«Il mio allenatore Severin Unterholzner mi convinse a provare la pista artificiale a Valdaora: “sei un gran slittinista, non fermarti alla pista naturale, fai una disciplina olimpica”, mi disse. Una grande scelta che mi cambiò il mondo».
Oggi quella pista è naturale. Visto com’è finito il progetto di rifacimento della pista olimpica di Cortina, magari ci fosse ancora quella artificiale a Valdaora, verrebbe da dire. O no?
«Io sono cresciuto e ho imparato ad andare in slitta sulla pista di Valdaora. Era una piccola struttura ma molto bella, molto tecnica, e molto importante per i giovani. È un peccato non ci sia più».
Per come è andata a finire a Cortina, lei è più arrabbiato o deluso?
«All’inizio ero arrabbiato, ora sono deluso perché per questa storia abbiamo perso un sacco di tempo. Sono stati buttai via tre anni. Ora che si paventa il rischio di dover andare a St Moritz, pare si siano svegliati e vogliono restare in Italia».
E rispunta l’opzione di rimettere in funzione la pista olimpica di Torino 2006 a Cesana. Lei a quella pista è molto legato…Che ne pensa di tornare a Cesana per i giochi del 2026?
«L’oro ai Giochi di Torino nel 2006 è stata la giornata più bella della mia carriera. Indimenticabile. Se la gente mi ferma ancora per strada è per il ricordo di Torino. È una pista bellissima, dove dal 2005 al 2011 ci allenavamo e testavamo i materiali. Verrebbe ora alimentata coi pannelli fotovoltaici. Ne ho parlato col presidente del Coni Malagò: rimettere a posto la pista di Cesana va benissimo, ma ha senso solo se avrà un futuro rimanendo in funzione anche dopo le Olimpiadi (la fattibilità di un piano di legacy è la richiesta del Cio, ndr), altrimenti va a finire che si fa un’altra brutta figura».
Il Cio ha però espresso parere negativo. Il Governo non molla ma il rischio di andare a fare le gare olimpiche di bob, slittino e skeleton a St Moritz o Igls è sempre più dietro l’angolo.
«Sarebbe una follia. Non è mai successo che la nazione ospitante dei Giochi vada a fare delle gare all’estero. Non sarebbe giusto neanche per gli atleti, ai quali verrebbe tolto il sacrosanto diritto di partecipare alle olimpiadi nel proprio Paese».
Il vostro sport, ma in passato anche il bob, ha portato tante medaglie allo sport italiano. Eppure, siete costretti ad andare ad allenarvi all’estero. Sembra che si ricordino di voi ogni quattro anni, non crede?
«La pista a Cortina sarebbe stata nel posto giusto, a poca distanza dalle località che ospitano la Coppa del mondo. Ora speriamo si possa rimettere a posto quella di Cesana, perché continuare ad andare ad allenarci all’estero è complicato. Senza una struttura qui, non possiamo far crescere i nostri giovani né possiamo attirarne altri al nostro sport. In Germania hanno quattro piste, tre al momento aperte; possono lavorare sulla base, fare le selezioni e portare i ragazzi più meritevoli fino alla nazionale. Da noi abbiamo gli scout che sulle piste naturale vanno a vedere se c’è qualcuno che voglia passare alle artificiali. In Italia un centro federale non lo abbiamo, e così è tutto molto più difficile».
Vi obiettano che siete quattro gatti e che non val la pena di spendere tanti soldi. Dicono anche che siete altoatesini e quindi potete tranquillamente andare ad allenarvi in Austria e in Germania. Cosa risponde?
«Non è vero che siamo così pochi; tra slittino, bob e skeleton abbiamo parecchi atleti. Senza una struttura in Italia saremmo sempre meno e sport, che in passato hanno garantito tante medaglie all’Italia alle Olimpiadi, rischieranno di scomparire. Lo slittino italiano fa risultati, Dominik Fischnaller ha riportato in Italia la Coppa del mondo, il nostro obiettivo è stare al passo con le altre nazioni, ma è difficile se sei costretto ad allenarti all’estero e sei via da casa per così tanti giorni all’anno. Per questo avere una pista in Italia è tanto importante per noi».
A trent’anni Fischnaller ha vinto la Coppa del mondo. È nel pieno della sua maturazione di atleta?
«Lo vedo molto bene in allenamento, è maturato. La medaglia di bronzo a Pechino, dopo la delusione del 2018 a Pyeongchang quando per pochissimo rimase fuori dal podio, è arrivata al momento giusto. È ora più sciolto e ha più fiducia nei propri mezzi».
Avete parecchi giovani, soprattutto in squadra femminile dove c’è sua figlia Nina. Come hanno accolto la bocciatura di Cortina?
«Ci sono rimasti male, delusi e demoralizzati. Un brutto colpo. Ora speriamo tutti di poter fare le nostre olimpiadi a Cesana, in Italia».
l'intervista
di Davide Orsato
L’analisi del giornalista che ha di recente pubblicato un manuale per spin doctors dal titolo «Non difenderti, attacca» e contiene 50 regole per una comunicazione politica (imprevedibile e quindi efficace)