La vicenda

sabato 25 Novembre, 2023

Caso Pedri e maltrattamenti in reparto, per Tateo e Mereu un conto da 1,2 milioni

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Chiedono di costituirsi parte civile otto dottoresse e la mamma di Sara. In 11 hanno chiesto i danni, tra cui l’azienda sanitaria e il sindacato Fenalt

«Maltrattamenti in reparto», a ostetricia e ginecologia del Santa Chiara. Ieri mattina in tribunale a Trento, di fronte al giudice Marco Tamburrino, nel corso dell’udienza preliminare che vede imputati l’ex primario Saverio Tateo e la sua vice Liliana Mereu (non presenti in aula), solo poco meno della metà delle ventuno parti offese, assieme ad azienda sanitaria e sindacato Fenalt, hanno chiesto di entrare nel processo come parti civili, sollecitando un risarcimento, quantificato finora in oltre 1,2 milioni di euro. In particolare si tratta di otto dottoresse e della mamma di Sara Pedri, in qualità di curatrice della ginecologa forlivese di 31 anni che dal 4 marzo 2021 risulta scomparsa e la cui auto è stata recuperata vicino al lago di santa Giustina. Dall’altra i due camici bianchi imputati che, attraverso i loro legali, gli avvocati Salvatore Scuto, Nicola Stolfi e Franco Rossi Galante, hanno chiesto di essere sentiti in aula. Gli stessi legali hanno anticipato che depositeranno un’articolata memoria difensiva assieme a una serie di documenti. E potrebbero optare per il rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna. Si torna in aula a gennaio (ma sono già state fissate anche altre udienze), quando il giudice scioglierà la riserve sull’ammissione delle parti civili, su cui le difese dei medici potrebbero sollecitare eccezioni.

«La famiglia Pedri c’è»
Intanto il legale della famiglia della ginecologa scomparsa, l’avvocato Nicodemo Gentile, commenta: «La speranza è che possano essere accolte le richieste, che ci siano decisioni di giustizia. La famiglia Pedri ha fortemente sollevato il problema, ha fatto partire l’inchiesta, e questo ha dimostrato che la famiglia non era una visionaria. Famiglia che c’è: non abbiamo quantificato l’aspetto economico perché residuale, solo chiesto l’ammissione. Ora — prosegue — ci auguriamo che tutta questa vicenda possa servire ad aprire una riflessione seria nella gestione delle risorse umane: 21 parti offese in una realtà come Trento sono un pugno in faccia a tutti i lavoratori, al buon nome dell’azienda» continua il legale che si augura anche vengano riprese le ricerche di Sara. La cui sorella, Emanuela, sui social ha scritto, aspettandosi già decisioni da parte del giudice: «Oggi è una giornata importante per la nostra famiglia ..C’è stato un lavoro importante e probabilmente non è ancora finito ma sento che siamo sulla strada giusta perché abbiamo avuto coraggio, ci abbiamo messo la faccia.. quando pronunciamo la parola Giustizia si muove qualcosa dentro di noi, diventa il motore, il fuoco della nostra “battaglia”».

«Minacce, ingiurie, umiliazioni»
Tateo e Mereu hanno sempre respinto con forza le accuse. L’ex primario era stato anche messo alla porta dall’Apss: un licenziamento, questo, dichiarato illegittimo dal giudice del lavoro Giorgio Flaim (sentenza, questa, depositata nel fascicolo dalla procura). Entrambi i camici bianchi devono rispondere dell’ipotesi di maltrattamenti in concorso. Quelli che, secondo le pm Licia Scagliarini e Maria Colpani, avvenivano in reparto. Messi in atto in modo continuativo e in concorso da parte dei due. Concretizzati — è l’accusa — attraverso ingiurie, umiliazioni, ma anche percosse, atteggiamenti inquisitori e minacce di sanzioni disciplinari. Abbastanza per innescare di giorno in giorno una condizione di stress e paura nel personale infermieristico, medico ed ostetrico. Come sarebbe stato per Pedri, che compare appunto tra le 21 persone offese (ostetriche, infermiere e ginecologhe con la 31enne che, in quanto scomparsa, ora è rappresentata dalla madre). Di queste sette dottoresse assistite dall’avvocato Andrea de Bertolini, hanno chiesto di costituirsi sollecitando un risarcimento per i danni morali non inferiore a 50mila euro per ciascuna di loro. Un’ulteriore dottoressa, assistita dall’avvocato Giovanni Pesce, ne avrebbe chiesti 200mila di euro.

Apss: «I danni per 645mila euro»
Altro conto ha presentato l’azienda sanitaria, attraverso l’avvocatura dello Stato: in totale 645mila (di cui 300mila come provvisionale) per danni all’immagine (calcolati un euro per ognuno degli stimati 625mila utenti di servizi giornalistici) e altri 20mila di danni patrimoniali.

Fenalt: «Gesto coerente»
Ha chiesto di entrare nel processo anche il sindacato Fenalt con gli avvocati Paolo Emilio Letrari, Diego Berti e Simone Pallone, formalizzando una richiesta di 10mila euro. «Riteniamo doverosa questa nostra iniziativa giudiziaria — afferma Paolo Panebianco, responsabile area APSS di Fenalt – e coerente con l’impegno di un sindacato effettivamente rappresentativo delle lavoratrici e dei lavoratori».