L'intervista
sabato 25 Novembre, 2023
di Simone Casalini
Per qualcuno è un «comunista di destra», per altri aspirerebbe a costruire un partito rossobruno con la destra sociale di Alemanno, per altri ancora è un ologramma che viene dagli archivi del Kgb. Marco Rizzo – ex parlamentare – è, forse, soltanto un vecchio comunista con posizioni (anche) reazionarie come le aveva una parte del Pci e che oggi parla alla pancia di un elettorato disorientato. La sua dottrina «sovranista» nell’ultima campagna elettorale per le Provinciali ha intercettato 5.600 voti (2,26%) e ora prova a radicarla nelle «terre alte», lui che viene da una famiglia operaia di Torino. Oggi a Mattarello (Sala di via Guido Poli) si terrà l’assemblea dei Democrazia sovrana popolare ancora in una fase costituente.
Rizzo, il centrodestra ha vinto largo in Trentino. Eppure…siamo alla crisi delle relazioni tra Fugatti e la Lega, da una parte, e FdI dall’altra. Come finirà?
«Il risultato di Fugatti è percentualmente molto significativo. Se andiamo a vedere il numero dei voti, un poco meno, con un aumento di circa 5mila voti rispetto al 2018. La crisi interna alla giunta come appare sembrerebbe aspra, ma credo che, alla fine, si troverà una composizione. A pensar male si potrebbe credere ad un teatrino della politica, ma mi fermo qui…».
Cosa ne pensa di Fugatti?
«Non mi soffermo mai sulle persone parlando di politica. Conosco Fugatti, ma credo che il suo operare sottintenda maggiore capacità politica di quanto possa apparire ad una prima disanima. Il mio giudizio, severo, sul non partecipare ai dibattiti tra i candidati, risultava semplicistico di fronte al risultato e alla evidente capacità di manovra e conoscenza della realtà in cui operava».
La crisi trentina può inquietare anche il quadro nazionale?
«Sinceramente credo possa esser più veritiera la riproposizione di una situazione esattamente contraria: il quadro della politica nazionale, rafforzato dalla competizione in vista delle elezioni europee, potrebbe essere stato l’incubatore della forte tensione nella realtà trentina».
A giugno 2024 si terranno le elezioni europee che rischiano di essere uno spartiacque (anche per Lega e FdI, schierate con due destre diverse). Populismo o europeismo è tornato a campeggiare nei titoli come cinque anni fa. Come finirà e cosa farete voi come lista?
«La competizione che muove oggi lo scenario europeo è collegata allo scontro tra quello che definisco il totalitarismo globalista e liberista, fortemente presente tra le classi dirigenti, e un sovranismo che punta ad organizzare (non sempre linearmente) segmenti ampiamente maggioritari nella popolazione. La lotta è impari. Il pensiero unico del mainstream gode della quasi totalità dei mezzi di comunicazione di massa e delle strategie della grande finanza e delle multinazionali, mentre dall’altra parte un novanta per cento della popolazione, dal ceto medio depauperato alla classe lavoratrice, ancora però incapace di riconoscere la propria forza, è diviso tra astensionisti e “tifosi” di una destra e di una sinistra che altro non sono che due facce della stessa medaglia. Con Francesco Toscano lavoriamo al progetto politico di Democrazia sovrana popolare che terrà il suo congresso fondativo a Roma il 27 e 28 gennaio prossimo. Ogni giorno ci scelgono – iscrivendosi – decine e decine di persone e la presenza in quella data sarà in rappresentanza di migliaia di iscritti. Per la lista le elezioni europee saranno solo una tappa del nostro percorso che mira inoltre a collegare esperienze come la nostra con altre molto simili a livello europeo, come quella di Sahra Wagenknecht, che oggi rompe con la Linke (la sinistra tedesca) per fondare un suo movimento, sovranista di sinistra popolare».
Meloni governerà fino al 2027?
«Credo di no. Al di là della contraddizione del tutto evidente tra quello che ha detto in campagna elettorale e quello che sta facendo oggi al Governo, si sta barcamenando per tenere palazzo Chigi ad ogni costo. Errore tattico e strategico: se fai quello che vogliono loro (i poteri forti) prima o poi ti fanno fuori».
Negli ultimi giorni la sua figura e quella di Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma della destra sociale, sono state accostate per un comune progetto politico. Forse ci si dimentica che i prodromi sono stati in Trentino in un convegno al Grand Hotel. Quale sono le vostre affinità elettive e elettorali?
«Parlando di Alemanno, non guardo mai le persone fisiche, cerco di interpretare quello che possono rappresentare. In questo caso una socialità di destra molto delusa. Diciamola così: un sentimento che sta crescendo e di cui vogliamo tener conto. Concretamente il 26 novembre andremo semplicemente ad una tavola rotonda sulla Pace a Gaza e non certo a fare un partito con l’ex sindaco di Roma, ma i giornali nazionali raccontano di una fantomatica alleanza elettorale. Purtroppo, non importa a nessuno che ci troviamo a parlare di guerra. La classe dominante preferisce sollecitare una narrazione, da parte di Repubblica e affini, che vaneggiano di un partito rossobruno che non esiste. È vero invece che chi distorce la realtà ha una paura fottuta che la situazione scappi di mano a chi controlla il sistema».
Lei quali istanze trova nei quartieri popolari se li frequenta?
«Purtroppo nei quartieri popolari la politica è praticamente assente. La fiducia nel cambiare lo stato presente delle cose è praticamente scomparsa. Le classi popolari sono sempre più assenti nel determinare il destino della Nazione. Vogliamo ridare sovranità popolare ai cittadini italiani perché solo riconsegnando questa titolarità li riavremo protagonisti. Democrazia è soprattutto questo».
Le sue posizioni sui migranti sono condivise anche a destra…
«Noi siamo contro le migrazioni forzate. Siamo per l’Africa agli africani, siamo per il Niger, col Burkina Faso, Mali. Siamo con quelli che vengono definiti i “golpisti” perché vogliono far pagare alla Francia il loro uranio al prezzo giusto e con quelle risorse vogliono mantenere gli africani in Africa. Non spedirceli qua, per farci saltare stato sociale, pensioni e sanità pubblica come vorrebbero i globalisti».
Alle elezioni provinciali ha preso 5600 voti e il 2,26%. Oggi avrete l’assemblea di Democrazia sovrana e popolare. Quali le prospettive?
«Siamo un progetto politico nuovo, il 22 ottobre abbiamo superato quattro partiti nazionali – Forza Italia, M5s, Renzi e Calenda – e siamo arrivati avanti persino ad un politico così esperto e radicato come il senatore Divina con le sue tre liste. Se la campagna elettorale fosse durata un mese in più, i risultati sarebbero stati ancora migliori. Domani (oggi, ndr) sarà una grande assemblea, in vista del nostro congresso nazionale».
Mi dice tre parole d’ordine del comunismo coevo, se esiste?
«Le parole d’ordine per una democrazia sovrana popolare sono il battersi per la pace e il lavoro, contro il falso ambientalismo e le migrazioni forzate».
l'intervista
di Davide Orsato
L’analisi del giornalista che ha di recente pubblicato un manuale per spin doctors dal titolo «Non difenderti, attacca» e contiene 50 regole per una comunicazione politica (imprevedibile e quindi efficace)