GIUSTIZIA
domenica 10 Dicembre, 2023
di Davide Orsato
Licenziamento non solo ingiusto ma persino discriminatorio. E l’operaio che soffriva da tempo di un male al ginocchio dovrà essere reintegrato a pieno titolo. Una sentenza, quella emessa dal tribunale di Rovereto, che va oltre il singolo caso che ha coinvolto un dipendente ma che potrebbe avere ricadute anche su altri casi, sia perché si tratta di un precedente, sia perché riguarda un’azienda, la Sicor, sede nella città della Quercia, finita al centro di un braccio di ferro con i sindacati a seguito della scelta di rescindere dal contratto nazionale dei metalmeccanici per approdare a quello Cisal – Anpit. E questa controversia emerge proprio a seguito di questa decisione che ha comportato una serie di cambiamenti, molto contestati dai sindacati maggioritari. Ed è stato proprio uno di questi, la Fiom, a cui il lavoratore licenziato è iscritto a seguire il caso.
Un passo indietro: il licenziamento era avvenuto un anno fa, all’antevigilia di Natale. La ragione: il lavoratore era stato in malattia troppo a lungo, superando i novanta giorni di comporto previsti dal contratto. Quello «nuovo», per l’appunto, per quello nazionale ne prevede ben 548, sei volte tanto. La diagnosi c’era: una gonalgia (dolore al ginocchio) bilaterale che gli aveva compromesso la qualità della vita e che l’aveva anche costretto a un intervento chirurgico. Una situazione che gli impediva di svolgere il suo lavoro quotidiano, che consisteva nell’assemblaggio e nella movimentazione di pezzi metallici pesanti.
Va detto che lo stesso lavoratore, prima di essere licenziato, aveva chiesto un’aspettativa. Non è servito a nulla. Il licenziamento è stato impugnato a giugno in tribunale: ad assistere il dipendente, l’avvocato Giovanni Guarini. Nei giorni scorsi, la sentenza, pronunciata dal giudice Michele Cuccaro. Sentenza che non solo ha reintegrato il lavoratore ma che obbliga l’azienda a corrispondergli 2.600 per ogni mese in cui è stato licenziato, oltre al pagamento di seimila euro di spese legali.
La questione del contratto, all’origine di questa diatriba, resta nello sfondo nella sentenza, in quanto, secondo il giudice, «la natura discriminatoria del licenziamento rende superflua l’analisi degli ulteriori motivi del ricorso».
Il punto centrale, motiva il giudice, è che prevedere un tempo unico periodo di comporto per tutti, anche per i lavoratori disabili, è un’indiscriminazione diretta. Ed è proprio questo che potrebbe rendere la sentenza roveretana una precedente applicabile anche in altri casi con lo stesso contratto. «È la prima volta — sottolinea l’avvocato Guarini — che il tribunale di Rovereto si esprime in tal senso, facendo emergere una disparità di trattamento tra chi si trova in condizione di disabilità».