Giustizia
mercoledì 13 Dicembre, 2023
«Finto ricovero in ginecologia»: condannati Mereu e un collega. Otto mesi all’ex vice di Tateo
di Benedetta Centin
La degenza di una notte in ospedale, nel reparto di Ginecologia del Santa Chiara dove lavorava al tempo, non ci sarebbe mai stata se non sulla carta

Il ricovero di una notte in ospedale, nel reparto di Ginecologia del Santa Chiara dove lavorava al tempo, non ci sarebbe mai stato se non sulla carta. Fatto risultare dopo presunte pressioni fatte a due colleghi. Almeno questa era l’accusa della Procura di Trento formalizzata nei confronti della dottoressa Liliana Mereu per fatti di marzo 2020: contestazione che ieri è valsa una condanna alla professionista, già imputata in un altro procedimento, con l’allora primario Saverio Tateo, per maltrattamenti in reparto, dove aveva lavorato anche la giovane ginecologa forlivese Sara Pedri scomparsa il 4 marzo 2021.
Riconosciuti colpevoli
Ieri l’accusa, quella di falso, o meglio di falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, ha retto alla prova dell’aula: il giudice per l’udienza preliminare Marco Giua ha condannato Mereu a 8 mesi di reclusione, calcolando anche lo sconto di un terzo della pena previsto dal rito scelto, l’abbreviato. Stesso rito celebrato per il collega che allora aveva firmato le sue dimissioni dal reparto e che rispondeva a sua volta di falso in concorso. Anche lui è stato condannato, ma a 5 mesi e 10 giorni di reclusione. Si tratta del dottor Gian Luca Marcomin, da novembre 2013 titolare della struttura semplice «Urgenza in ostetricia» dell’ospedale Santa Chiara e da fine agosto 2021 direttore dell’Unità operativa di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Cavalese. Per loro il pm Davide Ognibene aveva sollecitato rispettivamente una condanna a 18 mesi per la dottoressa allora vice del primario Tateo (assistita dall’avvocato Franco Rossi Galante) e di un anno per Marcomin, difeso dall’avvocato Alessandro Baracetti. Quasi scontato, da parte dei difensori, il ricorso in Appello.
La truffa non regge
A Mereu era stata contestata anche l’ipotesi di truffa ai danni dell’Azienda sanitaria, visto che in seguito al «finto ricovero», la dottoressa aveva ottenuto un certificato di malattia della durata di quattro giorni di cui però non aveva usufruito. Come emerso infatti anche dai cartellini timbrati, la professionista in quei giorni si era presentata regolarmente al lavoro. Ecco perché la truffa non si è concretizzata. L’imputazione è quindi venuta meno: il giudice l’ha assolta, così come sollecitato anche dalla difesa.
Altro medico a dibattimento
Diverso l’esito per l’altra collega di Mereu finita nell’inchiesta: colei che avrebbe stilato le carte del ricovero. O meglio, che sarebbe stata «costretta» a farlo su pressioni della Mereu, in un presunto clima vessatorio che la stessa imputata avrebbe ammesso. Il gup Giua l’aveva già rinviata a giudizio. La prossima udienza in aula è prevista tra un mese. Nel corso del dibattimento il suo legale, l’avvocato Giovanni Rambaldi, avrà modo di chiarire la posizione della sua assistita.