Il caso
sabato 23 Dicembre, 2023
di Tommaso Di Giannantonio
È scontro sul via libera della Provincia agli aumenti delle rette delle case di riposo. «Sarà una mazzata per molti anziani e famiglie trentine, si faccia marcia indietro», tuonano i sindacati Cgil, Cisl e Uil. Anche tra le stesse Aziende pubbliche per i servizi alla persona (Apsp) c’è chi si oppone all’incremento, che può andare da un minimo di 60 a un massimo di 90 euro al mese. «Noi non applicheremo l’aumento perché abbiamo un modello organizzativo che ci permette di assorbire i maggiori costi», dice il presidente dell’Opera Romani di Nomi, Giuseppe Delaiti. Per la maggior parte delle case di riposo, però, l’innalzamento delle rette risulta necessario per l’equilibrio di bilancio.
L’appello dei sindacati
Le rette alberghiere — cioè quelle a carico delle famiglie — sono rimaste sostanzialmente ferme dal 2015. Con la delibera approvata due giorni fa, alla luce dell’incremento generale dei prezzi, la Provincia ha dato la possibilità di ritoccarle al rialzo. Potenzialmente sono coinvolte oltre 4 mila famiglie. Infatti nelle 50 Rsa (Residenze sanitarie assistenziali) presenti in Trentino — gestite da 42 Apsp — ci sono 4 mila posti e nelle 6 strutture della cooperativa sociale Spes altri 500 posti, compresi i 300 a pagamento.
I sindacati sanno bene che «l’aumento dei prezzi ha messo sotto pressione i bilanci di molte di queste strutture», ma «riteniamo assolutamente inopportuna questa decisione e chiediamo all’assessore Tonina e alla giunta provinciale di fare marcia indietro perché in questo modo si fa cassa su chi già sta pagando pesantemente per il caro vita», scrivono in una nota congiunta i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti.
Lo scorso anno la giunta provinciale aveva congelato gli aumenti e stanziato risorse proprie per appianare le perdite. «Le difficoltà delle famiglie non sono cambiate, semmai si sono acuite — sottolineano i sindacalisti — Ne ha preso atto anche il presidente Fugatti nel suo discorso programmatico in Aula. Chiediamo coerenza con quelle parole. Non si possono fare scelte solo sul calcolo politico e decidere di non assumere scelte impopolari solo nell’orizzonte delle elezioni e poi mettere le mani nelle tasche degli anziani e delle famiglie quando ci si è appena insediati al governo».
I sindacati, dunque, chiedono alla giunta di sospendere il provvedimento.
Il caso dell’Apsp Opera Romani
Non tutte le Apsp, però, decideranno di aumentare le rette. Una di queste è l’Opera Romani, che gestisce le Rsa di Nomi e Volano, con 174 ospiti totali. «L’aumento è escluso totalmente — dice il presidente Delaiti, affiancato dal direttore della Apsp Livio Dal Bosco — Anzi. Andremo a parlare con il nuovo comitato dei familiari e valuteremo un leggero ritocco al ribasso perché le famiglie sono sempre più in difficoltà. Noi abbiamo un modello organizzativo che ci consente di avere notevoli risparmi di spesa». In particolare l’Opera Romani ha adottato un modello di consortilizzazione dei servizi amministrativi e generali con l’Apsp di Cavedine. «Un modello che ci consente di ottenere importanti economie: per esempio abbiamo un solo ufficio amministrativo, un solo direttore, un solo economato, un solo ufficio del personale e un servizio di ristorazione in comune — spiega Delaiti — Questa struttura organizzativa ci ha sempre permesso di avere bilanci in utile, anche in epoca Covid. Non applicando l’aumento, avremo sì un utile minore, ma non chiuderemo in perdita».
Upipa: «Aumenti del 4-6%»
Gran parte delle case di riposo, però, saranno costrette ad alzare le rette dal 1° gennaio. Entro il 29 dicembre saranno convocati i consigli di amministrazione delle Apsp e si deciderà sul da farsi. «Cercheranno di applicare solo gli aumenti necessari a mantenere l’equilibrio di bilancio. Nessuno lo farà a cuor leggero», spiega Massimo Giordani, direttore di Upipa (Unione provinciale istituzioni per l’assistenza), che insieme a Spes ha chiesto alla Provincia di sbloccare le rette alberghiere al fine di assorbire, seppur in minima parte, i maggiori costi e mantenere invariati i livelli dei servizi. Gli enti che hanno una retta alberghiera base 2023 inferiore alla media ponderata (48,97 euro) potranno aumentare la quota al massimo di 3 euro al giorno, purché la retta non superi quota 50,97 euro. Mentre i gestori che hanno una retta alberghiera base 2023 superiore alla media ponderata potranno aumentare la quota al massimo di 2 euro. «Si tratta di un incremento del 4-6% a fronte di un’inflazione Istat del 19,9% nel biennio 2021-2022», fa notare Giordani.
L'inchiesta
di Tommaso Di Giannantonio
L'incidente a San Martino di Castrozza, il padovano di 7 anni è ancora ricoverato all’ospedale Santa Chiara di Trento. Il piccolo era sul mezzo in uso alla Polizia insieme all’amico del papà