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mercoledì 3 Gennaio, 2024

Gli stranieri salvano la demografia trentina: 11mila figli in 10 anni

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Fondamentale il peso dei migranti sulla natalità in Regione. Vitali: «In finanziaria mancano gli incentivi ai giovani, così non invertiamo la rotta»

I dati sulle nascite in Trentino nel 2023 hanno fatto tornare al centro del dibattito sociale e politico il tema della natalità e se guardando all’ultima finanziaria del governo Meloni non sembrano esserci sostegni adeguati a contrastare l’inverno demografico, per ora a salvare parzialmente il dato sono le famiglie straniere.
Le famiglie extra-UE
In Trentino i nuclei famigliari non comunitari sono responsabili per quasi 11mila nascite negli ultimi 10 anni, circa un quarto del totale, nonostante siano una fetta molto più piccola della popolazione totale.
Se si guarda allo storico delle nascite in Trentino infatti emerge subito un dato evidente. Le madri extra-UE negli ultimi 10 anni sono state in media il 24% del totale, questo significa un quarto di tutte le partorienti, quando gli stranieri extracomunitari in Trentino si attestano intorno all’8% della popolazione. «Sicuramente gli stranieri hanno rappresentato una fetta importante della natalità in Trentino – commenta Agnese Vitali, demografa e professoressa associata al dipartimento di Sociologia di Unitn – E il loro contributo non va riscontrato solo per l’ultimo decennio, anzi è stato un fattore nell’ultimo trend positivo del Trentino».
2010 poi il calo
Vitali si riferisce al decennio precedente. «Possiamo dire generalmente che la natalità in Italia è in calo dagli anni ‘70. Ma in Trentino si era osservata una dinamica diversa, dalla fine degli anni ‘90 e fino al 2010 il trend si era invertito, e le nascite avevano ricominciato ad aumentare». Un motivo era legato proprio all’immigrazione. «Sicuramente il quel periodo il Trentino era un luogo molto attrattivo che accoglieva nuovi nuclei famigliari. Più in generale la prima decade del terzo millennio vedeva questa crescita interessante in Trentino che è culminata e terminata però nel 2010. Forse pesavano gli incentivi presenti in Provincia, ma ci sono anche oggi e non fanno la differenza». Sarebbe fondamentale allora capire cosa è successo dopo. «Sicuramente si tratta di una dinamica complessa – commenta Vitali – In cui hanno giocato un ruolo la crisi finanziaria e la precarizzazione della vita, ma c’è anche un altro fattore da considerare. L’Italia ha avuto il suo picco di natalità con la generazione dei baby boomer, ma poi quella generazione ha fatto meno figli rispetto a quanti erano loro. Quindi se si guarda alla popolazione fertile di oggi è più piccola di quella degli anni ‘60. Non è solo che si fanno meno figli, ma anche che ci sono meno potenziali madri e potenziali padri».
Puntare sui giovani
In questo contesto servirebbe ogni sforzo possibile per invertire la rotta e invece sembra stia accadendo il contrario. «Purtroppo nell’ultima finanziaria del governo Meloni pesa più quello che non c’è di quello che è presente e fa strano per un esecutivo che creato il ministero alla natalità». In particolare sono stati rimossi i contributi per i giovani all’acquisto della prima casa e non è stata approvata la proposta di un congedo parentale paritario per i papà. «Se si vuole rilanciare la natalità bisogna investire sui giovani – conclude Vitali – E questo significa sostenere il lavoro stabile e l’acquisto di una casa. Fattori importanti nella scelta di fare un figlio. Spesso invece le valutazioni sulla conciliazione e i sostegni si fanno più importanti quando una coppia valuta se fare un secondo figlio».