La storia

sabato 6 Gennaio, 2024

Alessia Floriani, la laurea (con lode) e il volontariato in Etiopia: «Senza acqua e elettricità, oggi sono cambiata»

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La giovane, 23 anni di Martignano, è stata ad Haro Wato, in una scuola dell’infanzia gestita dalle suore Comboniane

Dopo aver ottenuto una laurea magistrale con lode per cui ha faticato tanto, una vacanza e qualche mese di riposo sarebbero stati più che meritati. Non per Alessia Floriani, giovane di Martignano che a settembre, dopo essersi laureata in giurisprudenza, ha deciso di fare un mese di volontariato in Etiopia. Nel piccolo villaggio di Haro Wato, Alessia ha lavorato in una scuola dell’infanzia gestita dalle suore Comboniane, riscoprendo un modo di vivere profondamente diverso da quello a cui era abituata. «In realtà ero stata ad Haro Wato ancora quattro anni fa», racconta la giovane, 23 anni. «Fin da piccola ero affascinata dall’Africa e dal mondo delle missioni e così ho deciso di fare un’esperienza di volontariato, ospitata dalle suore Comboniane. Ad Haro Wato le religiose hanno una clinica e una scuola: io e un’altra volontaria siamo state lì tre settimane per imparare come funzionava la missione e per stare a stretto contatto con gli abitanti del villaggio. Questa seconda volta, invece, ho approfittato del periodo di pausa dagli studi per stare in Etiopia un mese e mezzo, sempre nello stesso villaggio».
Haro Wato è un piccolo centro abitato a circa dieci ore di distanza da Addis Abeba, dove mancano servizi come l’elettricità e l’acqua corrente. «Le persone vivono in capanne fatte di paglia e fango», spiega ancora Alessia.

«E uno dei mezzi di sopravvivenza principali è il kocho, una pianta che serve a fare i tetti delle case e da cui si ricava la farina per diversi tipi di pane. L’elettricità salta continuamente e non c’è nemmeno l’acqua corrente. Sul momento non mi soffermavo a pensare a quel poco che c’era. Tornata in Italia, mi sono resa conto di quanto sono cambiata e ancora mi stupisco di quanto diamo per scontate cose come la corrente o l’acqua. Se hai vissuto in un luogo dove non ci sono, pensi decisamente meglio a come usarle».
Grazie alla clinica e alla scuola, il lavoro educativo delle suore Comboniane procede su un doppio binario. «Da un lato educano le persone su questioni legate alla salute», aggiunge la trentina.

«Ad esempio, sull’igiene, i vaccini, la prevenzione dell’AIDS e il controllo delle gravidanze. Dall’altro, le suore fanno educazione scolastica vera e propria, dall’asilo fino alla terza media. Io, nei mesi scorsi, ho lavorato nella scuola dell’infanzia, con bambini dai 4 ai 6 anni. In Etiopia la scuola funziona in modo molto diverso: in Italia le attività didattiche sono affiancate al gioco, mentre lì si insegna a leggere, a scrivere e a fare piccoli conti già dall’asilo».

In Etiopia non si parlano lingue straniere. Il Paese, fortunatamente, è stato toccato solo dal colonialismo europeo, solo con la breve parentesi italiana, e così ha mantenuto un’identità molto forte. «La lingua ufficiale è l’amarico, ma ogni stato regionale ha la propria lingua locale», spiega ancora Alessia Floriani. «Ad Haro Wato si parla oromo, mentre a scuola vengono insegnati l’amarico e l’inglese. Nonostante questo, ho sempre trovato il modo di comunicare con gli abitanti. È qualcosa di molto significativo: fare volontariato in Etiopia mi ha fatto riflettere sul modo in cui mi relaziono con le persone che ho intorno, sul bene che mi fanno e su quello che posso fare a loro. Siamo tutte persone in rete tra loro e non possiamo fare finta di nulla».

Al suo ritorno in Italia, Alessia si è sentita arricchita di esperienze e ricordi. Tra questi, c’è anche quello di un’insegnante che, con il sostegno dei padri e delle suore comboniane, è riuscita a trovare la sua indipendenza. «Tra un po’ di oromo e un po’ inglese, una delle insegnanti della scuola mi ha parlato di sé», ricorda Alessia. «La sua famiglia le aveva proibito di studiare, ma con l’aiuto di un padre comboniano era riuscita comunque ad andare a scuola. Poi, grazie all’incoraggiamento di una suora, è diventata insegnante di oromo. Anni dopo, è stata lasciata dal marito per un’altra donna, ma grazie al suo lavoro può comunque mantenere i tre figli. Sono stata molto felice quando si è confidata con me».