ECONOMIA
lunedì 8 Gennaio, 2024
di Margherita Montanari
Dopo un lungo braccio di ferro con Agenzia delle Entrate, da un lato, e comparto alberghiero, dall’altro, Airbnb si adegua. E dal primo gennaio 2024 scatta il prelievo automatico della cedolare secca agli host che mettono in affitto sulla piattaforma camere e case per locazioni brevi. L’applicazione della ritenuta fiscale, fatta direttamente dalla società su ogni prenotazione, toccherà circa 4.500 proprietari o agenzie che in Trentino affittano i propri immobili.
Cosa cambia
«La ritenuta fiscale (cedolare secca) si applica all’importo lordo del compenso prima di dedurre l’Iva e i costi dell’host, nonché il compenso del co-host (se applicabile). Inoltre, saranno soggette a ritenuta fiscale anche eventuali spese di pulizia», spiega sulla piattaforma italiana Airbnb. Ogni affittuario, sulle entrate relative all’affitto, già prima pagava una cedolare secca al 21%, sostitutiva dell’Irpef. Adesso sarà Airbnb ad effettuare il prelievo direttamente sui guadagni degli host non professionisti derivanti da soggiorni brevi (fino a 30 notti).
L’aliquota al 26%
Il governo Meloni con la legge di bilancio 2024 ha aggiunto però un tassello per provare a spostare parte delle locazioni da quelle brevi a quelle più a lungo termine. La modifica prevede che si continui ad applicare la cedolare secca del 21% sul contribuente che mette in affitto su Airbnb una sola abitazione. Se le case sono da 2 a 4, però, per l’affittuario non professionista l’aliquota sale per ogni casa o stanza prenotata al 26%. La piattaforma americana applica il 21% indipendentemente dal numero di alloggi. Il restante 5% che tocca i proprietari più con più alloggi, quindi, deve essere contabilizzato a parte.
Toccati 4.500 trentini
Ma quanti in Trentino sono i diretti interessanti dalle novità entrate in vigore con il 2024? Secondo la piattaforma Inside Airbnb, sono 8.195 gli annunci pubblicati sulla piattaforma sul territorio provinciale. Fanno riferimento a circa 4.500 host che dagli immobili con locazioni brevi riescono a ricavare un giro d’affari di quasi 30 milioni all’anno.
Tra agenzie a tutti gli effetti che guadagnano anche 100 mila euro e persone che usano la piattaforma per arrotondare, incassando appena 3.000 euro l’anno (vedi «Il T» del 29 ottobre). Sono 3.146 i proprietari con un solo annuncio online. Ma oltre questo nucleo ce ne sono altri che ne affittano anche una decina ciascuno: altri 5.000 annunci, infatti, fanno capo a un numero inferiore di affittuari, che gestisce più immobili sulla piattaforma (non per forza dentro i confini provinciali). Spesso si tratta di vere e proprie agenzie, attività commerciali legate alla gestione di case vacanze di terzi. In Trentino l’agenzia più attiva affitta 106 tra appartamenti e case intere. Altre 8 ne gestiscono più di 50 a testa, e altre 20 gestiscono invece dai 20 ai 50 annunci ciascuna. Si può stimare quindi che siano in circa 1.500 gli host con annunci multipli che pagheranno ritenute fiscali fino al 26%. Per fare un esempio chi in un anno dall’affitto di un immobile su Airbnb guadagna 12.000 euro, oggi paga 2.520 euro di tasse.
Con il prelievo del 26%, il dovuto salirà a 3.120, circa 600 euro in più.
L’accordo con il fisco
La società americana che ha rivoluzionato il mondo delle locazioni, a metà dicembre ha trovato un accordo con l’Agenzia delle Entrate per il pagamento della cedolare secca. Il fisco chiedeva infatti il versamento di 500 milioni di euro di tasse non versate negli scorsi anni. E una sentenza del Consiglio di Stato del 24 ottobre che recepiva le indicazioni della Corte di giustizia dell’Unione Europea, ribadiva che i portali di prenotazione devono versare allo stato la cedolare secca. Airbnb pagherà sanzioni e arretrati per 576 milioni di euro. Le associazioni di categoria, in particolare Federalberghi, a lungo hanno puntato il dito contro la piattaforma per aver bypassato per anni il fisco e fatto concorrenza sleale al comparto ricettivo. Forse ora tirano un sospiro di sollievo.
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