L'intervento
lunedì 8 Gennaio, 2024
di Simone Casciano
La pressione sui reparti di pronto soccorso degli ospedali del Trentino non fa che crescere, facendo aumentare a sua volta il carico di lavoro su un personale che più volte ha lanciato l’allarme sullo stato di difficoltà in cui versa. Un circolo vizioso certificato recentemente anche dai dati pubblicati sul «T» di venerdì 5 gennaio. Nel 2023 gli accessi al pronto soccorso dell’ospedale Santa Chiara di Trento sono stati 91.474, cioè 4.495 in più dei quasi 87.000 del 2022, con un incremento del 5%. In pratica, si presentano per casi di emergenza 250 persone al giorno, invece delle 238 dell’anno precedente. Solo che i casi gravi, cioè con codice rosso o arancione, costituiscono il 18% del totale, mentre i codici bianchi, ovvero non urgenti, e verdi, cioè di urgenza minore, sono il 58%, più ancora del 56% del 2022.
Cultura e risposte
Secondo Daniel Pedrotti, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche del Trentino, il congestionamento dei pronto soccorso è «solo la punta di un iceberg molto complesso». È vero che c’è un problema di accessi impropri ma esso è dovuto a due fattori. Da una parte c’è sicuramente una dimensione culturale su cui si deve lavorare. «Bisogna diffondere la cultura appropriatezza – dice Pedrotti – Fare capire alle persone che ci si rivolge al pronto soccorso solo quando c’è un problema davvero urgente in termini clinici». Dall’altra però non si può non riconoscere che una parte di questi accessi impropri siano dovuto al fatto che, a volte, il cittadino con un problema sanitario, anche minimo, non sa a chi rivolgersi. «Come istituzioni va fatto un lavoro migliore per mettere le persone in condizione di sapere dove trovare risposta ai loro bisogni».
Due elementi e tre proposte
Da queste valutazioni scaturiscono i due elementi su cui secondo Pedrotti bisogna lavorare. Il primo è l’investimento quantitativo e qualitativo, in termini di retribuzioni ma anche di competenze, del personale. Nella consapevolezza che questo porta «ad una fidelizzazione dei lavoratori, fattore essenziale nel contesto attuale». Il secondo elemento invece è la medicina di territorio su cui Pedrotti presenta tre proposte che potrebbero diminuire gli accessi nei pronto soccorso «anche di più del 20%». Il primo punto è il potenziamento dell’assistenza territoriale, garantendo alta autonomia alle professioni sanitarie in un lavoro che parte da tre parole chiave: «Prevenzione, prossimità e iniziativa». In questo senso è «urgente» secondo Pedrotti, la messa a sistema della figura dell’infermiere di famiglia e comunità. Un punto di riferimento per il cittadino che dovrebbe lavorare in sinergia con i medici di medicina generale di zona. Il secondo punto, collegato al primo, prevede la possibilità per gli infermieri di prescrivere presidi e ausili sanitari. «Ci sono alcuni ambiti di assistenza, come incontinenza, mobilità e allettamento, dove ad oggi è necessaria la firma del medico di base affinché il paziente ottenga ausili come: pannoloni, catetere vescicale e tanto altro – spiega Pedrotti – Di fatto già adesso l’infermiere visita il paziente e fa la valutazione, ma poi serve la firma del medico perché possa ottenere gli ausili di cui ha bisogno. Essendo questi già ora ambiti di autonomia infermieristica, sarebbe opportuno dare anche agli infermieri la possibilità di prescrivere questi ausili. Da una questo parte formalizza l’autonomia infermieristica, pur sempre in raccordo e confronto con il medico, dall’altra accelera risposta al cittadino che ha bisogno urgente di questi ausili». Il terzo punto, strettamente legato con i pronto soccorso, riguarda gli ambulatori definiti «see&treat». Strutture, da realizzare dentro o vicino ai pronto soccorso, in cui andrebbero a operare medici e infermieri con formazione specifica. Ambulatori dove si potrebbero gestire urgenze minori codificate come abrasioni, piccole ferite e tanto altro, scaricando questa parte di lavoro dai pronto soccorso».
Trentino sperimentale
Queste misure non sono novità assolute. L’infermiere di famiglia e comunità è già stato attivato con successo in Toscana, Piemonte e Friuli riportando «risultati eccellenti: riduzione del 20% dei codici bianchi al pronto soccorso e del 10% del tasso di ospedalizzazione». La prescrizione infermieristica di presidi e ausili sanitari è stata già introdotta in Toscana. L’auspicio di Pedrotti è quindi che il Trentino torni ad essere terra di avanguardia e di sperimentazione in campo medico. «Proprio alla politica provinciale facciamo un appello: usiamo l’autonomia, attraverso la quale abbiamo l’opportunità di essere laboratorio di sperimentazione di innovazioni in grado di migliorare il nostro sistema sanitario mantenendolo efficace e efficiente per rispondere ai bisogni emergenti della popolazione, di distinguerci per buone pratiche e di investire sul capitale umano».