La svolta
mercoledì 10 Gennaio, 2024
di Redazione
Il processo sulla strage di Erba potrebbe presto riaprirsi. L’1 marzo prossimo, a più di 17 anni dalla strage dell’11 dicembre 2006, si torna in aula, davanti ai giudici della seconda sezione della corte d’appello di Brescia, per decidere se prendere in considerazione le nuove prove contenute nelle tre diverse richieste (poi riunite) di revisione del processo per il quale sono stati condannati all’ergastolo in via definitiva i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi.
Nella richiesta del procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser, modellata su quello della difesa degli imputati e sostenuta anche dai tutori dei coniugi Romano, vi è un lungo elenco di prove la cui ammissibilità sarà il primo punto da affrontare nell’udienza di marzo. Come in qualunque processo le parti dovranno prendere posizione sull’ammissione delle nuove prove su cui la difesa punta per ribaltare un processo che ha retto per ben tre gradi di giudizio. A rappresentare l’accusa sarà un procuratore generale di Brescia, mentre le parti civili – ossia i familiari delle vittime della strage – dovranno decidere se ricostituirsi. Sotto i colpi di spranga e coltello, morirono Raffaella Castagna, il figlio Youssef di soli 2 anni, la nonna del piccolo Paola Galli e una vicina di casa Valeria Cherubini accorsa vedendo le fiamme uscire dalla palazzina di via Diaz. Fu accoltellato, ma si salvò per una malformazione alla gola, il marito Mario Frigerio, testimone oculare della strage.
L’ammissibilità delle prove o meno sarà centrale per capire l’eventuale orientamento dei giudici, più nuove prove potrebbero essere ammesse più la corte potrebbe propendere per una decisione piuttosto che una conferma del verdetto.
Anche se i giudici non dovessero ammettere nessuna prova, si procederebbe con la conclusione della procura generale e delle difese, quindi la decisione dei giudici è di fatto un bivio: confermare o annullare la sentenza che tiene Olindo e Rosa dietro le sbarre rispettivamente di Opera e Bollate.
Nelle richieste di riapertura del processo si mettono in fila le «prove nuove», così come le «criticità ontologiche mai valutate», ma anche le «numerose e gravi criticità che hanno costellato l’intera indagine, le quali soprattutto alla luce dei profili di novità insite nelle ‘nuove prove’ gettano una luce di più di qualche ragionevole sospetto su come queste indagini – ha scritto Tarfusser – sono state condotte».
«Sono contento, è una grandissima soddisfazione professionale che mi ripaga di tutta una serie di ostacoli e angherie degli ultimi tempi. Sono contento perché vuol dire che evidentemente non ho sbagliato – ha affermato ieri Trafusser -. Più leggo gli atti e più ci credo, ora tocca alla corte di Brescia. Io sono professionalmente felice».
L'inchiesta
di Tommaso Di Giannantonio
L'incidente a San Martino di Castrozza, il padovano di 7 anni è ancora ricoverato all’ospedale Santa Chiara di Trento. Il piccolo era sul mezzo in uso alla Polizia insieme all’amico del papà