Ambiente

domenica 14 Gennaio, 2024

Transizione ecologica, Fernandez (Verdi): «Il regolamento comunale blocca l’installazione di impianti sostenibili»

di

I sistemi residenziali di riscaldamento sono responsabili dell’84% delle emissioni totali di polveri fini in atmosfera

Troppi inquinanti nell’aria stanno mettendo a rischio la salute dei cittadini e il principale colpevole si trova dentro casa. Gli impianti di riscaldamento residenziali sono la fonte primaria di emissione di particolato e contribuiscono per l’84% alle emissioni totali delle polveri fini Pm10 e per l’87% alle emissioni di polveri ultrafini Pm2,5.

Particolarmente critici sono gli impianti di riscaldamento alimentati a combustibili solidi e liquidi, come gasolio, olio combustibile, carbone e, in Trentino, soprattutto legna, il cui utilizzo in piccoli impianti domestici è molto diffuso.

La transizione a sistemi più sostenibili si fa dunque sempre più urgente.

Fra questi ci sono le pompe di calore e le caldaie a condensazione. Tuttavia per queste ultime, come rileva la recente mozione del consigliere comunale Andreas Fernandez, il regolamento edilizio vigente del Comune di Trento «non consente lo scarico a parete», previsto invece dalla normativa nazionale per i casi in cui «non è possibile lo scarico in copertura».

I limiti del regolamento
Nella mozione presentata da Fernandez si fa riferimento alle disposizioni che l’Unione europea sta varando alla luce degli accordi presi a Dubai durante la Cop28, che «limiteranno gli incentivi per le caldaie a condensazione», sottolineando come questo potrebbe rendere queste ultime «via via sempre più convenienti».

Ma nella pratica esiste, al momento, un ostacolo a livello di regolamento edilizio comunale. «La mozione nasce dalla richiesta di alcuni cittadini che hanno riscontrato un problema concreto — spiega il consigliere — ovvero non hanno la possibilità di installare un impianto termico a condensazione perché il regolamento non permette lo scarico in parete. Sono in contatto con un costruttore che mi ha confermato che in alcuni casi questa è l’unica via percorribile».

La motivazione alla base della mozione sarebbe, tuttavia, di più ampio respiro: «Vista la necessità di contrastare la crisi climatica con azioni contro lo spreco energetico, è importante tenere aggiornati i regolamenti, favorendo il passaggio a sistemi più efficienti alimentati da fonti rinnovabili».

Opzioni di installazione
Per ottenere lo scarico in copertura, laddove il camino non fosse già adatto all’installazione di caldaie a condensazione, «ci sono diverse opzioni», che richiedono però un investimento. Andrea De Zordo, viccepresidente Confidi Trentino Imprese e co-titolare di un’azienda di impianti di Cles, spiega come si può arrivare all’installazione con un «investimento contenuto»: «Si può trattare la canna fumaria in muratura con delle resine che la rendono impermeabile o incamiciarla, attraverso l’introduzione di una tubazione in plastica. In alternativa si può costruire un camino in rame o acciaio inox che sale in facciata per portare lo scarico in copertura».

Lo scarico in parete rappresenterebbe, invece, una strada da evitare: «Pur nella consapevolezza che scaricare in facciata risolverebbe certe problematiche impiantistiche, evitarlo significa evitare un abbrutimento dell’immobile e l’espulsione dei fumi delle combustioni non in quota che, se sono ad esempio al piano terra, possono causare fastidi al vicinato».

Il costo degli interventi per arrivare in copertura parte, ad esempio per un immobile di quattro piani, dai mille euro. «Nel caso di una riqualificazione dal costo di 100 mila euro questo intervento rappresenta il 5-10 per cento della spesa». Rispetto alle pompe di calore e alle caldaie a biomassa, quelle a condensazione «restano lo strumento più flessibile che permette la riqualificazione con il costo minore», conclude De Zordo.

La situazione in Trentino
Il rapporto provinciale sullo stato dell’ambiente del 2022 evidenzia che nel 2021 i livelli limite di ozono (O3) indicati dall’Organizzazione mondiale della sanità (e pari a 120 microgrammi per metro cubo) sono stati superati 41 volte nel capoluogo trentino, 61 a Riva del Garda e 102 sul Monte Gaza. Il valore obiettivo di superamento sarebbe invece fissato ad un massimo di 25 giorni.

Le ripercussioni sulla salute
L’Oms ha implementato un programma che permette di valutare gli effetti sulla salute a breve e lungo termine attribuibili a una determinata esposizione di inquinante (Pm10 o Pm2,5). In Trentino, la soglia di Pm10 per gli effetti a lungo termine è superata molto di frequente (nel 97% dei casi con riferimento alle concentrazioni massime giornaliere, nell’81% dei casi con riferimento alle concentrazioni medie giornaliere), mentre quella per gli effetti a breve termine è superata con bassa frequenza (nel 13% dei casi con riferimento alle concentrazioni massime giornaliere, nel 2% dei casi con riferimento alle concentrazioni medie giornaliere).

Si stima che un’esposizione a lungo termine a inquinamento da polveri fini e ultrafini sui sopraesposti livelli di concentrazione massima giornaliera registrati nel 2021 presso la stazione di Trento Parco Santa Chiara causerebbe tra gli adulti trentini 153 morti in un anno (circa il 4% della mortalità adulta), di cui 9 per cancro del polmone (5% della mortalità per cancro del polmone). Inoltre si aggiungerebbero 17 nuovi casi di cancro del polmone (6% dell’incidenza di cancro del polmone) e oltre 3.600 casi di bronchite cronica (17% dei casi totali). Nel breve termine, invece, le conseguenze comporterebbero annualmente 20 ricoveri per malattie respiratorie (0,35% dei ricoveri per cause respiratorie) e altrettanti per malattie cardiovascolari (0,17% dei ricoveri).