Appello alla giustizia

domenica 14 Gennaio, 2024

Fausto e Iaio, esposto del sindaco di Milano Sala: «Riaprite le indagini»

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Sono stati assassinati nel '78. Il primo, Fausto Tinelli, era di Trento. I dubbi dei giuristi

Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha presentato un esposto alla Procura per sollecitare la riapertura delle indagini sull’omicidio del trentino Fausto Tinelli e di Lorenzo Iannucci, conosciuti come Fausto e Iaio, i giovani uccisi a colpi di pistola il 18 marzo del 1978 nei pressi del centro sociale Leoncavallo. La richiesta del sindaco Sala arriva dopo che il Consiglio comunale aveva votato il 29 maggio scorso una mozione che chiedeva proprio all’amministrazione di «operare nei confronti della Procura della Repubblica di Milano, in segno di urgenza di giustizia, seppure a tanti anni dagli eventi, affinché si proceda alla riapertura delle indagini sulla morte di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci per dare loro, ai loro cari e alla città tutta quella giustizia e pace indispensabili per una vera memoria condivisa».
Nell’esposto, inviato ancora lo scorso 24 novembre al procuratore Marcello Viola (ma solo l’altra sera ne è stata data notizia in aula, dal consigliere del Pd Rosario Pantaleo), Sala afferma di dare seguito «alla volontà espressa dal Consiglio comunale di Milano» trasmettendo la mozione, «lasciando alla Sua valutazione l’eventuale verifica circa la sussistenza delle condizioni per una riapertura delle indagini». L’iniziativa del sindaco è stata commentata con soddisfazione dal fratello di Fausto, Bruno Tinelli, anche a nome dell’anziana madre (entrambi vivono a Milano): «Il nostro ringraziamento va in primis al consigliere Pantaleo, portavoce gentile e rispettoso di questa istanza, e poi a tutto il Consiglio comunale che ha votato la mozione all’unanimità e al sindaco Sala. In molti conoscono la verità, ora vogliamo giustizia e non ci stancheremo di continuare a esigerla: oggi siamo contenti e soddisfatti per questo passo, che speriamo possa portare a fare definitiva luce su quanto accaduto».
Fausto e Iaio erano entrambi diciannovenni e il primo era nato a Trento, dove è sepolto: solo negli ultimi anni la sua città ha iniziato a coltivarne la memoria e oggi, in via Madruzzo davanti al liceo scientifico «da Vinci», un grande murale realizzato dagli studenti rende omaggio a entrambi. Pochi mesi fa la vicenda era stata rievocata a Milano in una conferenza stampa dallo stesso Pantaleo e da Luca Bernardo (già candidato sindaco del centrodestra), promotori di quella mozione bipartisan, con un appello addirittura alla premier Giorgia Meloni (e al ministro della giustizia Carlo Nordio) affinché l’indagine venisse riaperta. Non è comunque affatto detto che la Procura decida di attivare una nuova inchiesta: servirebbero infatti nuovi elementi giudiziari, che neppure i legali dei familiari hanno mai formalmente prodotto.
Il giornalista e storico Saverio Ferrari, direttore dell’Osservatorio democratico sulle nuove destre e coautore del libro più completo sulla vicenda (L’assassinio di Fausto e Iaio, pubblicato da Red Star ancora nel 2018) assieme all’avvocato Luigi Mariani, per anni legale della famiglia Tinelli, è infatti scettico: «Quella di Sala mi sembra più che altro un’esortazione di valore politico, che porta autorevolezza a quella mozione, ma che purtroppo temo non avrà conseguenze pratiche – afferma – Pantaleo e Bernardo fecero quella conferenza stampa senza portare alcuna novità dal punto di vista investigativo. Parlarono della possibilità di utilizzare nuove tecnologie, ma mi chiedo: su quali corpi di reato, visto che le prime indagini furono approssimative?». Solo diversi giorni dopo il delitto, ad esempio, venne infatti ritrovato un berretto di lana insanguinato, ma il reperto poi scomparve in uno dei tanti passaggi di mano dell’inchiesta.
Dopo oltre ventidue anni di indagini passate attraverso le mani di otto magistrati, il caso venne archiviato il 6 dicembre del 2000 dal gip Clementina Forleo, «pur in presenza – scrisse – di significativi elementi indiziari». L’inchiesta riguardava Massimo Carminati, Mario Corsi e Claudio Bracci, neofascisti dei Nar. Le indagini erano partite dall’arresto il 24 luglio 1979 a Roma di Corsi, per la violenta aggressione ai danni di una coppia di giovani di sinistra. Perquisito e arrestato, Corsi fu trovato in possesso di fotografie realizzate ai funerali di Fausto e Iaio: immagini originali, non ritagli di giornale. E Corsi aveva spiegato la circostanza parlando di un omaggio da parte di un suo zio, che era effettivamente fotoreporter. Ma era apparsa una giustificazione labile, e anzi ulteriormente indiziante.
Sono addirittura una mezza dozzina gli ex terroristi di estrema destra che, come collaboratori di giustizia, nel corso degli anni hanno attribuito ai Nar la paternità di quel delitto. Mai però vi sono state precise chiamate in correità. Un altro pezzo grosso dell’eversione di destra come Pasquale Belsito disse di essere a conoscenza di elementi sulla morte di Fausto e Iaio, salvo poi chiudersi nel più assoluto mutismo. Assieme a Corsi erano poi stati indagati anche Claudio Bracci e il più celebre Massimo Carminati. E curiosamente mai nessuno di loro ha sporto querela nei confronti di chi più volte, anche recentemente, li ha accusati apertamente del delitto.