L'intervista

sabato 20 Gennaio, 2024

Genovesi (Ispra): «Orsi, ok a otto abbattimenti. Ma si rispettino i criteri, senza strumentalizzazioni»

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L'esperto spiega il senso dello studio e avverte: «Non vanno travisate finalità e risultati»

I dati sono neutri, la loro interpretazione no. Il nuovo disegno di legge della Provincia, che prevede l’abbattimento massimo di otto esemplari di orso l’anno, muove i suoi passi dallo studio condotto dall’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (Ispra) a maggio scorso sulla popolazione di orsi del Trentino. Uno studio di cui però «non vanno travisate finalità e risultati» specifica Piero Genovesi, responsabile fauna selvatica di Ispra.

Genovesi ci spiega i risultati a cui eravate giunti nello studio di Ispra?
«Lo studio è nato nell’ambito del tavolo tecnico sull’emergenza plantigradi istituito dal Ministero dopo le aggressioni in Trentino dello scorso anno. Ci era stato richiesto di stilare un rapporto che fornisse elementi utili per delineare strategie di intervento. In sostanza di fare un’analisi demografica che stabilisse quanti orsi fossero prelevabili in accordo con la direttiva habitat, ossia di non mettere a rischio la conservazione della specie. La nostra analisi indica che la popolazione di orsi trentini è in buona salute e in crescita e quindi che tassi anche relativamente elevati di rimozione sono compatibili con la sopravvivenza generale della specie. In questo modo siamo arrivati al numero di 8 esemplari, ma con degli importanti distinguo. Il primo è che non si possono prelevare più di due femmine adulte, e poi che va analizzato ulteriormente l’effetto di questi prelievi sulla salute generale della specie. C’è infine un terzo aspetto da ricordare».

Cioè?
«Che questo studio è stato realizzato sempre nell’ottica di capire quanti esemplari pericolosi sono prelevabili. Si muove dai risultati dello studio che avevamo fatto con il Muse nel 2021 e che analizzando il totale della popolazione di orsi trentini di quel momento, meno i cuccioli, era arrivato a quantificare in 22 gli esemplari pericolosi osservati su 147 plantigradi. In particolare 13 potenzialmente pericolosi, 5 ad alto rischio (Daniza, KJ2, JJ4, MJ5 e M57) e 4 dannosi. Quindi poco meno del 15% sono problematici e solo il 3,4% ad alto rischio. Lo studio dice che questi sono rimuovibili senza danneggiare la sopravvivenza della specie».

Non è quindi uno studio sul controllo della popolazione?
«Questo è uno studio che fornisce ai decisori un dato, al di sotto di quelle cifre non c’è rischio».

Rimozioni sempre nei limiti previsti dalle norme vigenti?
«Certo in primis la direttiva europea habitat che è la norma primaria».

C’è il rischio di banalizzare o strumentalizzare questo studio?
«È importante sottolineare scopo e limiti di questa ricerca che rispondeva a una domanda precisa: “Quanti esemplari pericolosi posso rimuovere?”. Estenderlo ad altri fini o travisarlo è tecnicamente criticabile».

Dallo studio emerge anche la delicatezza della conservazione?
«Certo, l’orso non è un cinghiale. Il rischio che la popolazione possa calare drasticamente è molto forte. Quindi questo studio va maneggiato con cautela, perché parliamo di una popolazione fragile, con un patrimonio di Dna limitato. Per questo abbiamo sottolineato che bisognerà monitorare gli effetti di ogni azione e che, se si vuole ragionare sul controllo della popolazione, è necessario verificare l’esattezza delle stime numeriche e la salute genetica».