Ambiente

domenica 21 Gennaio, 2024

Cambiamenti climatici: droni alleati per limitare i danni alle infrastrutture

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Aumento di piogge e temperature: ecco le misure per arginare gli effetti

Nuovi droni nel cielo del Trentino-Alto Adige potrebbero aiutarci a monitorare lo stato della vegetazione e a contenere i possibili danni infrastrutturali causati dai cambiamenti climatici. Questa una delle possibili misure di adattamento indicate dal «Report Climatico Trentino-Alto Adige 2023», elaborato dal Centro Studi per il Cambiamento Climatico di Ravenna, promosso da Greenway Group Srl e Ecogest Spa. Il rapporto tira le somme sui cambiamenti nei modelli di temperatura e precipitazione. Questi si riflettono in una significativa riduzione sia della durata della copertura nevosa sia dell’altezza media stagionale della neve e sulla riduzione dei ghiacciai. Nonostante gli sviluppi negativi, per i ricercatori il Trentino-Alto Adige ha, a livello nazionale, «tutte le caratteristiche per continuare ad essere regione pioniera nella lotta alle conseguenze del cambiamento climatico».
Il «caldo alpino»
Mentre cerchiamo di correre ai ripari la colonnina del termometro sale e lo fa in particolar modo nei paesaggi montuosi. Tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del ventunesimo, le temperature medie nelle Alpi sono aumentate di quasi 2 gradi, ovvero più del doppio di quanto osservato nell’intero emisfero settentrionale, dove sono aumentate di 0,8 gradi. Si tratta di un aumento, dunque, più marcato rispetto alla media globale che fa di queste aree montuose un hotspot del riscaldamento globale. Nell’era preindustriale (tra il 1850 e il 1899), anche la città di Trento ha registrato lo stesso incremento di temperatura. Ma è lo scorso secolo, con una tendenza più marcata negli ultimi 30-40 anni, ad aver dato inizio a quello che sembra un vero sprint verso la crisi climatica: il salto è stato di quasi 1 grado tra il trentennio 1961-1990 e il periodo più recente 1991-2020.
Precipitazioni in aumento
Sul fronte delle precipitazioni, gli ultimi 30 anni sono stati i più piovosi dal 1961, con un aumento della media annua tra il 5% e il 24%. In inverno si è registrato un leggero aumento delle precipitazioni medie, controbilanciato da una diminuzione in primavera. Cade più acqua e in meno giorni in estate, intervallati da lunghi periodi di siccità. Nella stagione autunnale, infine, le precipitazioni aumentano in quantità e frequenza, ma si accompagnano ad eventi estremi sempre più frequenti. In Trentino, le precipitazioni dipendono in larga misura dall’orografia: per gli eventi della durata massima di un’ora è stata osservata una riduzione del 10-20% per 1000 metri di altitudine, mentre si osserva un’intensificazione con l’altitudine, nel caso di eventi di durata superiore alle 8 ore.
Sempre meno neve
Più acqua non significa più neve. Ricordiamo ancora come all’inizio dell’inverno il fiume Adige abbia raggiunto la soglia di criticità portando all’apertura della galleria Adige-Garda: in alta quota le temperature erano troppo elevate perché l’acqua scendesse in stato nevoso e si fermasse lì. Per effetto dell’innalzamento delle temperature, infatti, gli ambienti montani in alta quota, in particolare sopra i 2.500 metri, stanno attraversando da tempo profondi mutamenti. La significativa riduzione delle nevicate negli ultimi decenni non è quindi dovuta solo alla diminuzione delle precipitazioni invernali. Nei ghiacciai del Trentino, gli effetti del riscaldamento sono stati riscontrati nelle masse glaciali per le quali si stima che negli ultimi due secoli la perdita sia stata di circa il 70%. La fronte del ghiacciaio della Marmolada, ad esempio, si è ritirata di circa 50 metri tra il 1930 e il 1980 e fino a 300 metri nei trent’anni successivi, per un arretramento totale della fronte rispetto alla Piccola Era Glaciale di 1,2 km in alcuni punti.
Inquinamento dell’aria
L’emissione di inquinanti atmosferici negli ultimi anni, grazie anche ai carburanti sempre più green, si è mantenuta nel complesso costante e perlopiù sotto le soglie limite indicate dalla normativa nazionale ed europea. I livelli costantemente monitorati sono quelli di: polveri fini Pm10 e ultrafini Pm2,5, biossido di azoto No2, biossido di zolfo, monossido di carbonio, ozono, benzene, metalli quali piombo, arsenico, cadmio e nichel. Ma l’inquinamento incide sui livelli limite di ozono (O3), pari a 120 microgrammi per metro cubo), che nel 2021 sono stati superati 41 volte nel capoluogo trentino, 61 a Riva del Garda e 102 sul Monte Gaza. Le concentrazioni aumentano in particolare nella stagione estiva, a causa degli elevati apporti di radiazione solare che ne promuove la formazione, soprattutto nelle aree non intensamente urbanizzate, come quelle di alta montagna.
Misure di adattamento
La fotografia dell’attuale situazione e le prospettive per il prossimo futuro non lasciano ben sperare. Il Centro Studi prevede incrementi sostanziosi nei valori medi delle temperature, che dovrebbero passare da una temperatura media, nel 2022, di 14,4 gradi a 15,2 gradi nel 2050, fino ad un picco di 18,8 entro la fine del secolo. Ma gli studiosi confidano nelle capacità della Regione di reagire con misure in grado di arginare gli effetti, in particolare sul sistema infrastrutturale, «aprendosi all’innovazione scientifica e tecnica». Un’area importante che richiede un intervento mirato, secondo i ricercatori, è quella della manutenzione delle strade. La direzione da intraprendere sarebbe quella di lavorare a delle infrastrutture stradali «resilienti al clima» e di adottare misure di adattamento, così come un piano di manutenzione adeguato alle nuove esigenze. Fra queste il report elenca: telematica del traffico (telecamere), stazioni meteorologiche, sensori di carico stradale e sistemi in grado di regolare il flusso del traffico per evitare la congestione. Nella prospettiva proposta, non saranno solo le auto ad essere «osservate speciali». Per salvaguardare le infrastrutture, sarà fondamentale anche «scegliere attentamente i nuovi impianti a verde», selezionando piante e alberi autoctoni e «monitorare la vegetazione in modo continuo», attraverso l’uso delle nuove tecnologie, come i droni e interventi di manutenzione razionalizzati.