lo studio

mercoledì 24 Gennaio, 2024

Le zone 30 riducono la mortalità: con la diminuzione della velocità, le vittime di incidente calano del 60%

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Con un’andatura accelerata diminuisce il campo visivo del guidatore

Sul tema delle zone a 30 chilometri orari in questi giorni si sono scritte e dette tante cose. Inevitabile quando un tema diventa il caso della settimana, specie sui social. Si è parlato dei possibili disagi per gli automobilisti, si è discusso degli effettivi benefici ecologici e si è arrivati addirittura a intrattenere dispute di diritto costituzionale, vista la decisione del ministro dei trasporti Salvini, sempre attento all’umore dei social, di intervenire su questioni che a detta dei sindaci competono ai singoli Comuni. Un aspetto è rimasto forse in secondo piano: quello della sicurezza.

Ed è un peccato perché lì i dati sono incontrovertibili, l’assioma lucido: minore è la velocità a cui viaggia un veicolo più bassa è anche la mortalità dell’impatto in caso di collisione con un pedone, un ciclista o un altro utente fragile della strada. Lo dimostrano molteplici studi come quello pubblicato dalla Canadian Association of Road Safety Professionals, associazione canadese dei professionisti della sicurezza stradale, e dalla Global alliance for road safety, alleanza globale per la sicurezza stradale. Entrambi gli studi si muovono dai dati raccolti sui sinistra stradali da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità e arrivano a conclusioni simili: esiste uno stretto legame tra velocità e mortalità nei sinistri. Il risultato è che secondo lo studio della Global alliance for road safety solo il 13% degli incidenti che si verificano tra un pedone e un veicolo che viaggia ai 30 chilometri orari risultano essere fatali. Un dato che sale al 40% quando i mezzi viaggiano a 50 chilometri orari e arriva al 73% di letalità ai 65 chilometri orari. Il motivo è presto detto più aumenta la velocità più diminuisce il campo visivo del guidatore, per cui lo spazio periferico di percezione si restringe, questo a sua volta causa un ritardo in caso si debba frenare

. Certo l’avvocato del diavolo a questo punto potrebbe dire che ad una minore velocità cala l’attenzione del guidatore ma la verità di fondo è che più si viaggia veloci più aumenta lo spazio di frenata richiesto per fermarsi. Se si viaggia a 30 chilometri orari bastano 14 metri per fermarsi, a 50 ne servono 26 a 65 almeno 44. Un insieme di fattori che, sommati, non fanno altro che rendere letali gli incidenti a velocità più elevate. Velocità che però, parlando di 50 o 65 chilometri orari, non sono del tutto escluse anche in zone centrali delle città dove la presenza di pedoni, ciclisti e altri utenti fragili della strada è tutt’altro che trascurabile. Sono anche questi i dati che il Comune di Trento tiene in considerazione all’interno del suo progetto sulle zone 30 di cui sta discutendo con le circoscrizioni. «I dati sulla sicurezza sono incontrovertibili e raccontano su questo fronte il successo delle zone 30 sia nel diminuire la gravità dei sinistri sia come misura preventiva – commenta il sindaco di Trento, Franco Ianeselli – Si parla spesso di sicurezza a Trento, credo sia evidente che la strada è una delle maggiori fonti di insicurezza». Anche questo è uno dei ragionamenti attorno al percorso delle zone 30. «Non imporremo niente a nessuno – precisa il sindaco – Sono in corso confronti con le circoscrizioni per capire quali sono le strade adatte a questa sperimentazione».

Quello che secondo il sindaco è inaccettabile è il non agire. «Anche l’anno scorso si sono verificati degli incidenti tragici sulle strade di Trento. Incidenti in cui il denominatore comune era la velocità. Come amministrazione e come comunità dovremmo dirci che il numero di vittime della strada che siamo disposti ad accettare è solo zero. Poi lo zero sarà irraggiungibile, ma dobbiamo comunque impegnarci per ridurli al massimo, non possiamo rassegnarci e pensare che sia normale che ogni anno due o tre persone perdano la vita per un incidente stradale».

È anche una questione di cultura, legata alle zone 30, ma non solo. «La zona 30 può diffondere una cultura della mobilità più lenta e rispettosa di tutti gli utenti della strada, ma non è l’unico fattore – conclude il sindaco – Penso sia sempre importante dare il giusto peso alle parole. Ricordo quando installammo i semafori intelligenti in via Brennero, ci fu chi parlò di “strage di patenti”, ecco bisognerebbe ricordarsi che la strage è un’altra. Quella causata dalla velocità e dalla distrazione alla guida».