La cerimonia
lunedì 5 Febbraio, 2024
di Paolo Morando
Poche lacrime, non gli sarebbero piaciute. Ma tanti ricordi, con rievocazioni che hanno strappato a tutti larghi sorrisi. C’era la musica che amava: da «Pale Blue Eyes» dei Velvet Underground ad accogliere gli amici nella sala del commiato (tantissimi, circa trecento persone) fino alla sua stessa voce, in una vecchia registrazione di un concerto con gli Ice Age. E una bella foto di lui con l’amata Barbara, sorridenti, a guardare tutti dall’alto.
L’addio laico a Stefano Bertoni, scomparso nei giorni scorsi per un brutto male, ieri al cimitero monumentale di Trento ha riunito tutti coloro che gli hanno voluto bene nelle sue diverse vite: musicisti, giornalisti, clienti affezionati del suo «Posto di Ste», tanti amici che si sono ritrovati accomunati dalle parole che Barbara ha voluto pronunciare, affidandosi a una poesia di Eugenio Montale: «Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale / e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. / Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio. / Il mio dura tuttora, né più mi occorrono / le coincidenze, le prenotazioni, / le trappole, gli scorni di chi crede / che la realtà sia quella che si vede. / Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio / non già perché con quattr’occhi forse si vede di più. / Con te le ho scese perché sapevo che di noi due / le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, / erano le tue».
C’era il sindaco Franco Ianeselli. E c’era la sua vice Elisabetta Bozzarelli, che lo scorso maggio aveva sposato Stefano e Barbara. Lo ha ricordato come un «amico della città», con la sua gentilezza e il suo sorriso, dal suo locale in via Malpaga che conduceva con «ostinata ricerca della perfezione» e che era un «porto sicuro» per tutti, anche per quei giovani giunti a Trento dal Sud del Mediterraneo e ai quali aveva offerto una seconda opportunità di vita: «Ti dobbiamo un infinito grazie, per come ci hai toccato dentro».
Paolo Piffer, amico giornalista (ma anche suo compagno di liceo al Da Vinci) ne ha ricordato un memorabile scoop, che aveva a che fare con Fellini. E dal racconto di tante ore passate in redazione all’Alto Adige, Andrea Selva ha estratto la «chicca» di Bertoni enciclopedia della musica, quando ancora Google e i social network non esistevano. Ma anche il suo gusto per la notizia: «E quanto si sono persi, i giornali, quando lui li ha lasciati».
Strepitoso poi il racconto di quel concerto a Chiusa di tanti anni fa, rievocato da Stefano Giordano («raramente nella vita qualcuno mi è restato così dentro»), che suonò con lui: all’ora stabilita sciorinarono l’intero repertorio ma in un locale completamente vuoto, solo alla fine arrivò il pubblico che riempì rapidamente la sala e così la band rifece tutto daccapo. Una nottata che si chiuse trionfalmente con Bertoni tenuto a spalle dal pubblico e fatto roteare ovunque, con lui a cantare impavido grazie a uno speciale microfono senza fili, allora una novità assoluta. Lo stesso Bertoni, ha aggiunto, «che da addetto stampa del Centro S. Chiara promuoveva spettacoli che poi sul giornale lui stesso stroncava».
Altri tempi, ben prima che Bertoni creasse «il Posto di Ste». Ed ecco quindi altri racconti di amici, come quella giornata in Emilia appena terminato il lockdown a caccia di salumi pregiati, con lui che voleva accendersi un sigaro nel furgoncino guidato dal fratello Sandro, «e un inesauribile dialogo tra loro degno di una sit-com, durato ore». Mentre il sociologo Antonio Schizzerotto ha sottolineato l’enorme passione e competenza che si era costruito da solo e che aveva poi trasfuso nel suo locale. «Non dimenticatevi di me», diceva Stefano nelle ultime settimane, alla moglie Barbara e agli amici. Ma certo sapeva di sbagliare.