sanità
martedì 13 Febbraio, 2024
di Davide Orsato
Nel reparto di pediatria del Santa Chiara di Trento ci sono dieci bambini ricoverati, altri quattro sono in terapia intensiva neonatale. Sono numeri da pieno picco, già visti nell’autunno del 2022. E che, rapportati alla popolazione del Trentino rendono l’idea di come l’epidemia abbia raggiunto un grandissimo numero di neonati. Si parla del virus «Rsv», ossia il virus respiratorio sinciziale, innocuo negli adulti ma temutissimo nei bambini appena nati, generalmente al di sotto dell’anno di età.
Il virus causa una forma di bronchiolite, che può portare a difficoltà respiratorie. Negli ultimi anni, il picco era stato raggiunto a fine autunno. Quest’anno, ed è questa la vera anomalia della stagione, l’ondata ha colpito a febbraio. «Siamo al massimo dei ricoveri in questa stagione — spiega Massimo Soffiati, direttore del dipartimento transmurale di pediatria dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari — ma i numeri, pur rilevanti per un territorio come il Trentino, sono in linea con gli altri anni. I casi di bronchiolite c’erano già stati nei mesi precedenti, dovuti, però, ad altri agenti patogeni, come i virus influenzali di tipo A e B oppure causati da rinovirus. Ora invece è in atto un’ondata di Rsv». Quando preoccuparsi? «I sintomi tipici — prosegue Soffiati — sono difficoltà respiratoria e inappetenza. le due cose vanno spesso insieme perché, facendo fatica a respirare, il neonato rifiuta l’allattamento. Non sempre è presente la febbre».
I ricoveri sono solo la punta dell’iceberg. Il primo punto di riferimento delle famiglie, nei casi i sintomi persistano, sono i pediatri di libera scelta. «Stiamo visitando molti pazienti in questi giorni — spiega Marta Betta, referente di Fimp, la federazione italiana pediatri per il Trentino — il pericolo, con questa malattia, sono gli effetti prolungati, come la disidratazione dovuta alla mancanza di allattamento. Non è una patologia da sottovalutare: per incidenza e problematiche che può portare è una sorta di “Covid dei bambini”».
Le terapie sono solo sintomatiche, ma c’è una speranza alle porte: si tratta di una terapia a base di anticorpi monoclonali, già approvata dall’Ema e in attesa di approvazione anche dall’Aifa. La sperimentazione è già in corso in alcuni paesi europei come la Spagna. «Il principio — aggiunge Betta — è quello della profilassi: gli anticorpi si somministrano ai neonati che saranno protetti in vista della stagione invernale». Non si tratta di un vaccino, in quanto non viene stimolata la produzione di anticorpi. La durata è solo temporanea, perché la memoria immunitaria, nei confronti di questo tipo di virus, si azzera nel lungo termine. Mano a mano che il neonato cresce, però, diventa poco più che un raffreddore.