la storia
domenica 3 Marzo, 2024
di Johnny Gretter
A Sano, città della prefettura giapponese di Tochigi, è il 12 aprile 2023. In una via che conta già un ristorante di ramen, un altro specializzato in tonkatsu, le cotolette tipiche giapponesi, e un panificio in stile francese, ha appena aperto un nuovo locale. Stavolta, la cucina è italiana, ma diversa dal solito: sul menù, accanto a piatti di pasta e gnocchi, fanno bella mostra specialità come canederli, strudel, e orzetto. Moltissime delle pietanze cucinate dallo chef Jun Sato, infatti, sono ispirate alla tradizione trentina. Sull’insegna del ristorante campeggia una scritta in italiano: «Osteria Morelli».
Per chi vive a Pergine questo nome non è nuovo. L’Osteria Storica Morelli, infatti, è una trattoria di Canezza, citata in importanti guide come Michelin e Gambero Rosso. Ed è anche un ristorante con una lunga storia alle spalle. Questa storia inizia con Cristiano Morelli, che nel 1751 aveva fondato un’azienda familiare basata sulla gestione di un mulino. L’impresa, nei decenni successivi, si è estesa sempre di più, prima con un’osteria e poi con un salumificio. In più di due secoli, la cucina dell’Osteria non si è mai fermata: quattordici anni fa è passata sotto la guida dello chef Fiorenzo Varesco, l’attuale titolare.
Quindi, cosa ci fa un’Osteria Morelli anche in Giappone? «Fino al 2019 ho lavorato alla “Italcook” di Jesi, una scuola di cucina pensata per allievi internazionali», racconta Varesco. «I corsi di Italcook erano dedicati alle diverse cucine regionali italiane, e io rappresentavo la cucina trentina». Nei suoi anni di insegnamento, lo chef ha avuto come apprendisti numerosi aspiranti cuochi provenienti dal tutto il mondo: dal Canada, dalla Norvegia e persino dal Giappone. Uno di loro è lo chef Ryuta Sasaki, che oggi lavora all’Osteria Selvaggina di Tokyo, ristorante che può vantare una stella Michelin.
Tra gli allievi venuti dal Giappone c’era anche Jun Sato. «Ho conosciuto Jun nel 2013, quando studiava alla Italcook assieme alla sua futura moglie, Yu Uemura», continua Varesco. «Dopo aver concluso le lezioni, gli studenti dovevano scegliere la regione in cui fare il proprio stage di cucina. Inizialmente, Jun aveva scelto l’Emilia-Romagna ma durante il periodo natalizio il ristorante dove faceva il suo apprendistato aveva chiuso. Così, durante questo periodo di chiusura, ha chiesto di lavorare temporaneamente nella mia osteria. L’anno successivo, si è iscritto di nuovo a Italcook apposta per fare lo stage con me. Anche adesso, ogni volta che si trova in Italia, trova il tempo per passare a trovarci: lo ha fatto anche in viaggio di nozze».
Avere così tanti apprendisti sparsi per il mondo è fonte di orgoglio per Varesco. «Ho mantenuto i rapporti con tutti loro», aggiunge ancora lo chef. «Solitamente, io non tengo i miei allievi chiusi in cucina: li porto nelle salumerie e nei caseifici con cui collaboro, per insegnargli l’amore verso le materie prime. E ho visto che molti di loro seguono ancora i miei consigli, a cui aggiungono il loro tocco personale: nella cucina trentina non ci sono ricette codificate, sono sempre diverse di famiglia in famiglia, e ogni cuoco le applica secondo le proprie esigenze e la propria fantasia. È una cucina che fornisce delle ottime basi su cui gli chef possono poi lavorare».
Dall’altra parte del mondo, Jun Sato ricorda con gioia il suo apprendistato a Canezza. «Quando mi sono iscritto a Italcook e ho cominciato il mio stage all’Osteria Morelli volevo imparare piatti tipici come quelli a base di carne, funghi e simili», racconta. «Poi ho cominciato a interessarmi anche alla storia del Trentino-Alto Adige. L’incontro con Fiorenzo è stato molto importante per me. Non mi ha insegnato solo a cucinare: mi ha fatto fare tante esperienze e conoscere tantissimi luoghi diversi, ristoranti, montagne, e città trentine».
Nonostante la cucina del Trentino non sia particolarmente conosciuta in Giappone, i piatti di Sato riscuotono un certo successo tra i suoi clienti. «A molti giapponesi piace la cucina italiana», spiega Sato. «La cucina trentina non è ancora famosa, ma i clienti mi fanno sempre i complimenti dopo aver mangiato i nostri piatti. Penso che la cucina trentina faccia una buona impressione sui giapponesi. D’ora in poi, con la mia osteria, vorrei far conoscere il fascino del Trentino a molte altre persone. Alcuni clienti mi chiedono cosa significa il nome del ristorante: io glielo spiego e faccio vedere le foto che ho scattato in Trentino. Allora mi dicono che è un bel posto, soprattutto per le montagne».