Il convegno

mercoledì 20 Marzo, 2024

In Trentino aumentano le famiglie in difficoltà «L’11,4% dei bimbi vive in povertà»

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Marchesi Cnca: «Ormai emerge che l’essere bambini è un fattore di rischio. Una situazione migliore rispetto ad altri territori ma pesante»

«L’11,4% dei bambini trentini vive in povertà relativa». Michelangelo Marchesi del Cnca ed ex assessore del comune di Trento apre gli occhi a tutti parlando di una realtà che non sembrava riguardare il Trentino: «È un dato preoccupante anche se meno di quello di molte altre zone d’Italia, ma pur sempre la fotografia di una situazione pesante. Vuol dire che in Trentino le famiglie con figlie sono più esposte al rischio povertà rispetto alle altre». Soglia di povertà. Stato di povertà. Sembrano parole che non appartengono alla nostra epoca, parole lontane, parole dei nostri nonni. In realtà non è proprio così. Nel 2022, secondo l’Istat, 2,18 milioni di famiglie italiane vivevano in condizione di povertà assoluta, ben l’8,3% del totale. Un numero importante e preoccupante. In crescita a partire dal 2008, come è stato spiegato al convegno. Prima la crisi economica dei subprime, poi le altre crisi intermittenti, poi il covid e infine la guerra. Tutti fattori che hanno aumentato la povertà in Italia. Ad influenzare ancora di più questi dati ci sono le sensazioni e le percezioni dei cittadini, che non vanno trascurate. Ieri, martedì 19 marzo, per la giornata mondiale del servizio sociale, presso la facoltà di Sociologia di Trento, è stato organizzato un incontro il cui tema era la povertà. All’incontro è intervenuto anche l’assessore alle politiche sociali Mario Tonina:«Denatalità e invecchiamento della popolazione sono i temi cardine su cui il sistema del welfare trentino è al lavoro, con l’obiettivo di dare risposta alle esigenze delle persone che vivono situazioni di povertà. Sulla base della conoscenza dei bisogni reali delle diverse realtà sociali, la Provincia differenzia le proprie risposte, prestando attenzione alla dignità dei singoli. L’assistenzialismo, in ogni caso, non è la giusta risposta: l’obiettivo è infatti quello di far evolvere le persone che vivono situazioni di fragilità». All’incontro è stato riproposto il documentario «Inchiesta parlamentare sulla miseria» del 1953. Basandosi sulla visione (fatta in precedenza) di questo documento storico gli studenti del corso di laurea in Servizio sociale dell’Università di Trento hanno svolto alcuni studi e ricerche il cui tema era appunto la povertà. In uno di questi è stato notato come la povertà possa inficiare sul benessere delle persone. «Il benessere ad oggi non è più solo fisico, ma anche mentale». Un benessere che ad oggi sembra difficile da raggiungere, soprattutto se si parte da una situazione economica svantaggiata. Gli studenti di un primo gruppo hanno intervistato tre persone: una ragazza con il morbo di Crohn, una malattia cronica caratterizzata da un’infiammazione dell’intestino, un uomo malato di tumore e un’assistente sociale che si occupa di anziani. «Abbiamo notato come ci sia un senso di sfiducia -commentano i ragazzi- soprattutto quando le persone si recavano in ospedale per avere delle risposte ma non ottenevano nulla». Nel primo caso, la ragazza è stata operata ben otto volte, cinque a Trento e tre a Bologna. All’inizio i medici non riuscivano a capire cosa avesse, questo non ha fatto altro che aumentare la sua sfiducia verso il servizio sanitario. «Una domanda che ci siamo posti è se il benessere globale può venir meno -continuano gli studenti- Ci siamo accorti come per cercare di curarsi meglio una delle problematiche evidenti sia lo spostamento». Spostamento che ha un suo peso economico importante, e che quindi può essere un problema per chi vive sotto la soglia di povertà o semplicemente per chi ha difficoltà economiche. «Di trasporti per le cure, da uno dei nostri intervistati, sono stati spesi circa 1.600 euro, mentre per le visite private circa 1.500». Visite a pagamento che vengono preferite da una buona parte dei cittadini, non per una maggior fiducia nelle strutture private, ma bensì per una maggiore celerità. «L’assistente sociale ci ha confermato come effettivamente chi è avvantaggiato economicamente è anche avvantaggiato nella salute». Il livello economico diventa così un pass di salute, se ho i soldi posso permettermi le cure migliori, se no devo aspettare mesi, se non anni. Un benessere che si misura sul grado di povertà, e che taglia fuori chi non può “togliersi lo sfizio” di pagarsi una visita.
Anche i giovani però diventano centro di questo incontro, un altro gruppo ha notato come la sfiducia in questa società da parte dei giovani sia molto elevata. Non è solo una questione di mancanza di lavoro ma una questione di mancanza di opportunità. «Il contesto italiano non riesce a dare alle nuove generazioni, le stesse opportunità che ha dato alle vecchie».
Situazioni diverse ma analoghe a quelle del primo dopo guerra, dove la povertà colpiva ben l’11,8% della popolazione italiana, di cui il 2% in Trentino-Alto Adige. Un primo dopoguerra da cui, grazie ai documentari Luce, possiamo imparare.