L'intervista
venerdì 22 Marzo, 2024
di Sara Alouani
Chiunque abbia guardato la serie televisiva «Bangla», disponibile su RaiPlay, si sarà chiesto «Ma è veramente così?». Un ragazzo bengalese, Phaim, deve confrontarsi con una doppia identità, quella bengalese e quella italiana, con non poche difficoltà nel consumare l’amore che prova per Asia, la sua fidanzata romana. Così, Nusrat Jahan Khan (Nitu), classe 1988, nata in Bangladesh ma cresciuta a Trento, ci spiega gli equilibri che le seconde generazioni devono trovare e ristabilire, anche quando si tratta di sessualità.
Quanto ha inciso la religione nella vita in Trentino? Ha dovuto scendere a compromessi? Ci sono state rinunce?
«Non è stato difficile tranne la parte del velo, perché è un elemento che salta all’occhio; infatti, dopo anni ho deciso di toglierlo. Per quanto riguarda il resto, cerco di incastrare tutto al meglio, per esempio se c’è la festa di Aid chiedo il giorno libero al lavoro».
Nella sua adolescenza ci sono state delle limitazioni, ad esempio, andare alle feste o consumare alcolici?
«Non sono mai stata una ragazza che ama seguire lo stile di vita delle giovani italiane. Ho valori diversi, quindi non ho mai sentito l’esigenza di fare feste. Anzi, mia madre è più moderna di me. Era lei che spesso mi spronava ad uscire, andare in discoteca con le mie coetanee ma a me non andava. Preferivo stare con le mie cugine e nella mia comunità».
Ha mai avuto dei fidanzatini o delle amicizie speciali che i suoi genitori non hanno approvato?
«Ho avuto alcuni fidanzatini e mia mamma sapeva tutto. Ho anche frequentato ragazzi italiani ma avevo alcuni limiti, proprio come Phaim della serie televisiva “Bangla”. Per questo mi lasciavano, perché non potevo andare oltre. Sono scelte di vita e ritengo siano importanti».
Suo papà che ruolo ha avuto?
«Mio papà sapeva e mi lasciava scegliere da sola, così come lasciava scegliere i miei fratelli. Ci ha insegnato ad essere liberi, poiché sarà Allah a giudicarci. Mio fratello, ad esempio, è molto diverso da me. Lui ha uno stile di vita più vicino al canone medio occidentale, preferirebbe convivere che sposarsi e si beve tranquillamente la sua birretta. Io sono molto religiosa e non voglio vivere nel peccato. Credo alla vita ultraterrena e temo il giudizio di Allah».
Chi l’ha accompagnata nel primo approccio alla sessualità?
«Per prime furono le mie cugine a toccare questo discorso delicato. Ma ho potuto confrontarmi anche con mia mamma e con mio papà, sono persone molto aperte e con loro ho un rapporto libero ed amichevole».
Si ricorda di aver seguito dei corsi di educazione sessuale a scuola?
«Sì, in terza media. Fu uno dei primi progetti in questo senso».
Trova utile l’educazione di genere?
«Sì, molto».
Perché?
«I giovani devono iniziare a scoprire e, purtroppo, non tutti i genitori sono aperti come i miei. Ho visto alcune situazioni a scuola in cui mamme pakistane non volevano che i loro bambini approcciassero questo argomento e io, in qualità di educatrice, ho dovuto intervenire per spiegare l’importanza di questo percorso dicendo: “Non vorrete mai trovare le vostre figlie incinta o i vostri figli giovani padri”. Informare è importantissimo, è un discorso delicato ma che va affrontato in qualche modo».
Alla fine, ha sposato un bengalese come lei. Era una scelta ovvia?
«Sì, volevo scegliere una persona vicina alla mia mentalità. Lui mi è piaciuto subito, perché è molto praticante. Ci siamo conosciuti a Trento, lui frequentava l’università in città. Mi sono trovata subito bene. Siamo rimasti fidanzati per tre anni e poi, finiti gli studi, ci siamo sposati».
Come è stato questo fidanzamento?
«La prima volta l’ho invitato a casa a pranzo e cena per farlo conoscere alla mia famiglia».
Poi uscivate insieme, facevate delle attività?
«A dire il vero stavamo più in famiglia che da soli. Io preferivo così, fino al giorno del matrimonio, perché mi sentivo più sicura. Sai, lo Shaytan (diavolo, ndr) sta sempre sulle nostre spalle (ride, ndr)».
Lei ha due figli di sette e nove anni, come pensa di rapportarsi con loro?
«Vorrei essere libera come hanno fatto i miei genitori con me. Vorrei che si confidassero con me anche se hanno una cotta per qualcuno. Se mi parlano e mi raccontano significa che si fidano di me e questo mi rasserena».
Userà la via religiosa?
«Non solo. Vorrei poter spiegare loro la sessualità in modo semplice, in modo che capiscano bene. Darò loro le istruzioni necessarie e loro saranno liberi di scegliere. Voglio che arrivino a capire da soli cosa devono fare ed eviteranno di andare a dormire dalla fidanzatina o dal fidanzatino senza dovermelo chiedere (ride, ndr)».
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