Sanità
giovedì 4 Aprile, 2024
di Davide Orsato
Niente da fare, continua la «maledizione» per i punti nascita di Cles e Cavalese. Perfino l’ultimo bando, datato lo scorso 11 dicembre per una figura specializzata in ostetricia e ginecologia è andato deserto. O meglio, una domanda, una sola, è arrivata, da parte di una medica cinquantenne che ora lavora in Calabria. Poi, però, ci ha ripensato. All’ultimo momento ha fatto sapere che non si sarebbe presentata al colloquio, previsto per lo scorso 26 marzo. All’Apss non resterà che rifare il bando, l’ennesimo.
Insomma, resta sempre difficile trovare medici per garantire il funzionamento dei due punti nascita «di valle» che la politica trentina vuole mantenere per garantire un servizio di prossimità (e che ha una forte dimensione identitaria), nonostante i numeri, sempre più esigui di parti. Sono ormai stabilmente meno di 200 all’anno all’ospedale delle valli del Noce (192 nel 2023) e meno di 150 a Cavalese (137 nel 2023). Numeri che potrebbero pesare molto anche sull’«attrattività» della posizione. «È difficile — sottolinea Paola Demagri, consigliera provinciale do CasaAutonomia e, di professione, infermiera caposala — che un giovane medico possa essere attratto da una posizione del genere. Mentre chi ha più esperienza può avere accesso, a maggior ragione, in strutture che reputa più interessanti. Alternativamente, c’è da chiedersi cosa abbia fatto finora». Le fa eco il collega Michele Malfer, consigliere per Campobase, che da tempo segue le sorti dell’ospedale di Cavalese: «A fronte di un posto sicuro, un altro abbandono: evidentemente la sanità trentina non è così attrattiva», afferma.
In assenza di nuovi ingressi, gli ospedali del Noce e dell’Avisio dovranno continuare ad affidarsi ai medici gettonisti. È risaputo, infatti, che i due punti nascite sono quelli che, assieme ai pronto soccorso, fanno maggiormente ricorso a queste figure. Sono circa un centinaio quelli che operano in Trentino per una spesa che pesa sulla sanità provinciale per circa due milioni e mezzo ogni anno.
Una cifra ben maggiore, si stima, rispetto a quanto si pagherebbe un medico «strutturato».
Un turno da dodici ore di uno specialista può costare fino a 1.300 euro. E un gettonista può, in casi limite portare a casa fino a diecimila euro al mese sostituendo i colleghi a Cles e a Cavalese. Con dinamiche che rendono difficili anche i rapporti interni: «A Natale, Pasqua, lavorano sempre gli interni — sottolinea Demagri — i gettonisti, invece, si scelgono i turni che più gradiscono». Anche a luglio 2023 era andato deserto un bando analogo: tre i candidati, due non avevano superato la prova scritta, l’unico superstite, come in questo caso, non si è presentato al colloquio.