l'inchiesta
giovedì 18 Aprile, 2024
di Simone Casciano
Quasi trecento, tante le persone che hanno testimoniato di essere state vittime di molestie per strada a Trento negli ultimi 12 mesi, 294 per la precisione, ma probabilmente il dato totale è anche più grande. I dati arrivano dal lavoro di ricerca fatto da Michele Balbinot, studente dell’Università di Trento, per la sua tesi di laurea in Giurisprudenza. «Volevo analizzare un fenomeno, quello delle molestie di strada, che da 50 anni ha un nome preciso, “street harassment”, ma che raramente viene studiato in una specifica città, tracciando il fenomeno e immaginando soluzioni di prevenzione specifica». I dati sono stati raccolti attraverso un questionario diffuso attraverso l’affissione di cartelli in varie zone della città, «centro storico, parchi urbani e università». Hanno risposto in 489 persone, si tratta evidentemente di un campione da prendere con le pinze, caratterizzato dal fatto che circa il 70% dei rispondenti era donna e sempre il 70% faceva parte della fascia d’età 18-29, sono però i numeri assoluti a far capire quanto il fenomeno sia presente e problematico. «Trento ha un problema di molestie di strada – spiega Balbinot – Ma come ce l’hanno tutte le città. Questo perché si tratta di spazi urbani costruiti dagli uomini per gli uomini e che diventano territori ostili per le donne che li vivono e li attraversano».
Il numero delle molestie
Come scritto sono 294 le persone che hanno denunciato nel questionario di essere state vittime di molestie per strada negli ultimi 12 mesi. «Ho ristretto il campo all’ultimo anno in modo che chi rispondeva avesse ancora vivo il ricordo del fatto» spiega Balbinot. Nello specifico di questi 258 sono donne, il 71% di quelle che hanno risposto al questionario. 127 hanno tra i 18 e i 23 anni, altre 116 tra i 24 e i 29.
Dai fischi alle violenze fisiche
Il tipo di molestia subita è molto variegata.Più di 200 donne hanno raccontato di aver subito fischi, colpi di clacson, sguardi sessualmente allusivi, gesti o richiami (catcalling) e eccessiva vicinanza. Più di 150 poi sono state vittima di volgarità rivolte nei loro confronti o hanno visto macchine rallentare o accostare mentre stavano tornando da sole a casa. 85 donne hanno denunciato tocchi subiti senza consenso, 50 quelle che hanno raccontato di essere state seguite mentre tornavano a casa. 13 sono state vittime dell’esposizione di genitali e in 12 case il molestatore ha fatto esplicita richiesta di prestazioni sessuali. Molestatori di cui l’indagine fornisce un identikit preciso: alla risposta sul genere dell’autore delle molestie la risposta, nel 99% dei casi ossia 292 risposte, è: «Uomo».
I luoghi dello street harassment
La ricerca ha prodotto anche una mappa delle molestie per strada. «Nel questionario era chiesto di indicare i luoghi, indicati genericamente come parchi, piazze o altro, in cui si era verificata la molestia – spiega Balbinot – Ma lasciava anche spazio alle risposte aperte». Così se le risposte generiche individuano nel centro storico una zona problematica, le risposte aperte hanno portato a una mappa più precisa del fenomeno. «Sicuramente il centro storico è un’area problematica». Poi ci sono i parchi, in particolare quello delle Albere, la ciclabile lungo l’Adige, il sottopasso che da via Rosmini passando per il cimitero porta alle Albere, Corso III Novembre, Piazza Santa Maria Maggiore e la zona tra la stazione dei treni e quella delle corriere. «Si tratta di aree che hanno almeno una di due caratteristiche che favoriscono il fenomeno – spiega Balbinot – Ossia un alto afflusso di persone e una scarsa illuminazione, tenuto conto che la maggior parte delle molestie avviene tra la sera e la notte. Queste due caratteristiche favoriscono un’alta anonimità, che è un requisito importante per la criminalità in generale e lo è ancora di più nel caso di molestie per cui possono bastare pochi secondi».
Prevenzione e ricerca
Se il fenomeno è problematico, fondamentali sono le soluzioni. «Nella tesi analizzo tre tipologie di misure di prevenzione: giuridiche, educative e di design urbano». Le prime sono le più classiche, ma competono al legislatore «e per la prevenzione fanno poco». L’educazione è la strada ritenuta più importante da chi ha risposto al questionario: il 71% ritiene sia molto importante promuovere programmi di educazione per la cittadinanza. «È sicuramente la misura più efficace, non solo per agire sulle molestie in sé, ma più in generale sull’idea di rispetto tra i generi e di contrasto agli stereotipi. Un’educazione che dovrebbe iniziare a scuola, continuare all’università e anche sul posto di lavoro». Infine ci sono gli interventi di design urbano. «Si tratta di forme di prevenzione situazionale, che non agiscono sul criminale, ma sul crimine e la sua opportunità. Si tratta di azioni come illuminare la città, renderla più viva durante la notte, riducendo così l’anonimità». Infine secondo Balbinot serve più ricerca: «Questi fenomeni vanno studiati nella loro dimensione specifica. Così si possono individuare strumenti di contrasto efficaci».