Tribunale
sabato 20 Aprile, 2024
di Benedetta Centin
«Non ero al corrente delle difficoltà di Sara Pedri, non ho avuto sentore dei suoi disagi, se non quando ha fatto pervenire una richiesta di malattia. Allora, sentita al telefono e compresi i suoi problemi, le avevo detto che l’avremmo aiutata, anche se avesse voluto tornare a Cles. Ricevetti poi una sua mail in cui mi ringraziava per quanto fatto e insegnato. E che si fosse licenziata l’ho scoperto solo dopo la sua scomparsa». Sarebbe questo, in sintesi, quanto Saverio Tateo, ex primario di ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento, ha riferito nel corso dell’esame fiume sostenuto ieri, per otto lunghe ore, in tribunale a Trento, a porte chiuse, rispondendo alle domande dei suoi avvocati Salvatore Scuto e Nicola Stolfi davanti al giudice Marco Tamburrino. Il camice bianco deve difendersi dall’accusa di maltrattamenti in reparto (tre le parti civili che sollecitano 1,2 milioni di danni totali anche la mamma della ginecologa Sara Pedri, scomparsa tre anni fa nella zona del lago Giustina), in concorso con la sua vice Liliana Mereu, già interrogata per ore nella scorsa udienza, un mese fa. Entrambi hanno chiesto di essere processati con rito abbreviato, che consente lo sconto di un terzo in caso di condanna.
L’organizzazione in reparto
Tateo, nel corso dell’esame fiume richiesto dai suoi legali, si è difeso su tutta la linea, punto su punto: fornendo spiegazioni, chiarimenti, su ogni singola contestazione riportata nella ventina di pagine di capo di imputazione, ripercorrendo tutta la vicenda fin dal suo arrivo al Santa Chiara, nel 2010, alla riorganizzazione del lavoro attuata nell’unità operativa, facendo diventare a suo dire quel reparto d’eccellenza. Raccontando – a quanto trapela – che non aveva avuto subito consapevolezza di quelle «fazioni» che si erano create contro di lui ingenerando malumori: parte (una minima parte) di personale del reparto che non avrebbe accettato il suo modo di gestire e organizzare il reparto e che avrebbero avuto mire di avanzamento di carriera non realizzate. E anche quando ci fu chi presentò una lettera di lamentele all’azienda sanitaria lui aveva voluto sapere chi fossero i firmatari. Per capire.
Tateo si è anche soffermato appunto anche sulla ginecologa forlivese. E allora si è fatto vedere emozionato. Prima di rispondere alla domanda su Sara Pedri è rimasto per qualche istante in silenzio, gli occhi lucidi. «Ho sempre cercato di assecondare le sue professionalità. Avevamo anche avuto un colloquio e al telefono, quando si trovava in malattia a casa, a Forlì, l’avevo incoraggiata ad andare avanti, assicurandole che l’avremmo aiutata. E lei poi mi ringraziò in una mail quando decide di ritornare a lavorare a Cles» in sintesi quanto riferito in aula dall’ex primario. E, ancora: «Appresi della sua scomparsa la sera dello stesso giorno, rimasi in attesa di capire..». Un lungo interrogatorio, finito alle 18, che proseguirà ancora nel corso della prossima udienza, tra dieci giorni, quando dovrebbe esserci anche il contro esame della Procura. «Non posso entrare nel merito ma tutto ciò che è stato riferito era assolutamente prevedibile» il commento, al termine dell’udienza, di Andrea de Bertolini che assiste alcune delle parti civili.
Battaglia sull’indennità
Rimane aperto ancora il capitolo della causa di lavoro, dell’indennità risarcitoria per mancato guadagno. Ed è battaglia: il conto presentato dalla difesa di Tateo è di più di 270mila euro. Cifra che lievita a quasi 298mila lordi in considerazione degli importi relativi alle poco più di tre mensilità e mezzo maturate dal medico in Francia. Diversi i conteggi presentati dall’Apss: la cifra lorda è di poco più di 156mila euro.