la crisi
sabato 3 Dicembre, 2022
di Alessio Kaisermann & Stefano Frigo
No, così proprio no. Quel dito in alto che il Presidente del Trento Mauro Giacca, giovedì sera, ha rivolto verso la curva sud del Briamasco assume più di un significato. Cominciamo dall’interpretarlo come un gesto che esprime tutta la delusione di Giacca per ciò che non doveva essere e invece, purtroppo, è: lo sconforto per una squadra che doveva essere in ben altre posizioni di classifica – almeno secondo quelli che erano i progetti in via Sanseverino – ed invece si ritrova a due punti dall’ultima della classe con sole 3 vittorie, 4 pareggi e 9 sconfitte. Esprime, però, anche il rammarico di un uomo che ci sta mettendo anima e cuore (soprattutto) e portafoglio (immaginiamo) pur di riuscire a vedere il Trento ai più alti livelli che il nostro calcio riesce ad esprimere mentre, invece, è costretto prima a scendere in strada per placare la rabbia di una tifoseria ritrovata (finalmente) ma arrabbiata e poi che si sente in dovere di andare sotto la curva, a fine gara, tentando di convincere gli ultrà ad applaudire gli aquilotti nonostante l’andazzo non sia esattamente quello da standing ovation. Bravo «Pres», tanto cuore per te ma non basta e soprattutto non serve. Perché quel dito alzato, si diceva in apertura, assume anche il significato di dire «no» a chi l’ha costruita, questa squadra. Mister Lorenzo D’Anna, al quale è stata data piena fiducia – per non dire carta bianca – troppo precipitosamente. L’organico è stato costruito secondo le indicazioni dell’ex Chievo – fermo da quattro anni e tutt’altro che esperto di serie C – con il direttore sportivo Attilio Gementi mero esecutore. Se D’Anna ha voluto mettere insieme un puzzle troppo tecnico, per nulla fisico, dall’età media indubbiamente alta e con qualche profilo che da tempo si porta dietro problemi fisici estremamente limitanti come la pubalgia (vedi Cittadino), il grosso errore dell’ex ds è stato quello di non salutare la compagnia ma accettare tutto troppo passivamente. Il tutto senza considerare che tecnico e ds nemmeno si parlavano. Anche a loro è rivolto quel «no» con il dito di giovedì sera. C’è, poi, un ulteriore e ultimo significato da mettere in evidenza. Chi ha dato estrema fiducia a chi ha costruito la rosa? Chi ha scelto di scommettere ancora su di loro nonostante una salvezza conquistata in extremis passando per le forche caudine dei play out avendo la meglio di una Giana Erminio tutt’altro che irresistibile? Mauro Giacca, appunto, e il resto del cda che lo ha seguito nelle scelte. Ecco, quindi. Quel dito alzato a dire «no», con ogni probabilità, può essere rivolto anche al patron di questo Trento. No alle scelte fatte, spesso, con troppo cuore e affetto; scelte fatte da tifoso e non da presidente. Ma può essere una colpa? Evidentemente in casi come nel calcio sì e soprattutto quando vengono reiterate negli anni: errare è umano, perseverare è diabolico recita il famoso aforisma. Per fare calcio tra i professionisti, forse, si dovrebbe puntare ad avere un po’ meno cuore e un po’ più di spirito imprenditoriale. E lui, Giacca, che imprenditore lo è a tutto tondo siamo certi non affiderebbe mai la sua azienda a chi gli sta semplicemente simpatico. Andrebbe a cercare quella professionalità vera e certificata indispensabile per raggiungere risultati. Ecco, la speranza di chi ha i colori gialloblù nel cuore è che il nuovo ds, Giorgio Zamuner, venga lasciato lavorare in pace senza interferenze, invasioni di campo e scavalchi vari. Di altri Garcia Tena (unico giocare presentato la scorsa estate durate il mercato di rafforzamento) e Bertaso nessuno ne sente il bisogno.