chico forti
venerdì 17 Maggio, 2024
di Benedetta Centin e Tommaso di Giannantonio
Chico Forti potrebbe tornare in Italia entro due o tre settimane. Lo riferisce una fonte vicina al 65enne trentino. Come anticipato su il T di ieri, il detenuto è stato trasferito dal carcere di Miami all’Agenzia statunitense per l’immigrazione, quindi da un istituto statale a una struttura federale. Si tratta dell’ultimo passaggio prima del rientro in Italia. «La procedura sta andando avanti, non rimane che aspettare che venga completata», dichiara l’avvocato della famiglia Forti, Carlo Dalla Vedova, legale storico di Amanda Knox.
L’annuncio e poi l’udienza
La mamma, Maria, 96 anni compiuti, lo sta aspettando da più di vent’anni nella sua casa di Cristo Re. L’ex imprenditore televisivo e campione di windsurf di Trento è detenuto da 24 anni nelle carceri della Florida. Condannato all’ergastolo per l’omicidio di Dale Pike, avvenuto il 15 febbraio del 1998, Chico si è sempre professato innocente. La sua storia ha lasciato il segno e ha generato un movimento di attivisti intorno alla sua liberazione, o comunque al suo rientro in Italia.
Il 2 marzo scorso la premier Giorgia Meloni, dopo un incontro a Washington con il presidente statunitense Joe Biden, aveva annunciato la firma dell’autorizzazione al trasferimento di Chico in Italia. A seguire, il 17 aprile, la Corte d’Appello di Trento aveva riconosciuto la sentenza di condanna emessa dai giudici americani nei confronti del 65enne.
L’uscita dal carcere di Miami
Si arriva così a mercoledì scorso, quando è stata replicata la stessa udienza in una Corte federale degli Stati Uniti. Chico ha accettato e sottoscritto i documenti inerenti le condizioni del trasferimento. In sostanza ha siglato l’accordo con il giudice federale per scontare il resto della pena in Italia. Da due giorni, quindi, il 65enne non è più ristretto in un carcere dello Stato della Florida, a Miami, ma è passato sotto la custodia federale. È trattenuto in una struttura dell’Agenzia statunitense per l’immigrazione, sempre a Miami.
Il possibile volo a Washington
Quali sono i prossimi passaggi? Adesso inizia la fase prevista dalla Convenzione di Strasburgo sul trasferimento delle persone condannate. La pratica passa alla capitale degli Usa. Washington dovrà recepire il dispositivo, lo stesso firmato due giorni fa da Chico. La procedura prevede il trasferimento in un carcere di Washington, e da lì si organizzerà il rimpatrio in un carcere italiano.
Potrebbe esserci anche un’altra strada, meno rituale. Se si volessero accorciare i tempi, infatti, si potrebbe far partire il 65enne direttamente da Miami.
Le tempistiche del rientro
I tempi appunto. Quali saranno? Secondo una fonte vicino al 65enne potrebbero bastare due o tre settimane. Altre fonti, più vicine al dossier, fanno notare che la media di attesa per il trasferimento dopo la conversione della sentenza da parte dell’Italia si attesta sui quattro o cinque mesi.
L’avvocato cauto
Il legale della famiglia si mantiene cauto. «La procedura sta andando avanti, non rimane che aspettare venga completata — spiega l’avvocato dei Forti, Carlo Dalla Vedova — Una volta che è stata recepita la sentenza Usa, passata in giudicato, dalla Corte d’appello di Trento, è stato emesso l’ordine di esecuzione. Ora è tutto in mano alle autorità statunitensi. Stiamo tutti lavorando, attendiamo che la procedura si completi. Tempi? Non mi sbilancio».
La storia di Enrico «Chico»
La storia di Enrico «Chico» Forti prese una piega drammatica il 16 febbraio del 1998. Quel giorno un surfista ritrovò, in un boschetto vicino a Miami, il cadavere dell’australiano Dale Pike, 42enne, ucciso con due colpi di pistola alla nuca e denudato. Pike era arrivato in Florida il giorno prima proprio per incontrare Forti che, dopo averlo accolto all’aeroporto, gli aveva dato un passaggio in auto fino al parcheggio di un ristorante a Key Biscayne, dove lo aveva lasciato intorno alle 19. Pike sarebbe dovuto rimanere in zona, in compagnia di alcuni amici, in attesa che Chico Forti e suo padre, in quel momento a New York, finalizzassero la vendita all’italiano di un albergo a Ibiza. Fu invece ucciso lì vicino in un intervallo di tempo tra le 20 e le 22, quindi poco dopo l’incontro con Forti, che verso le 20 era comunque tornato nella zona dell’aeroporto di Fort Lauderdale di Miami. Tre giorni dopo il ritrovamento del corpo, Forti fu convocato dalla polizia come persona informata dei fatti.
L’arringa finale del processo si tenne il 15 giugno del 2000. Un monologo per l’accusa, con la difesa impossibilitata a replicare. Questo perché gli avvocati di Forti consigliarono al loro assistito di non testimoniare, ma così facendo rinunciarono alla possibilità di avere l’ultima parola e lasciando campo libero all’accusa che poté raccontare la propria ricostruzione alla giuria senza la possibilità di essere smentita. Un aspetto che familiari e amici hanno sempre ritenuto determinante nella condanna all’ergastolo poi comminata dalla giuria e dal giudice.