Caso Forti
domenica 19 Maggio, 2024
di Benedetta Centin
Gianni Forti se l’era ripromesso: «Costi quel che costi io Chico lo devo riportare a casa». E ci è riuscito. «Ho sacrificato una parte della mia vita — racconta — prendendo un aereo per gli Usa almeno una cinquantina di volte dal 1998, (l’ultima nel 2018)» per incontrare il nipote detenuto, anche solo per pochi minuti. «Bussando a tutte le porte possibili nel corso dei dodici governi che si sono susseguiti». Facendo «da avvocato di strada, da papà, da ufficio stampa..». Andando avanti «pur senza certezza, anche quando sembrava impossibile centrare l’obiettivo». Un grande sforzo «che — riferisce l’ottantenne di Trento — tornassi indietro riaffronterei, perché ne è valsa la pena: ci siamo riusciti». E ora sfoggia il suo più bel sorriso. Si mostra disteso. Sereno. Il sole dopo tanti giorni di dannata tempesta.
Gianni, è la fine di un incubo?
«Proprio così, un incubo che ci ha travolti tutti, che ha sconvolto la nostra vita, eppure non ci siamo mai arresi davanti a questa terribile situazione. Abbiamo continuato a sostenere la causa di Chico, a portarla avanti in sua vece, a dargli la voce e tutto l’appoggio necessario».
Una battaglia lunga 24 anni…
«Ventiquattro anni di carcere per Chico, io ci sarei morto dopo un mese in quella situazione. Chi non la vive non la può capire, non è come nelle carceri italiane. Lui è stato senz’altro un grande maestro di resistenza. E proprio la sua tenacia, la sua forza di volontà, ci hanno spronato, ci hanno dato la linfa per continuare la battaglia al suo fianco e in suo nome. E per riportarlo finalmente a casa. Ci è voluto un quarto di secolo, è passata una generazione, i suoi figli erano appena nati e ora sono grandi e laureati, ma ce l’abbiamo fatta, eccome. Siamo stati premiati per lo sforzo fatto, ribadisco quello di Chico in primis».
Un traguardo agognato e ora raggiunto…
«È stato un grande sospiro di sollievo quando ho saputo che Chico era in volo per all’aeroporto di Pratica di Mare. Questo è un giorno speciale, di gioia, di soddisfazione, per la famiglia, per gli amici storici, per tutti coloro che si sono attivati per Chico. Siamo tutti contentissimi».
Una vittoria per nulla scontata…
«È stata una battaglia quasi punica, anzi una guerra punica. Siamo riusciti a centrare l’obiettivo che ci eravamo prefissati e per cui ci siamo quasi immolati. Tutto il lavoro fatto, i tanti sacrifici, ci hanno dato soddisfazione: finalmente abbiamo riportato in Italia Chico, quello che tantissime volte ci sembrava fosse impossibile. Perché non sono mancati i momenti di sconforto, capitava di perdere le speranze».
Lei è sempre stato in prima linea…
«Chico per me più che un nipote è sempre stato un amico. Un grande amico. E io un amico non lo abbandonerò mai. Credo molto nel nostro legame. Ha subito una grandissima ingiustizia e mi ero ripromesso, costi quel che costi, che lo avrei riportato in Italia. Ora che ci siamo riusciti posso riposarmi, è stata una guerra stancante, iniziata quando ero giovane, ora sono arrivato nella quarta età, ma ho fatto bene a insistere».
Ora per Chico inizia un nuovo capitolo.
«Proprio così. In questi giorni ci ha fatto sapere: “Grazie a tutti, mi state ridando l’ultima parte della mia esistenza”. La prima l’ha vissuta alla grande, la seconda è stato seppellito sotto cumulo di macerie. Ora, e ne sono convinto visto quanto è determinato e testone, avrà la forza e la voglia di ricominciare, di riprendersi in mano la sua vita. Lo farà anche per sua madre, i suoi figli, i suoi amici che non lo hanno mai lasciato solo».
Cosa dirà a suo nipote quando potrà rivederlo?
«Cosa gli farò piuttosto. Una pedata sugli stinchi non gliela risparmio di certo. Ma capirà, io e lui siamo simili per carattere, per senso di ironia, amanti entrambi dell’avventura».
Chico non vede l’ora di riabbracciare la madre di 96 anni (Maria Loner ndr) e l’avvocato ha fatto istanza perché possa visitarla.
«Anche per lei è un sogno che si avvera, sarebbe quello di tutte le mamme. Ha resistito per arrivare a rivedere Chico. Mio fratello Aldo invece è ci morto di crepacuore nel 2001, dopo la condanna all’ergastolo. Maria aveva 80 anni quando, era il 2008, ha visto suo figlio l’ultima volta, volata negli Usa con me e la mia compagna per far visita a Chico. Sono passati 16 anni da allora. Era convinta che non lo avrebbe più incontrato di persona (i due si sentono al telefono ndr) ma ora si è resa conto che potrà succedere ancora».
Il merito, lei lo ha sempre evidenziato, è della premier Meloni.
«La presidente e il suo governo hanno fatto un lavoro immenso. Annunciando il rientro quando le cose erano a posto. La premier riuscita ad ottenere quello che gli altri hanno tentato. Io Meloni l’avevo conosciuta cinque anni fa circa e nel tempo l’ho incontrata diverse volte. Ancora quando non si immaginava che sarebbe arrivata a Palazzo Chigi si era espressa a favore della causa di Chico, che ha anche nominato uomo coraggio dell’anno. E, parlano i fatti, ha mantenuto la parola data, riuscendo ad ottenere quello che per tanti anni abbiamo inseguito, un accordo non facile. Ora che Chico ha rimesso piede in Italia il percorso è in discesa».