L'intervista
giovedì 30 Maggio, 2024
di Ottilia Morandelli
Tre camionisti morti in un giorno, tre vittime che si aggiungono ai nove decessi degli scorsi mesi a causa del lavoro. Una situazione tragica, che porta con sé rabbia e impotenza. Una soluzione però deve esserci. Per cercare di capire questo trend in crescita, ne abbiamo parlato con Dario Uber, direttore unità operativa prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (Uopsal).
Dodici morti in Trentino nei primi cinque mesi del 2024, come siamo arrivati a questa situazione?
«Non vengono rispettate le leggi, si tralascia spesso la loro importanza. Nonostante tutta la vigilanza che abbiamo fatto negli ultimi anni sui cantieri e l’aumentato dei controlli di più del 20%, l’andamento infortunistico non viene contenuto in maniera efficacie».
Le leggi sono importanti ma serve altro. Cosa ad esempio?
«Servono programmi e prevenzione, che è quello che stiamo facendo ora. C’è un piano di prevenzione nazionale e provinciale che ci fa lavorare in un’ottica di supporto per le aziende. Le aiuta a capire come funzionano i macchinari e come devono essere messi in sicurezza».
Quindi vigilanza accompagnata da assistenza e formazione.
«Assolutamente, si deve aumentare la percezione della cultura della sicurezza. Questo è un termine inflazionato, se ne parla ogni giorno ma non sembra chiaro, serve consapevolezza dell’importanza delle norme di prevenzione».
I controlli però non arrivano ovunque.
«Ovviamente, c’è da parte dei lavoratori e dei datori di lavoro una responsabilità personale. Se non entra nel mio dna il motivo per cui mi devo proteggere, che può essere banalmente anche mettersi solo la cintura in macchina, non si risolveranno mai le cose. I numeri parlano di disattenzioni ma anche mancato rispetto delle norme».
Si riferisce ad alcuni incidenti mortali recenti?
«Sì, anche. Alcuni infortuni mortali recenti dimostrano che spesso c’è scarsa consapevolezza delle norme di sicurezza. Continuo a ripetere che serve un’opera di sensibilizzazione a tutti i i livelli. Le informazioni devono essere rese efficaci e fruibili. Il mondo del lavoro poi è sempre più popolato da persone che provengono dall’estero, in questo caso ci sono anche problemi di lingua. Come facciamo a sapere che la formazione viene fatta nel modo giusto?»
Servono più corsi di formazioni quindi.
«Senz’altro. A livello nazionale si stanno portando comunque avanti delle campagne in questo senso. Vorrei essere chiaro però. Il numero registrato quest’anno non è così preoccupante rispetto al passato, è vero che sono eventi tragici ma bisogna anche dire come stanno davvero le cose. Non abbiamo avuto 12 infortuni mortali in ambito lavorativo, ma ne abbiamo avuti invece cinque. I dodici sono quelli indennizzati dall’Inail ma che contengono anche quelli in itinere e quelli stradali. Sulla strada noi dell’Uopsal non abbiamo competenza».
I morti quindi sono stati cinque in ambito lavorativo e produttivo?
«Sì, l’andamento non è comunque confortante, siamo a metà anno e se il trend è questo non è assolutamente positivo. Gli infortuni colpiscono per lo più il mondo della agricoltura e dell’edilizia».
Nel 2023 invece, Inail ne registra 11.
«Anche questo dato deve essere rivisto. Lo scorso anno abbiamo avuto solo un infortunio mortale di questa tipologia. Quest’anno il numero è più elevato. Diciamo anche che di questi 5 ci sono due casi che sono attribuiti a figure professionali sulle quali è difficile incidere. Ad esempio il camionista morto a Scurelle, era proprietario del proprio mezzo, quindi direttamente responsabile di quello che faceva. Chi lavora in proprio è responsabile della attrezzatura che usa e di come. In quel caso il cassone del camion era stato modificato dallo stesso autista in maniera non conforme alle norme».
Manca consapevolezza della sicurezza?
«Non c’è proprio. Io penso che ormai sia necessario non soffermarsi più sull’evento infortunistico in generale, o sull’incidente mortale. Sono da considerare anche la malattie professionali, che vengono dimenticate, meno appetibili alla cronaca. Le segnalazioni in questo senso stanno aumentando moltissimo, gli infortuni non mortali sono percepiti in maniera meno drammatica, ma ci sono molte persone che muoiono a causa di malattie professionali. Non dobbiamo dimenticarle».
Le operazioni
di Redazione
A 2400 metri, portati dall'elicottero dei vigili del fuoco, operatori del Soccorso alpino di tutto il Trentino e finanzieri del Soccorso alpino. Oltre 140 le persone coinvolte oggi nelle operazioni. Ricerche al momento sospese