Successi
domenica 2 Giugno, 2024
di Emanuele Paccher
Ventisette anni, 96 chili, 1.88 metri di altezza: è questo l’identikit di Igor Rampelotto, neo campione mondiale di Qwan Ki Do, un’arte marziale che mescola stili cinesi e vietnamiti, combattimento a mani nude e con armi. Le gare che si sono tenute a Marrakech il 26 e il 27 aprile, infatti, hanno visto vincere una coppia italiana formata dal valsuganotto Igor Rampelotto e dal lombardo Diego Mandriano nella categoria combattimento. Non solo: Rampelotto, assieme a Massimiliano Perletti, ha trionfato anche nella categoria interarmi. «Le gare in Marocco sono andate veramente bene: si è visto il frutto dei vari anni di allenamento», dichiara il giovane di Torcegno. «L’agitazione era tanta. Per me era il primo mondiale. Quando si va a rappresentare la propria Nazione, con il tricolore sulle spalle, l’agitazione sale. I mondiali sono la massima competizione a cui un atleta può ambire. Mi porterò dietro un grande bagaglio di esperienze e dei bellissimi ricordi».
La passione il Qwan Ki Do gli è stata trasmessa dal padre Giovanni, atleta e istruttore del Club Tang Lang di Borgo e Torcegno. Igor ricorda così quel periodo: «Sono sempre andato in palestra fin da quando ho memoria. Ho iniziato con questa disciplina fin da subito». Negli anni sono state la tenacia e la costanza a farla da padrona. «Il mio primo combattimento l’ho svolto quando avevo nove anni», racconta l’atleta. «Prima di allora i bambini non possono fare combattimenti, ma possono solo gareggiare nella tecnica (cioé, si valuta di una “forma” eseguita di fronte a una giuria composta da cinque istruttori, ndr). All’inizio comunque i risultati erano quelli che erano, pensavo soprattutto a stare insieme e a divertirmi». Con il passare del tempo la tecnica si affinava e i risultati cominciarono ad arrivare, anche grazie a una costanza e a una dedizione fuori dal comune. «Con i bambini ho vinto qualche gara regionale e ho ottenuto qualche piazzamento nazionale. Con la categoria juniores ho implementato i risultati», prosegue Rampelotto. «Da quando sono diventato adulto ho avuto belle soddisfazioni, anche a livello europeo». Risale a quel periodo la proposta di rappresentare la nazionale italiana nella disciplina: «A 18 anni la nazionale mi ha selezionato per la specialità interarmi. È stata una cosa inaspettata: un reclutatore mi aveva visto agli stage e, in base a come maneggiavo l’arma, mi ha selezionato. Io ho chiaramente risposto subito».
Da lì la qualità degli allenamenti è migliorata ancora. Oggi si allena due sere alla settimana, per molte ore: dalle 17.30 alle 18.30 aiuta il maestro nell’allenamento dei bambini poi, dalle 19 fino alle 22 e a volte anche oltre, si allena con il gruppo degli adulti. Ogni due o tre weekend al mese, inoltre, si addestra a Milano con i coach della nazionale.
Il grande salto c’è stato nel 2018, quando Rampelotto ha vinto gli europei di combattimento a Gandia. Nel 2022, invece, è diventato vicecampione europeo nelle gare di Vigevano. Nell’aprile di quest’anno, infine, campione mondiale nelle discipline del combattimento e interarmi. Di questa gara Rampelotto ricorda: «Nel combattimento normale erano presenti 17-18 squadre rappresentanti 16 Stati differenti. In tutto c’erano 400 atleti. Nel combattimento interarmi, invece, eravamo 6-7 squadre, anche qui di tutto il mondo. Tutte le competizioni si sono svolte a coppie». Inizialmente l’adrenalina era tanta. «Essendo la mia prima partecipazione, sono partito che sudavo molto. Ma l’agitazione c’è stata più che altro al primo incontro. Rotto il ghiaccio il resto è stato in discesa. Piano piano ho preso coscienza di dove sarei potuto arrivare. Quando ci hanno comunicato che eravamo in finale, l’adrenalina è risalita e l’agitazione è andata al massimo. Anche perché, come diciamo sempre, il secondo è il primo dei perdenti». E Rampelotto secondo non ci è arrivato, salendo sul gradino più alto del podio.
Ora che ha raggiunto questo obiettivo, la testa va già al futuro. «A ottobre ci sarà l’europeo a Francoforte. Spero di fare bene e di confermare quello che ho portato via dal Marocco. Nel 2026 ci sarà poi il prossimo mondiale: spero di essere nuovamente selezionato per rappresentare i colori azzurri e di fare bene».
Tanti anni di allenamento e tante soddisfazioni dal punto di vista agonistico. I più grandi risultati ottenuti, tuttavia, sono altri: «Il Qwan Ki Do è la mia seconda pelle», conclude il campione. «Ho iniziato da bambino e non avendo mai mollato ho raggiunto dei begli obiettivi e soddisfazioni. Ma il Qwan Ki Do non è soltanto il tirare quattro pugni e quattro calci, e neppure l’aver vinto una medaglia. Quella rimane a prendere la polvere. Ciò che è veramente importante è ciò che hai vissuto, che hai condiviso con le persone. Le cose importanti sono quelle che ti porti nel cuore».