L'intervista
lunedì 3 Giugno, 2024
di Donatello Baldo
La situazione è tragica ma non seria, o viceversa. Comunque la si veda, il governatore Fugatti condivide le preoccupazioni espresse ieri su questo giornale dal direttore generale di Confindustria Roberto Busato, dalla presidente di Consolida Francesca Gennai, dal segretario generale della Cgil del Trentino Andrea Grosselli e dal presidente dell’Agenzia del Lavoro Riccardo Salomone: in Trentino i salati sono bassi e questo è un problema per la crescita economica.
Il tema è stato posto, e la sua giunta ha convocato tutti al tavolo per affrontarlo.
«Abbiamo iniziato un lavoro di approfondimento, di concerto con le parti sociali, con il mondo economico e sindacale. Si comincia ad analizzare i dati».
Dati che dimostrano, sui salari, che il Trentino è il fanalino di coda del Nordest, e che è persino sotto la media nazionale.
«Ecco, c’è qualche verità, è vero. Dai numeri analizzati esce questo, anche se va tenuto conto del contesto».
Quello trentino? Ma non è che il gap salariale dipende da scelte sbagliate fatte nel passato?
«No, non credo. Dipende dal nostro sistema economico, da noi non ci sono le grandi imprese del Nordest, ma più piccole. E in più abbiamo un turismo stagionale, che porta con sé un lavoro temporaneo. Non è colpa di nessuno, è così».
Ma si deve cambiare rotta, così dicono le parti sociali.
«Ci sono due aspetti su cui ci si dovrà concentrarsi. Da una parte nascono meno figli, e questo è un tema. Un tema che ha forse radici di tipo culturale ma che incide sull’economia perché è una regola economica che se ci sono meno persone i consumi calano. E poi incide anche sulla mancanza di forza lavoro».
Il direttore dell’Agenzia del Lavoro Salomone dice che la forza lavoro viene anche dai migranti. Per lei, governatore leghista, i migranti possono essere considerati «risorse»?
«Quelli che vengono qui per lavorare, per formarsi, per rimanere. Ma se l’immigrazione è quella delle porte aperte per tutti, come può essere una risorsa? E in ogni caso, sono consapevole che se non ci fosse l’immigrazione saremmo in difficoltà, non abbiamo il velo sugli occhi. Ma non si può fare un ragionamento aritmetico dicendo che se mancano mille nuovi nati, questi si sostituiscono con mille immigrati, questo è un discorso ideologico».
Oltre il contrasto della denatalità, qual è l’alto aspetto di cui parlava?
«Dell’attrattività. Dobbiamo rendere il Trentino più attrattivo. Per i nostri giovani, che non debbano ascoltare le sirene che li richiamano altrove per forza, che possano stare bene anche qui, per rimanere qui, per mettere su famiglia qui. Ma si devono attrarre anche i non trentini, gli studenti, i lavoratori che arrivano da fuori, facendo in modo che anche loro decidano di fermarsi».
Per diventare consumatori, per diventare contribuenti, perché sono le tasse pagate in Trentino che garantiscono al Trentino la sussistenza. Ma per convincere i giovani a fermarsi qui devono aumentare i salari, ma come?
«Ognuno deve prendersi le proprie responsabilità e fare quello di sua competenza. Noi, come Provincia, siamo stati i primi a chiudere i rinnovi contrattuali del 2022-2024, i primi in Italia. Anche se sappiamo che questo non è sufficiente».
Le imprese dicono che se le aziende aumentano la produttività, di conseguenza aumentano anche i salari.
«Non c’è dubbio».
Dicono però che troppo spesso si preferisce dare soldi a pioggia al turismo invece di premiare chi punta sulla produttività. Portano anche dei dati, che evidenziano come il turismo, a differenza di manifatturiero e servizi, nella produttività arretra. E così i salari rimangono bassi.
«In Trentino non c’è solo il turismo, il sistema economico si poggia su più settori. E anche sul turismo gli incentivi sono sulla qualità, come il «Bando qualità» per il rinnovo degli ambenti di alberghi e ristoranti. Con quell’incentivo abbiamo movimentato 250 milioni, e non è poco. Risorse di cui hanno beneficiato anche artigianato e commercio, perché tutto è connesso».
Ma cosa può fare la Provincia per spingere affinché il turismo aumenti i salari? Il problema sembra sia lì.
«La Provincia non può certo pagare i salari del turismo. E anche entrare nel rapporto tra imprese e sindacati, nella dialettica sui contratti, sarebbe illiberale. E questa giunta non è illiberale».
Presidente, è partito dicendo che la situazione è preoccupante. Anche per la tenuta delle casse trentine?
«Dobbiamo guardare il bicchiere mezzo pieno, perché l’economia trentina ha avuto numeri in crescita, più che in altri territori. Detto questo, in prospettiva c’è un problema, anche molto serio».
Quale?
«Siamo un’autonomia speciale. Al netto dei soldi che arrivano da Roma in emergenza, come per il Covid o per Vaia, e al netto dei finanziamenti europei per le grandi opere, il Trentino può contare solo su se stesso».
Chiuso il Patto di Milano, il Patto di Garanzia, e con il saldo dell’Accordo di San Michele sugli arretrati che lo Stato doveva alla Provincia, il Trentino è davvero autonomo finanziariamente. Dunque?
«Per pagarci le nostre competenze dobbiamo avere i soldi a bilancio. Non ora, ma tra quindici, tra vent’anni, se non si alimentano le casse con le tasse dei trentini, l’autonomia rischia di non sapersi più sostentare. Non c’è dunque solo un dovere istituzionale, ma c’è un dovere morale nel contribuire tutti a far diventare il nostro Trentino più attrattivo».
chiesa
di Alberto Folgheraiter
Si tratta di due giovani trentini e di un ragazzo originario dello stato del Minas Gerais, nel sud-est del Brasile. Domani saranno ordinati dal vescovo monsignor Lauro Tisi