L'esperto
venerdì 14 Giugno, 2024
di Simone Casciano
Le elezioni europee consegnano agli esperti milioni di dati da analizzare. Uno su tutti è apparso subito impressionante: quello dell’astensione. Ma «il partito dell’astensione» non esiste, è un fiume composito che secondo Lorenzo Pregliasco, analista e co-fondatore di YouTrend, «ha più a che fare con le condizioni socio-economiche che generazionali».
Pregliasco qual è stata la sua reazione a caldo ai risultati del voto?
«La cosa che mi ha colpito sono state le proporzioni della bipolarizzazione. Una concentrazione del voto sulle due forze principali, Fratelli d’Italia e Partito Democratico, che è andata oltre quello che ci si attendeva».
E quella a mente fredda?
«Sono state fatte tante valutazioni, credo che un elemento molto significativo lo abbia giocato, sul Partito Democratico, il voto di preferenza. La candidatura di esponenti forti e apprezzati sul territorio come Bonaccini e Decaro si è sicuramente rivelata vincente. Mentre su Fratelli d’Italia io credo che abbiamo avuto la conferma di una leadership, quella di Giorgia Meloni, molto solida nell’elettorato. Due elementi che emergono anche guardando ai dati locali».
Avete pubblicato un’analisi dei flussi di voto, chi ha pagato il tributo maggiore all’astensionismo e come si sono spostati gli altri voti tra i partiti?
«Sì ci sono stati alcuni scambi interessanti nell’area del cosiddetto «Campo Largo». In particolare 5 stelle, Pd e Avs hanno fatto registrare degli scambi che hanno premiato dem e Verdi e Sinistra mentre il partito di Conte ha pagato un conto salato all’astensione. Questo era atteso, ma non ce lo aspettavamo in queste proporzioni che portano il movimento ad un risultato estremamente negativo. Pesa anche l’effetto preferenze per i 5 stelle che non esprimendo leadership plurali pagano sui territori. Altro elemento interessante lo schiacciamento del Terzo polo liberale che ha subito l’effetto voto utile che ha premiato Pd, Fi e persino FdI.
A proposito di astensionismo, il dato a livello nazionale non è mai stato così alto, che ne pensa?
«Si mai così alta, prima volta che più del 50% degli elettori non ha votato. Non è una cosa omogenea, alcuni partito lo hanno pagato più di altri. Altro elemento da analizzare come l’astensionismo si è articolato nelle città. I primi dati ci parlano di aumento dell’astensione nelle periferie e il solco con i centri si acuisce con i sobborghi che pesano sempre meno».
Si prova spesso a identificare il partito dell’astensione con una fascia di popolazione precisa: i giovani disaffezionati alla politica, oppure gli adulti delusi, ma è davvero così?
«Sicuramente l’astensione è un fiume carsico, più che un discorso generazionale ne farei uno socio economico. A essere penalizzate e disilluse sono le fasce popolari, qui cresce maggiormente la disaffezione».
L’altro elemento sull’astensione è che mancano dati?
«Assolutamente vero, e con i sondaggi si fa fatica perché intercettano le opinioni di coloro i quali a votare ci vanno. Negli Stati Uniti si raccolgono meglio i dati su chi vota e chi non vota. Credo che sarebbe assolutamente interessante avere più dati, anche per poter agire su questa astensione».
Come si spiega l’exploit di Alleanza Verdi e Sinistra?
«Sono stati in grado di proporre una proposta politica riconoscibile. Con pochi temi chiari. Hanno beneficiato anche del classico meccanismo del voto di opinione che alle europee può premiare e poi di liste costruite bene. Un exploit che dai sondaggi avevamo notato».
Dei vari candidati che hanno fatto un boom di preferenze (Vannacci, Salis, Lucano, Decaro, Bonaccini ecc.) quale l’ha sorpresa di più?
«Decaro e Bonaccini non saranno state sorprese, ma conferme importanti. Salis e Vannacci erano attesi ma hanno fatto un grande risultato. Poi va segnalato Meloni ha raccolto veramente tante preferenze individuali».
A destra come leggere il risultato della Lega? Delusione o tutto sommato ha tenuto?
«Non è un risultato semplice da commentare. Da una parte c’è lo smacco del sorpasso di Forza Italia che ridimensiona Salvini, dall’altra rispetto alle politiche del ‘22 ha tenuto. E quindi sembra ancora a metà e quindi difficile da valutare».