politica
mercoledì 19 Giugno, 2024
di Redazione
Elezione diretta del presidente del Consiglio, premio di maggioranza alle liste collegate. E ancora, revoca dei ministri e possibilità della staffetta con un secondo premier. Infine, lo stop ai senatori a vita di nomina presidenziale. Ecco cosa prevede il disegno di legge costituzionale approvato dal Consiglio dei ministri a novembre, ritoccato in commissione al Senato, e che ha avuto il via libera in prima lettura a Palazzo Madama dopo oltre 7 mesi. Il testo passa ora a Montecitorio e per diventare legge servirà la staffetta con due letture per ciascun ramo del Parlamento, e con ogni probabilità un referendum confermativo.
PREMIER ELETTO E LIMITE DEI DUE MANDATI – “Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni, per non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora nelle precedenti abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi. Le elezioni delle Camere e del Presidente del Consiglio hanno luogo contestualmente”: è questo il cuore della riforma, che modifica l’articolo 92 della Costituzione prevedendo un nuovo assetto istituzionale. Attualmente la carta prevede che “il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri”. Oltre all’elezione diretta, la novità è il limite dei due mandati, accomunando quindi il premier alle altre cariche elettive, come il governatori. Nella costituzione viene introdotta anche la possibilità di revoca del singolo ministro, al momento non prevista: “Il presidente della Repubblica conferisce al presidente del Consiglio eletto l’incarico di formare il Governo; nomina e revoca, su proposta di questo, i ministri”.
PREMIO DI MAGGIORANZA – La riforma rinvia il sistema elettorale alla legge ordinaria, viene però inserito in Costituzione il principio del “premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio, nel rispetto del principio di rappresentatività”. Nel corso del dibattito in commissione, la ministra Elisabetta Casellati ha spiegato che presenterà la legge elettorale dopo una nuovo consultazione, probabilmente in autunno, quando anche la Camera avrà avviato l’esame della legge costituzionale, ed è stato anche affrontato il tema di un eventuale ballottaggio e della introduzione delle preferenze.
CRISI DI GOVERNO – Se il premier eletto non è più in condizioni di andare avanti, può chiedere lo scioglimento delle Camere o cedere la mano a un premier di riserva, che sia un parlamentare della sua maggioranza. La cosiddetta norma anti-ribaltone è stato il nodo più arduo da sciogliere durante il dibattito in commissione. Alla fine si è optato per una formulazione che facesse un passo avanti verso il principio del simul stabunt simul cadent, accomunando di fatto le sorti della legislatura a quelle del premier. La prima ipotesi di crisi prevede che se il governo, nel corso della legislatura, viene sfiduciato “mediante mozione motivata, il presidente della Repubblica scioglie le Camere”. Nella seconda ipotesi, “in caso di dimissioni del Presidente del Consiglio eletto, previa informativa parlamentare, questi può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica, che lo dispone”. Infine la terza ipotesi è quella che introduce la possibilità di un secondo premier: “Qualora non eserciti tale facoltà e nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il Presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il Presidente del Consiglio”.
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E SENATORI A VITA – La riforma cambia profondamente anche le prerogative del Capo dello Stato, che non avrà più l’ultima parola sull’incarico al presidente del Consiglio, non potrà intervenire come solutore di crisi nel caso in cui questi perda la maggioranza, facilitando la formazione di governi tecnici e del presidente. Il presidente della Repubblica perde anche la possibilità di nominare nuovi senatori a vita, ma quelli attuali non perderanno il loro incarico. Quando la riforma andrà a regime diventeranno senatori a vita solo i presidenti della Repubblica a fine mandato.