In cattedrale
sabato 22 Giugno, 2024
di Davide Orsato
Erano anni che non succedeva: oggi alle 15, in cattedrale a Trento, verrà ordinato un sacerdote che resterà inquadrato nel clero diocesano. In altre parole «lavorerà», benché il termine sia improprio, in Trentino. Alberto Bolognani, 28 anni, diventerà così ufficialmente «don» iniziando da dove presta già servizio come diacono, a Cavalese: la valle di Fiemme sarà la prima tappa per il nuovo sacerdote di Vigo Cavedine, nipote di un sacerdote ricordato con affetto in valle dei Laghi, don Silvio Benedetti, scomparso nel 2021.
Quasi «don», dunque. Manca davvero poco. Come si sta preparando?
«Con la preghiera, grazie al supporto di tante persone che mi sono vicine Quando il momento si avvicina viene sempre un po’ di agitazione».
Ci sono sempre meno preti… questo significa più lavoro e responsabilità…
«Sì, quella non manca. Il futuro è incerto ma non si è mai da soli. Possiamo contare su una comunità che ci appoggia… e su Dio, naturalmente».
Lei sarà prete in Trentino: non è scontato visto che tanti nuovi ordinati sono di ordini religiosi e si trovano a operare all’estero. Cosa significa per lei?
«È qualcosa di molto bello, un privilegio, per la bellezza dei luoghi e per la gente che lo abita».
Come mai le vocazioni sono in calo?
«I preti non nascono dal nulla, c’è una realtà dietro fatta di famiglie e di paesi. E se in queste realtà c’è un calo di affezione alla pratica religiosa è più difficile che i giovani facciano questa scelta».
Quanti «colleghi» ha lasciato in seminario?
«Otto, ma due sono della diocesi di Belluno – Feltre. Naturalmente contando tutti gli anni. Però anche se ci sono meno sacerdoti, sicuramente quelli che escono sono tutti ben formati, e sono stati seguiti personalmente. Saranno pochi, ma sono convintissimi».
Come si trova in val di Fiemme?
«Sono qui dall’anno scorso. Sono tredici paesi molto distanti tra di loro e tutti con le loro peculiarità. Bisogna ingegnarsi, perché è davvero difficile seguirli tutti, ma stiamo trovando nuove formule, a partire dai giovani».
Lei si confronta con loro anche come insegnante di religione cattolica. Che domande le fanno?
«Una delle più frequenti è “quanto guadagna un prete?”. In generale, i giovani vivono la liturgia come noiosa. Anche per me era così, occorre trovare un linguaggio per loro».
Come dev’essere un prete nel 2024?
«Una persona normale. Non un “elevato”, ma un essere umano che può sbagliare. Ma che, proprio per questo, è capace di confrontarsi, con tutti».
I dati
di Gabriele Stanga
A rivelarlo la Camera di Commercio. L’anno scorso a Trento e Rovereto aperte 41 liquidazioni, 10 in più del 2023. De Zordo: «Attenzione ma niente allarmi» Preoccupati, invece, Busato e Paissan: «Segnale da cogliere»