L'intervista

martedì 2 Luglio, 2024

Antonio Di Gennaro, ex scudetto col Verona e ora telecronista Rai, analizza il flop azzurro: «L’Italia si è arresa, inammissibile»

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«Un'ora con l'Albania, poi il nulla. Il problema è che alle società non importa dei giovani»

«L’Italia, senza spirito e disunita, è una squadra che si è arresa. È una sconfitta pesante, persino incommentabile perché in pratica non si è giocato». La voce roca per il raffreddore, ma ben più male fa la ferita per un’eliminazione dall’Europeo di un’Italia a dir poco sconcertante; ad Antonio Di Gennaro, uno scudetto col Verona, la maglia azzurra e un mondiale (andò male anche quello, nel 1986 in Messico), voce tecnica della Rai a fianco di Alberto Rimedio, lo strazio di sabato è toccato commentarlo in diretta, e la delusione è palpabile.
Di Gennaro, diciamo la verità: questa Nazionale non ha mai convinto.
«Un’ora con l’Albania e poi nulla. Con la Spagna, fortissima, ci poteva stare, con la Croazia abbiamo fatto dei cambi, ma con la Svizzera è emersa la mancanza di compattezza di squadra. Dopo un pessimo primo tempo, il gol subito in avvio del secondo è la sintesi di tutto questo. È inammissibile prendere un gol così. Una partita iniziata male e finita peggio».
Il gol allo scadere di Zaccagni contro la Croazia ha illuso un po’ tutti, non crede?
«Si pensava potesse dare una scossa d’orgoglio, e invece la prestazione con la Svizzera è stata disarmante. La squadra non c’è stata proprio».
Spalletti rimane al suo posto: giusto o sbagliato?
«Ha fatto cambi continui, forse il feeling con i giocatori non si è instaurato. Vero che il progetto era improntato sul mondiale del 2026, ma una riflessione più totale su quello che è successo va fatta. Ha annunciato di voler ringiovanire il gruppo, vedremo come. Agli Europei di tre anni fa, vedevo ragazzi sorridenti che si divertivano, qui ho visto musi lunghi e facce tese. Qualcosa di sicuro Spalletti dovrà rivedere, perché non qualificarsi per la terza volta di fila ai mondiali sarebbe un disastro assoluto».
Riemerge, puntualmente in questi momenti, il tema dei giovani.
«Sono trent’anni che ne sento parlare. Ma poi, tutti questi talenti ci sono davvero? Come ha sottolineato il residente Gravina, manca una condivisione sinergica tra Federazione, Lega e Coni. In politica, all’estero nei momenti di grande difficoltà fanno le grandi coalizioni; qui da noi è impossibile. C’è bisogno di riforme: Serie A ridotta da 20 a 18 squadre e tetto di tre stranieri nei settori giovanili. Ma il problema di fondo è un altro…».
Quale?
«Alle società, le grandi soprattutto, dei giovani non interessa nulla. E nei settori giovanili, agli allenatori interessa di più tirar fuori talenti o fare risultati subito per fare carriera? Alle società interessa coltivare talenti o vincere i trofei? A livello di nazionali giovanili siamo fortissimi, ma poi questi ragazzi dove vanno? In Serie A l’unico che gioca, e nemmeno sempre, è Fabbian al Bologna. A 16 anni Lamine Yamal è titolare nel Barcellona e in Nazionale; al Milan Francesco Camarda (sedicenne cannoniere dell’Italia Under 17 campione d’Europa, ndr) rimarrà in Primavera o passerà definitivamente in prima squadra?».
Lei da ragazzo, alla Fiorentina passò giovanissimo in prima squadra dove con maglia numero 10 giocava un certo Giancarlo Antognoni.
«Quelli erano i nostri esempi, i nostri riferimenti. Gli portavamo borse e gli formavamo anche le scarpe nuove; mi creda, non era nonnismo, ma solo senso di rispetto e voglia di crescere. Ma se oggi a un ragazzo che gioca in Primavera fai un contratto da 800mila euro, ed è successo, a quel ragazzo fai del male, capisce?».
Lei ha anche una scuola calcio, vero?
«Sì, e abbiamo istituito una borsa di studio per i ragazzi delle famiglie meno abbienti. Lavoriamo sull’aspetto fisico e motorio. A maggio siamo stati quattro giorni a Madrid alla Cantera dell’Atletico: il primo incontro che hanno fatto i ragazzi è stato con un preparatore fisico e un nutrizionista. Hanno potuto respirare partecipazione spirito di appartenenza».
Troppi stranieri nel nostro campionato: storia trita e ritrita, ma nulla cambia.
«Ai nostri tempi erano due, ed erano tra i più bravi al mondo. Contribuivano a fa crescere l’ambiente in cui giocavano e tutto movimento. Oggi su 100 stranieri che vengono in Italia, 90 non sono meglio dei nostri».
Torniamo al disastro azzurro: la squadra era proprio cotta.
«Queste competizioni vanno preparate gradatamente. Iniziano per davvero agli ottavi, e lì devi arrivare al massimo della condizione. Questi giocatori sono arrivati in Germania con 60 partite nelle gambe, è inevitabile che qualcuno ne risenta: il campionato è finito il 26 maggio, l’ultima partita, Atalanta-Fiorentina si è giocata il 2 giugno. Riduciamo il numero delle squadre da 20 a 18, e finiamo il campionato ai primi di maggio. Poi la Nazionale fa due settimane di preparazione e va agli Europei».
Chi vince questo Europeo?
«La Spagna. I quarti tra Spagna e Germania sono la vera finale».