cronaca
venerdì 5 Luglio, 2024
di Sara Alouani
Una stella di David, una scritta in ebraico e la firma «Jewish Brigade Group». È questo il design degli adesivi che Fares Vauall ha trovato sulla sua auto e su quelle della sua famiglia la sera del primo luglio.
Cittadino italiano, nato in Siria, dal 1993 è residente a Cles dove vive con la moglie e i suoi 4 figli, tra cui tre medici e uno studente delle superiori. Da mesi, ovvero, da quando il conflitto in Medioriente è balzato nuovamente agli onori della cronaca dopo il 7 ottobre, sul balcone della famiglia Vauall sventola una bandiera palestinese. Il loro supporto incondizionato alla causa, però, non è andato giù a qualche leone notturno che per ben due volte ha pensato di tappezzare le auto con adesivi pro-Israele.
«Lo scorso 28 giugno – racconta Fares – tornando da una passeggiata serale, mi sono accorto che sulla mia auto c’era un adesivo con scritto ‘we stand for Israel’». Fares ha semplicemente staccato lo sticker convinto fosse «un caso isolato, un episodio singolo e simbolico». Poi il secondo blitz, questa volta su tutte le auto, quindi anche su quelle dei figli, parcheggiate nel cortile privato della loro abitazione. «Attorno a mezzanotte – continua – mia moglie ha sentito dei movimenti in giardino, sotto casa, e si è affacciata alla finestra. Una persona stava attaccando degli adesivi sulle macchine e ha pensato bene di filmarla».
Mai si sarebbero aspettati di essere attaccati in questo modo, anche perché «abbiamo partecipato spesso a incontri pubblici per parlare del conflitto. Solo il mese scorso a Cles ne è stato organizzato uno con un giornalista per parlare a nome del popolo palestinese che non ha voce». Fares nega anche qualsiasi dissapore con il vicinato o con altri cittadini sull’argomento: «Anzi, agli incontri eravamo sempre tutti d’accordo sulla questione».
Nessuna idea, quindi, di chi possa aver compiuto questo gesto, ma solo il sospetto che si tratti dello zampino di qualche militante che, secondo le ricerche della figlia, potrebbe appartenere «alla Brigata Ebraica, una associazione senza scopo di lucro con sede a Milano» spiega Fares.
A infastidire la famiglia Vauall, però, non è tanto l’espressione di un’idea che può essere condivisibile o meno, quanto la violazione di domicilio avvenuta nella notte. «Mi chiedo – precisa – come sia possibile che, in un paese dove esistono delle regole, venga permesso a qualcuno di violare la privacy, a prescindere dal motivo per cui l’ha fatto». Fares spiega che è già stata sporta denuncia ai carabinieri di Cles e il video, registrato dalla moglie, è ora al vaglio degli inquirenti. «Questo blitz è stato messo in atto da codardi che non hanno il coraggio di affrontare un dibattito civile – continua Fares –. Mi è capitato spesso di confrontarmi con chi sosteneva il diritto a difendersi di Israele, perché ognuno deve essere libero di esprimere la propria opinione». Ma agire nella notte è stato un atto poco coraggioso di cui Fares, però, non si dice sorpreso: «D’altronde Israele ha ucciso con raid migliaia di persone prima dell’alba. Agiscono così, nell’ombra». E conclude: «Ad ogni modo, noi non ci faremo intimidire. E se questo era il loro obiettivo, alla bandiera della Palestina che già svolazza dal mio balcone ne aggiungerò altre cinque».
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