L'intervista

martedì 9 Luglio, 2024

Overdose a Trento, l’ultimo acquisto di Donia alla Portela: caccia al pusher

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Il sindaco interviene dopo la tragica vicenda: «Drammi che vanno intercettati»

Della morte di Donia, la ragazza ritrovata senza vita dopo una probabile overdose, il sindaco di Trento Franco Ianeselli lo ha saputo direttamente dalla Polizia locale: «Sono rimasto molto impressionato, anche per il fatto che sia stata trovata per caso, da un passante. Oltre al dramma della morte per droga, il dramma della solitudine, che si aggiunge a quello che mi confermano gli agenti, che non era un volto noto, che non era mai stata agganciata dai servizi sociali, mai presa in carico».
Cosa la colpisce di più?
«Che non abbiamo saputo intercettare il suo bisogno di aiuto. Come istituzioni, dico».
Domenica, su questo giornale, la direttrice del Serd (Servizio dipendenze) ha spiegato come in Trentino ci sia una grave carenza di personale dedicato alle persone con dipendenza da sostanza. E come manchi del tutto la bassa soglia, l’intervento cosiddetto di strada.
«La direttrice chiama le istituzioni a una maggiore responsabilità. E fa bene. Come Comune e come Provincia siamo chiamati a interrogarci e a fare passi avanti. Quella ragazza è morta, nessun intervento successivo la riporterà in vita. Si è consumata una tragedia, ma oltre alle frasi di circostanza ora le istituzioni devono rispondere ai solleciti della direttrice del Serd. Se mancano medici, infermieri, Oss, se il Trentino è indietro rispetto ai servizi di bassa soglia, è ora di darsi da fare».
Come?
«Guardandosi in giro, iniziamo da questo. Io non sono un esperto in materia, ma so che nella vicina Bolzano c’è un drop-in, un luogo dedicato alle persone con dipendenza da sostanze. Un punto di contatto che credo svolga anche una funzione per la presa in carico, per il monitoraggio dei bisogni di queste che sono persone».
Perché sottolinea questo?
«La morte di quella ragazza mi ha riportato ai decenni scorsi, quando si vedevano in città i “tossici”, chiamati così come se fossero un gruppo a parte, da stigmatizzare. E morivano da soli, di overdose».
«Divieto di accesso ai tossici», un cartello così è apparso nei giorni scorsi in via Roma.
«Appunto. Non deve succedere questo, non sono una categoria da criminalizzare, da stigmatizzare. Sono persone, che se sono arrivate a quel punto sono vittime. Come istituzioni dobbiamo fare il massimo affinché non arrivino a quel punto, ma dobbiamo farci carico anche di chi in quel baratro ci è caduto».
Si diceva appunto del drop-in, un servizio rivolto proprio a chi consuma sostanze. Viene fornito il kit di materiale sterile per l’iniezione, così da evitare trasmissione di virus e patogeni, viene fornito anche l’antagonista dell’eroina, il Naloxone, per poter intervenire subito in caso di overdose.
«So già la contestazione, che questo sia una sorta di incentivo al consumo di droga».
E cosa risponde? Perché qui il problema è forse culturale, considerato che Trento è forse l’unico capoluogo senza nemmeno uno scambiatore di siringhe per tirare quelle usate e restituire quelle pulite.
«Dico che va affrontato anche questo tema. Ma dico anche che a questa domanda ha già risposto su questo giornale la direttrice del Serd, dicendo che interventi come questi servono per salvare vite. Ma servono anche ad altro».
A cosa?
«Alla relazione. Che come con tutte le persone in difficoltà è fondamentale. Relazione che può intercettare nuovi bisogni, che può aiutare qualcuno al passaggio dal servizio di bassa soglia a quelli successivi, la comunità di recupero, la disintossicazione, il reinserimento nella società attraverso il lavoro. Serve in ogni caso un passo in più, questo come istituzioni dobbiamo ammetterlo. E dobbiamo farlo».
C’è chi dice che il tema è solo e soltanto quello repressivo. Si deve impedire lo spaccio.
«Certo, e io sono il sindaco che ha attivato l’unità cinofila. Sono un padre preoccupato che suo figlio di quattro anni possa imbattersi nel parchetto in una siringa. È necessario punire i reati, pulire i parchi ma anche farsi carico di chi consuma sostanze. Si deve lavorare su più piani».
Cosa può fare l’amministrazione da lei guidata?
«Possiamo porre il tema. Affrontarlo con la Provincia, in modo costruttivo. Collaborare per fare in modo che una ragazza come Donia possa trovare qualcuno che sappia ascoltare le sue fragilità, che sappia aiutarla, che non la lasci sola. Ci sono realtà stupende del volontariato che già fanno molto. Ma come istituzioni dobbiamo fare di più».