Dispensa in egual misura gelati e buon umore. L’uno e l’altro, nella canicola, destinati a essere consumati rapidamente. Ma l’uno e l’altro con un retrogusto piacevole e persistente. Dario Simonazzi (1960), soprannominato “Babas” perché, dice lui, è un gran chiacchierone, tutti i giovedì pomeriggio dalla primavera all’autunno li trascorre tra gli operai delle cave di porfido di Albiano e Lases a distribuire coppe e coni di gelato.
«Lo faccio da 32 anni – racconta – perché anch’io sono stato operaio nel mondo del porfido e so quanto mi sarebbe piaciuto, allora, un gelato fresco mentre il sole spaccava le pietre».
Anche se il comparto del porfido ha subito una drastica riduzione di manodopera, nel quadrilatero Albiano, Lona-Lases, Fornace e San Mauro di Pinè, ci sono pur sempre alcune centinaia di operai impegnati a trasformare la pietra in cubetti e piastrelle per l’edilizia. Passata la sbornia del “110” il comparto fatica a recuperare. La manodopera scarseggia, molti immigrati sono tornati a casa loro o hanno cambiato mestiere.
Il furgone rosa del “Babas” (a proposito: lo ha voluto così perché nel 2001 e nel 2003 Gilberto Simoni vinse il Giro d’Italia) che cosa c’entra con la crisi del porfido?
Più di quanto non appaia visto che quelle incursioni settimanali tra le cave tengono alto il morale dei lavoratori. Ma è il giovedì sera che il “Babas” dà il meglio di sé.
Sulla via di ritorno a casa, a Carbonare di Capriana, sull’altra sponda dell’Avisio, si ferma a Sover dove il suo arrivo è atteso come negli anni ’50 la Madonna pellegrina.
Non è un’esagerazione del cronista prestato alla periferia. Qui pare davvero che l’orologio della storia abbia interrotto la cadenza del tempo recuperando immagini e situazioni dell’altro secolo. Quando nei villaggi c’erano poche occasioni di svago e i punti di aggregazione erano costituiti dall’osteria, dal negozio, dalla scuola, dal calzolaio.
A Sover, nell’alta valle di Cembra, di tutto questo non è rimasto quasi più nulla. Racconta Marco Andreatta (1948) che ha gestito il negozio della Famiglia Cooperativa di Sover dal 1971 al 1985: «C’erano 450 persone, d’estate si arrivava a circa 700 poiché tornavano gli emigrati o coloro che si erano trasferiti in valle dell’Adige per lavoro o per consentire ai figli di proseguire oltre la media dell’obbligo. Altri erano emigrati in Piemonte o in Lombardia, altri all’estero».
Morti i genitori, rimasti legati alla terra d’origine, i figli nati e cresciuti altrove hanno disertato il paese anche nei mesi d’estate. Fino a tempi recenti, come spiega Franco Battisti “Sdravelòt”: «Adesso succede che coloro che hanno venduto casa a Sover per comprare a Trento o da altre parti, complici vari fattori non ultimo l’innalzamento della temperatura, hanno ristrutturato la vecchia casa di famiglia o hanno venduto in città per ricomprare qui».
Se ne parla mentre cala la notte sulla piazzetta accanto all’edificio dismesso della fu “Famiglia Cooperativa” dove il “Babas” continua a dispensare gelati e buonumore. Conosce tutti ed a ciascuno domanda notizie di casa o di comuni conoscenti. Si dice in giro che Dario Simonazzi conosca almeno 30 mila persone per nome e cognome. Lui non conferma ma di certo non è solo un collezionista di identità. È un appassionato di opere d’arte e pure di motociclette d’epoca, la sua scoppiettante passione. Ne possiede una ventina, tutte debitamente lucidate e spolverate con cura.
Il giovedì sera, all’arrivo del “Babas”, Sover si rianima. I bambini, che di solito restano a casa, affollano il parco giochi. La scuola elementare ne ha 23. L’asilo di Montesover ne accoglie 8. Giovani e anziani convergono sulla piazzetta: per un gelato, una battuta, un saluto. È una sagra paesana che si rinnova tutti i giovedì, dopo le 20.30 e sino a notte fonda. L’annuncio che la prossima settimana il “Babas” darà buca («devo andare alla festa di Anterivo») scatena quasi una protesta popolare tra gli oltre cento gaudenti. I più spigliati lo dicono a voce alta: «Questa è una grave mancanza. No es mai mancà ‘na volta da quattro anni in qua», da quando cioè è cominciata la sosta settimanale del furgoncino rosa. Un appuntamento irrinunciabile da maggio a settembre. «El ‘Babas day’ no se pól boicottarlo» gli dicono minacciando di trasferirsi in massa, il giovedì sera, agli Sveseri, sulla strada per Brusago, dove c’è l’unico locale pubblico del comune. Intanto gli avventori domandano con insistenza il “gusto Sover”. È un gelato di vaniglia, nocciola e amarena creato apposta, dice il “Babas”, per Sover. Forse è solo una “captatio benevolentiae” ma il tutto appare verosimile.
«Avevo un ristorante a Canazei. Quando mi sono sposato, e sono più di trent’anni fa, mi sono inventato questo lavoro». C’è dell’altro. Quando arriva novembre, il “Babas” scende a Trento per animare i mercatini di Natale con i “frati ‘mbriaghi” e il suo vin brulè (IlT del 26 novembre 2023).
Quanto a Sover: la Posta apre tre giorni la settimana, la banca due. Il medico arriva una sola volta la settimana. Non ci sono negozi, niente bar, un solo albergo a Montesover. Situazione identica nella frazione di Piscine.
Marco Andreatta ricorda: «A Sover, negli anni Settanta, avevamo quattro bar; due negozi di generi alimentari, quattro calzolai. Oggi non c’è più nulla». C’era il servizio distaccato della Croce Rossa. Chiuso per mancanza di volontari. Sopperisce Stella Bianca da Segonzano.
A rioccupare le vecchie abitazioni “in vendita” sono arrivate quattro famiglie di pakistani. Lavorano nella vicina val di Fiemme ma in quel comprensorio gli affitti e le spese sono proibitivi. La periferia torna appetibile.
«Forse i daverge qualcoss», rivela Fabrizio Battisti, 46 anni, da Montesover. In attesa di una riapertura “della bottega” resta un unico punto di coagulo per una comunità rimasta orfana di tutto ma con l’orgoglio e la voglia di ripartire. Sempre che il “Babas” continui a mantenere accesa la fiammella di un richiamo comunitario almeno il giovedì sera.