l'incontro
mercoledì 31 Luglio, 2024
di Elisa Salvi
È il racconto di un padre che non ha ceduto alla rabbia e alla disperazione quello che Gino Cecchettin ha proposto, la sera del 29 luglio in piazza a Pozza, al pubblico intervenuto all’incontro dal titolo “Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia”, come il libro da poco pubblicato.
Quel papà che abbiamo imparato a conoscere dopo la scomparsa di Giulia, l’11 novembre scorso, che con compostezza e razionalità ha affrontato il terribile femminicidio che ha sconvolto la sua famiglia – e l’Italia intera – non ha fatto alcun riferimento, nel corso della serata, alle intercettazioni (del 3 dicembre 2023, in carcere) del padre di Filippo Turetta, l’ex fidanzato accusato dell’omicidio. Su quelle parole, diffuse dai media che hanno riacceso il dibattito pubblico e politico, si è invece espressa sui social la figlia maggiore Elena Cecchettin invitando a non tacere difronte alla normalizzazione del femminicidio, per Giulia e per le altre “duecento” donne uccise nel 2023. Riguardo alle provocazioni mediatiche e alle critiche gratuite, che in questi mesi l’hanno più volte messo a dura prova, Cecchettin ha detto: «Giulia mi ha insegnato a lasciar andare, a perseguire i propri obiettivi senza preoccuparsi delle critiche, dedicando tempo ed energie alle persone che amiamo e a creare valore per la società. Giulia creava valore in ogni cosa che faceva ed è quello che intendiamo fare anche noi, senza alcuna rivalsa».
L’amore incondizionato di un padre per sua figlia è quello che esprime Cecchettin, nonostante il dolore per la perdita di Giulia e della moglie Monica Camerotto, scomparsa nel 2022 in seguito a una grave malattia, lo assalga nei momenti più disparati della quotidianità. «Quando manca una persona lo vedi anche dai particolari, mentre prepari la tavola per la colazione e le (cinque) tovagliette, da un giorno all’altro, diventano troppe, o quando fai la lavatrice, una volta al mese, con i capi “rossi”. Sono passati più di sei mesi e quella lavatrice del rosso è ancora lì con gli indumenti di mia figlia. Questa è la realtà di tutti i giorni che ti spezza il cuore». Quanto accaduto a Giulia è qualcosa che nessun genitore può nemmeno immaginare, per questo hanno sorpreso la fermezza e la misura con cui Gino Cecchettin ha reagito: «Quando ti trovi di fronte a una tragedia così devi avere una forza che probabilmente tutti abbiamo, ma non sappiamo come tirare fuori. Io ho fatto riferimento a tutta la mia razionalità, perché capivo che mi stava arrivando addosso un’ondata di dolore troppo intensa da affrontare, ma soprattutto avevo paura dei sentimenti negativi. In quei giorni di novembre, mi sono chiesto come gestire tanto dolore e, soprattutto, come essere forte per gli altri due ragazzi. Lì vicino avevo una foto di Giulia e mi sono concentrato su di lei perché, quando penso a lei, non provo mai sconforto. Così facendo ho ritrovato una forza aggiuntiva, come se lei mi desse la carica, mi suggerisse i passi da compiere. Credo che la risposta stia nel vero amore». Un amore nel nome del quale si è avviato un movimento trasversale alla società contro la violenza di genere e il patriarcato, una parola che specie le donne hanno cominciato a usare grazie a Giulia e a Elena Cecchettin. «Ho consigliato più volte a Giulia di troncare di netto anche l’amicizia. È difficile per le vittime capire la violenza di genere, chi la mette in atto, come dicono gli esperti, esegue sempre le stesse mosse facendo sentire in colpa per le azioni compiute da loro stessi. Purtroppo, non avevamo compreso i segnali. Giulia ha protetto la persona che le ha fatto del male, anche perché stava vivendo un lutto e forse non voleva pesare ulteriormente sulla famiglia. Si è fatta carico da sola del problema, non rendendosi conto della gravità».
Per aiutare chi si trova in situazioni di questo tipo, con la “Fondazione Giulia” e il libro, Cecchettin intende avviare corsi di formazione nelle scuole, con team di professionisti, per insegnare ai ragazzi a riconoscere i segnali di una relazione tossica e come venirne fuori. «Bisogna chiedere aiuto, rivolgersi ai centri antiviolenza. Con la fondazione vogliamo affrontare un problema serio, trasmettendo però anche bellezza e valore, attraverso il confronto, allontanando quei meccanismi di scontro di cui siamo intrisi». È questa la posizione di un uomo che si è messo molto in discussione, in questi mesi. «Il dolore c’è, è pervasivo e lo voglio attraversare. Non c’è giorno in cui non mi manchino mia moglie e mia figlia. Ma sentimenti di rabbia, ira o vendetta non mi appartengono. Sono cosciente, perché me lo ha insegnato Monica nei suoi ultimi giorni, che la vita è un dono breve, per questo dobbiamo viverla nel migliore dei modi. Invece che chiudermi nel dolore, preferisco prodigarmi nel lavoro e nel sociale, ma soprattutto tentare di essere felice. Lo devo a Davide ed Elena che devono guardare al futuro con speranza, perché la vita ci può riservare cose belle». Anche questo è uno dei tanti insegnamenti di Giulia, ragazza generosa e solare. «Forse la sua più grande eredità è l’invito a guardarsi dentro per inseguire i propri sogni: aveva studiato ingegneria ma aveva capito che voleva fare l’illustratrice ed era pronta a rivoluzionare la sua vita. Poi, ad avere il coraggio di dire quello che si pensa, per questo ha pagato con la vita».
In queste giornate di vacanza assieme a Davide in Val di Fassa, Gino Cecchettin sta recuperando tanti momenti felici vissuti assieme a tutta la famiglia. «Mi ha portato qui per la prima volta qui mia moglie, molti anni fa. Poi, siamo tornati spesso con Elena e Giulia bambine. Me le ricordo sui prati a raccogliere i fiori. Non è facile. Ma, in fondo, mi ritengo un uomo fortunato: ho condiviso 27 anni con una donna eccezionale come Monica e 22 con una figlia perfetta come Giulia, a cui ho dedicato un libro per cercare di stare con lei il più possibile, catturandone tutti i ricordi e facendola rivivere tutte le volte che ne parlo».