l'intervista

mercoledì 31 Luglio, 2024

Il violino da grande passione a mestiere, Vindimian: «La musica è la mia filosofia di vita»

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Il giovane lavisano ha iniziato a suonare lo strumento da bambino, grazie a un corso extrascolastico. Attualmente si esibisce in quartetto

Aldo Vindimian, lavisano classe 1997, è un personaggio molto noto nel panorama musicale trentino: giovane violinista e artista poliedrico, negli anni ha saputo affermarsi con la sua musica, vincendo il consenso del pubblico occasione dopo occasione.
Vindimian, quando è nata la sua passione per il violino?
«Tutto è iniziato nel 2006, quando, spinto dai miei genitori, ho frequentato un corso extrascolastico all’età di 9 anni, ero in terza elementare. Sotto la guida dei maestri Zoran Milenkovic e Maria Carla Mihelcic mi sono appassionato piano piano, imparando a conoscere lo strumento e divertendomi nel farlo».
La sua formazione dove l’ha portata?
«Elementari e medie le ho frequentate presso la scuola Rudolf Steiner di Trento, con un corso di pedagogia alternativa. Nel 2011, poi, è arrivata l’ammissione al conservatorio di Trento dove per cinque anni ho studiato con la professoressa Myriam Dal Don. Una volta terminati gli studi nel pre-accademico, sono passato al Conservatorio di Bolzano, dove, sotto la guida del professor Marco Bronzi, ho conseguito il diploma accademico di primo livello. Infine, lo scorso aprile ho conseguito il diploma accademico di secondo livello con il professor Marco Serino presso il Conservatorio di Trento. Nel corso di tutti questi anni, in contemporanea, sono stato seguito dalla professoressa Serena Canino».
Nel 2016 nasce Quartetto Alternativo: di cosa si tratta?
«Siamo un collettivo musicale, composto da oltre dieci persone che si alternano, in base alle loro disponibilità, partecipando a numerosi eventi pubblici e privati sul territorio, tra festival musicali, culinari e culturali. È partito tutto come un gioco: suonavamo come artisti di strada per le vie del centro storico di Trento, strutturandoci via via sempre di più. Ad oggi, con oltre 30 eventi all’anno, siamo in grado di unire più arti, coniugando le nostre capacità con le diverse tipologie di eventi ai quali prendiamo parte. Ogni tanto ci capita anche di tornare in strada: è importante ricordarsi da dove si è partiti. Abbiamo optato per il quartetto perché è il compromesso ideale tra il non essere in pochi e il non essere in troppi: si tratta di coesistere, non sempre uno strumento deve essere decisivo, in questo modo si generano armonie fantastiche».
Come si compone il vostro repertorio?
«Anche se la mia istruzione lo suggerirebbe, non suono solamente classico: con il quartetto spaziamo da Vivaldi a Mozart, dai Beatles agli AC/DC, dalla musica folkloristica russa e irlandese alle grosse influenze dei ritmi sudamericani e dei tanghi. E poi ci sono i valzer viennesi e le colonne sonore dei film. Sono tutti degli ottimi linguaggi e delle eredità importanti. Abbiamo capito che per avere successo bisogna trovare felicità nel far felici le altre persone: i primi tempi chiedevamo alle persone cosa avessero voglia di sentirci suonare, e così sono arrivate le prime richieste. La chiave è questa, rinnovarsi e lasciarsi stupire dalle novità, eseguendo brani magari anche semplici, orecchiabili, ma sempre con sorriso e competenza».
Ci sono stati dei momenti in cui ha pensato di mollare?
«I momenti di down ci sono ogni anno. Il segreto sta nel prendere tutto con il sorriso, imparando dalle giornate storte e in questo senso migliorandosi sempre. Ecco, da quando ho capito del sorriso, il mio modo di essere musicista è cambiato completamente».
Va riconosciuto che il violino non è certo il più semplice tra gli strumenti musicali.
«Il primo anno è stato difficile, in particolare per me che sono un soggetto con dsa: una volta capito il metodo di studio, ho imparato a volare. In musica, non si sa mai bene come trattare queste problematiche, ma ci tengo a dire che non costituiscono un limite alle possibilità: non si preclude la bravura, basti pensare a un artista come Mika, che della dislessia diceva “non è una disabilità, è solamente un altro modo di pensare”».
Come immagina il suo futuro artistico?
«Oggi non mi considero né un orchestrale né un solista: sono un musicista libero, di fare e di essere ciò che mi piace nel momento. In questa fase della mia vita ciò che amo di più è suonare con il Quartetto: oltre a questo, mi capita di fare l’aggiunto a chiamata in diverse orchestre con le quali collaboro, e di fare qualche supplenza nelle scuole musicali. Spesso poi, mi capita di lavorare in Alto Adige, dove devo riconoscere che la musica è molto più valorizzata rispetto al Trentino. In futuro mi piacerebbe insegnare a giovani aspiranti musicisti come me, classi di dieci studenti magari, non di più, per trasmettere la mia passione alle nuove generazioni».
Avrebbe mai pensato che di un corso extrascolastico ne avrebbe fatto la sua professione?
«No, assolutamente, pensavo che sarei finito in campagna con papà, a prendermi cura delle mie quattordici galline – scherza –, oggi posso dire con una buona dose di certezza che farò questo mestiere per tutta la vita. La musica è diventata la mia filosofia di vita».