La questione
giovedì 1 Agosto, 2024
di Simone Casciano
La sterilizzazione può essere una pratica sperimentale per modificare il comportamento di orse aggressive, ma non uno strumento per controllare i numeri della popolazione. Questa, in sintesi, la posizione del veterinario Luca Rossi sulla proposta avanzata dal ministro dell’ambiente Pichetto Fratin dopo l’abbattimento di Kj1. Per il docente della facoltà di veterinaria dell’Università di Torino ed esperto di fauna selvatica si tratta di una pratica interessante, ma che non va fraintesa come «panacea di tutti i mali».
Professor Rossi che ne pensa della proposta di sterilizzazione?
«Direi che ci sono due considerazioni da fare. La prima mi viene da dire è più di pancia, di sentimento. Ci sono poi delle valutazioni numeriche, quantitative e scientifiche da fare».
Cominciamo dalla pancia allora?
«Deve essere chiaro che non si tratta di una sciocchezza, non stiamo parlando di una caramella, ma di castrare animali selvatici. C’è un aspetto etico che non va tralasciato o affrontato a cuor leggero. Rimane un’azione estremamente invasiva».
Ma fattibile?
«Tecnicamente non ho dubbi che si possa fare, in situazione di zoo è già stata fatta e gli animali sopravvivono. Ma è una pratica che non ha corrispettivi in altre parti d’Europa e sarebbe in questo momento asimmetrica rispetto al Pacobace e quindi in deroga».
E sugli aspetti scientifici?
«Qui prima bisogna chiedersi: “Perché lo facciamo?”. Non è una domanda superficiale. Mi spiego: se si vuole provare la sterilizzazione per testare se una femmina aggressiva una volta castrata diventa più docile, allora la mia opinione è di farlo. Perché al momento non lo sappiamo. Si può fare per capire se questo ha un effetto sulla sua aggressività. Credo che se si decidesse di fare una sperimentazione su piccoli numeri nessuno sarebbe contrario, perché così facendo si acquisirebbero dati di grande valore per il ragionamento scientifico».
E cosa allora non si deve fare?
«Pensare di utilizzare la sterilizzazione come metodo per stabilizzare o diminuire la popolazione di orsi del Trentino è un’altra cosa e lo dico perché si è parlato anche di questo».
Perché lo dice?
«Con un collega abbiamo fatto delle simulazioni numeriche, immaginando di catturare e sterilizzare un dato numero di orse l’anno e simulando l’impatto che questo avrebbe sulla popolazione ursina. Il primo risultato è che, vista anche la longevità degli orsi, i risultati si vedono sul lungo periodo. Ma l’aspetto più importante è un altro: ai numeri attuali se si catturano 5 orse l’anno dopo 10 anni non si vede un impatto significativo. Abbiamo ipotizzato 5 sterilizzazioni l’anno perché si tratta di un obiettivo non impossibile, ma nemmeno banale e bisogna considerare i tempi di ricovero. Perché l’animale non può essere rilasciato immediatamente nell’ambiente dopo l’operazione, ma andrebbe portato al Casteller dove si dovrebbe gestire letteralmente l’ospedalizzazione delle orse. Abbiamo fatto quindi una seconda simulazione, alzando il numero delle sterilizzazioni all’anno e così abbiamo osservato che in una decina di anni si verifica un’inversione della curva demografica, si arriva poi a una stabilizzazione e infine decresce».
Tutto bene quindi?
«No, per tanti motivi. Innanzitutto, 8 orse l’anno significa uno sforzo di cattura davvero importante, considerando che più ne sterilizzi più crescerà il numero di catture inutili e sarebbe un processo estremamente laborioso. Giusto per capirci, il processo di una sterilizzazione dovrebbe prevedere la cattura dell’animale, il suo trasferimento al Casteller, l’operazione e poi una degenza post-operatoria di settimane almeno. Con tutti i rischi che contatti non voluti con l’uomo generino confidenza nell’animale. Ma la cosa che ritengo più significativa è che, per arrivare a questa inversione demografica, alla fine si avrebbero non più di 2 o 3 orse in grado di riprodursi, ma così si crea un collo di bottiglia genetico artificiale che non promette nulla di buono per il futuro della popolazione di orsi trentini».
Anche perché ci sono già preoccupazioni su questo aspetto?
«Assolutamente e operando così si aggraverebbe ulteriormente la situazione, bisogna chiedersi se vale la pena di fare una cosa costosa, con risultati a lungo termine e che crea un collo di bottiglia genetico. Io come cittadino la ritengo un po’ una follia».
Insomma, mi sembra di capire che la proposta non la entusiasma?
«Direi che, come approccio sperimentale per gli orsi aggressivi, potrebbe andare bene. Venderlo come la risposta perfetta per questi esemplari è falso e come soluzione perfetta al tema delle nascite e dei numeri è assolutamente sbagliato».
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di Redazione
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