l'omaggio

mercoledì 7 Agosto, 2024

Franco Rella, un viaggio tra ricordo e pensiero: pubblicato un libro dedicato al filosofo scomparso un anno fa

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Giovanni Marzari e Diego Leoni hanno curato un volume in 300 copie che si intitola «Maestro di lettura, Maestro di pensiero»

«La potenza delle sue lezioni. L’incanto dei suoi racconti, che avevano la capacità di creare un’atmosfera. Non so se avete presente la luce di Venezia nel tardo autunno o nelle serate invernali, in aula, quasi sempre, in quella stagione l’incanto era perfetto. Si creava una sorta di attrazione incredibile, perché era un insegnante che leggeva direttamente dai testi e questo gli studenti lo percepivano immediatamente. Non procedeva attraverso mediazioni o racconti indiretti, e ciò era fondamentale per dare supporto al tema che stava affrontando». Con quest’immagine di forte fascinazione l’architetto Giovanni Marzari ricorda le lezioni di Franco Rella allo Iuav di Venezia negli anni Settanta e Ottanta, sottolineando che quell’atmosfera era connotata da un aspetto molto particolare: «La voce di Rella quando leggeva. Una voce suadente, calda, ma allo stesso tempo molto convincente, ferma. A volte si era presi dall’entusiasmo di fronte a un insegnante così appassionato – osserva -. Trasmetteva non solo la forza del testo, ma anche la passione del testo, perché per lui il piacere di leggere era inscindibile dall’amore per la letteratura. Portava gli ascoltatori in quelli che Franco avrebbe chiamato gli “interstizi del testo”».
Per queste ragioni il «libretto» – così lo definisce lo stesso Marzari – dedicato a Franco Rella (Rovereto 1944-2023), pubblicato in occasione del primo anniversario della sua scomparsa (14 luglio), si intitola «Maestro di lettura, Maestro di pensiero» (Il giardino d’inchiostro, 2024). Un omaggio, meglio un ricordo – perché «è importantissimo riuscire a stabilire una cosa che si chiama ricordo» prosegue Marzari. Di recente presentato a Villa Lagarina a una ristretta cerchia di persone vicine a Rella, «con un grazie di cuore a Sandra Dorigotti Rella», il libro è stato stampato in trecento esemplari e curato dallo stesso Marzari insieme a Diego Leoni.
Un piccolo formato che ospita però due «grandi» testi, nello stile di Rella. Il primo, con al centro Kafka, si intitola «Il terzo viaggio del cacciatore Gracco», ed è stato ripreso da «Der Kurort. Il mito della città di cura», il catalogo dell’omonima mostra (1980). Come Rella testimonia Kafka «è presente in ogni mio saggio; ogni volta mi porta un poco più dentro nella mia opera». Al secondo contributo i curatori hanno dato il nome «Epilogo», riprendendolo da «La solitudine del Minotauro», l’ultimo libro di Rella, sintesi del suo viaggio del pensiero e nel pensiero durato più di cinquant’anni.
«Il suo approdo nella città lagunare avviene con un bagaglio particolare, dopo un frenetico impegno editoriale tra il ’71 e il ’77» spiega Marzari. Una serie di lavori che lo porteranno a «La critica freudiana» del 1977 e a un’apertura attorno a Benjamin e ad altri autori, saggi grazie ai quali sarà presto presente sul panorama nazionale.
Marzari passa quindi in rassegna i principali libri di Rella, a partire da «Il silenzio e le parole» del 1981, per proseguire con «Metamorfosi. Immagini del pensiero» del 1984, in cui l’autore passa da concetto di immagine a quello di figura.
Fondamentale momento creativo è quello degli anni Novanta, con il ciclo dedicato al tema della «bellezza», che torna a proporsi come esperienza conoscitiva fondamentale.
«”Soglie dell’ombra. Riflessioni sul mistero” per me rappresenta uno dei testi più intensi di Franco, con cui incomincia un discorso quasi introspettivo, che si coglie in trasparenza nei testi» prosegue il curatore. Con «Negli occhi di Vincent», indaga poi «attorno al tema dell’Io, “attraverso la trama di una ricerca, la trama di un’esistenza”, la chiamava. Da quel momento il confine tra ricerca pubblica e parlare di se stesso con grande verità diventa una delle connotazioni del pensiero di Rella, percorso anche attraverso i suoi romanzi».
Nel 2004 esce l’antologia di scritti «Pensare e cantare la morte». «Potrebbe quasi sembrare un libro secondario, ma per me è uno degli snodi fondamentali del pensiero di Rella – aggiunge Marzari – . Chiarisce cosa intende per bellezza, una parola diventata talmente grossa e invadente che tutti la utilizzavano in ogni occasione. Lo approfondisce quando racconta della morte di Virgilio e, attraverso Hermann Broch, dice che voleva bruciare l’“Eneide” non perché la ritenesse mancante di qualcosa, ma proprio perché era troppo perfetta».
Un’analisi intesa a costruire un genealogia della bellezza per approdare al ciclo finale degli ultimi anni, «dove il pensiero di Franco diventa pensiero critico anche delle proprie affermazioni, e non solo dal punto di vista concettuale. Sullo sfondo rimane una grossa domanda, che sottolinea in modo drammatico il compito del linguaggio: il problema dell’operatività, che lui chiama “realizzazione”».
«Penso sia questo il compito che lo accompagna, stabilire un ponte tra pensiero ed esistenza, tra pensiero ed esperienza. Le cose si complicano sempre più per indagare se la responsabilità del pensiero sia all’altezza delle laceranti contraddizioni della nostra epoca» sintetizza Marzari.
Da questo momento in poi assistiamo quasi a una presa di distanza dagli autori pre-Adorno, e a una vicinanza, quasi una contiguità con autori quali Foucault, Deleuze, Derrida, Cacciari, Agamben, con i quali Rella stabilisce un dialogo.
Si arriva quindi al 2017 con «Il Segreto di Manet», perché per Rella «è solo attraverso le parole dei grandi scrittori che riusciamo a cogliere appieno la forma dirompente degli artisti. L’arte è qualcosa che non si sottomette, che non si diluisce nel magma del pensiero contemporaneo».
Dal 2018 inizia a chiedersi con insistenza «quale sarebbe stata la mia vita senza Kafka, Proust, Adorno, Montale Benjamin e diversi altri». Nel 2022 renderà un estremo omaggio a Paul Valery, per chiudere con «La solitudine del Minotauro».
«Dentro ogni libro di Franco è presente una sorta di epilogo finale, anche se non si intitola così. Si tratta del riscontro della verifica del concetto di operatività di cui dicevamo prima. Legato sì al senso del lavoro che stava conducendo, ma anche al senso politico del suo operato» conclude Marzari.