il ricorso
venerdì 9 Agosto, 2024
di Benedetta Centin
Alla fine il sequestro delle aree ex Sloi ed ex Carbochimica, già confermato dal tribunale del Riesame di Trento, è stato nuovamente impugnato, per un altro ricorso, questa volta in Corte di Cassazione. A procedere sempre la Tim srl di Michele Albertini, una delle società proprietarie dell’area Sin, Sito di interesse nazionale di Trento nord. L’udienza davanti agli ermellini si terrà ad ottobre. E c’è attesa per la decisione, per capire se possa esserci margine di accoglimento. I difensori di Albertini, gli avvocati Giovanni Rambaldi, Giuliano Valer e il cassazionista Guido Camera, hanno presentato un articolato ricorso esponendo ragioni di tipo tecnico, evidenziando tra l’altro come a loro dire non vi fosse alcuna necessità, a novembre scorso, di un sequestro probatorio dell’area in quanto gli inquirenti avrebbero potuto comunque procedere con i loro accertamenti.
Il rigetto del Riesame
Era dicembre scorso quando il tribunale del Riesame di Trento rigettava l’istanza presentata da uno dei cinque proprietari dei terreni che risultano indagati per inquinamento ambientale, Michele Albertini appunto con la sua Tim srl, questa chiamata a rispondere con altre due aziende sul fronte della responsabilità amministrativa (nessun ricorso invece da parte di Stefano e Paolo Tosolini, e di Sergio e Adriano Dalle Nogare con le rispettive srl Mit e Imt).
«Luoghi da preservare»
I giudici, presidente Claudia Miori, allora avevano confermato il sequestro probatorio disposto dalla Procura nell’area Sin perché — era uno dei passaggi — «solo un provvedimento di sequestro può preservare lo stato dei luoghi (che può essere soggetto a modificazioni) a garanzia della loro conservazione, al fine di assicurare la genuinità della prova». Gli stessi giudici avevano evidenziato come «ogni accertamento inerente il reato implica necessariamente l’indagare, con opportuni mezzi di ricerca della prova, verifiche ed eventuali consulenze, i vari aspetti del fatto, compreso il rapporto eziologico tra la condotta dell’indagato e l’inquinamento..». E per questo — era il ragionamento del Riesame — «non sarebbe bastevole una semplice ispezione» come aveva invece sostenuto in aula la difesa. Quindi per i giudici «risulta legittimamente disposto il sequestro», e non c’è dubbio che sia stato rispettato il principio di proporzionalità dei sigilli e del nesso di pertinenza tra i terreni finiti sotto sigilli e le contestazioni.
La «necessità dei sigilli»
La Procura, di suo, aveva ribadito i motivi che l’avevano portata a far scattare il sequestro probatorio, il 30 novembre scorso, nell’ambito del filone di indagini sviluppato in seno alla più ampia inchiesta sul Bypass. Ricalcando come i sigilli — apposti dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico (Noe) di Trento, e dai tecnici di Appa, Agenzia provinciale per l’ambiente, in esecuzione del decreto firmato dal procuratore capo Sandro Raimondi e dai sostituiti Alessandro Clemente e Davide Ognibene — si erano resi necessari «ai fini probatori e per l’individuazione delle responsabilità penali», e «per far fronte all’inerzia delle società proprietarie delle aree ex Carbochimica ed ex Sloi — è la contestazione — che non hanno mai svolto gli accertamenti disposti dal Ministero dell’ambiente con ordinanza (del 2020 ndr) a firma dell’allora Ministro Sergio Costa». Accertamenti in merito alla situazione degli inquinanti nelle aree, nel frattempo estesi oltre. Per l’accusa, alla base del sequestro c’è proprio il fatto che i proprietari non abbiano ottemperato all’ordinanza ministeriale, che non abbiano svolto accertamenti che avrebbero agevolato il propagarsi dell’inquinamento. Così come riportato dal Riesame che aveva citato anche l’articolo 257 del Codice dell’ambiente, e cioè l’omessa bonifica di un sito inquinato.
Ora, per ottobre si annuncia battaglia in Cassazione che, non si può escludere, potrebbe anche decidere per il dissequestro. Intanto la stessa Tim sr ha presentato al Ministero dell’Ambiente l’Analisi di rischio su un’area di 7.000 metri quadri a sud della Sloi, svincolata dal resto delle aree inquinate di Trento nord nella variante 2019 al Piano regolatore generale del Comune di Trento.